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Prese un giocatolo dalla spazzatura per donarlo al figlio. Licenziata. Il giudice: “E’ ingiusto”

Elisabeth Aicha Ounnadi, la dipendente della Cidiu Servizi, l’azienda di raccolta rifiuti di Collegno, venne licenziata per aver preso un monopattino dalla spazzatura per donarlo al figlio.
A cura di Davide Falcioni
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E' ingiusto, ma resta comunque valido, il licenziamento di Elisabeth Aicha Ounnadi, la dipendente della Cidiu Servizi, l’azienda di raccolta rifiuti di Collegno, accusata di aver rubato un giocattolo dal  deposito di Savonera. Malgrado il provvedimento sia stato giudicato eccessivamente severo la donna non verrà reintegrata al lavoro. A deciderlo il giudice Marco Buzano del sezione lavoro del tribunale di Torino a cui la lavoratrice si era rivolta impugnando il licenziamento. Ounnadi era stata cacciata dall’azienda dopo che i suoi diretti superiori avevano trovato nella sua automobile un monopattino preso dai rifiuti e destinato al riciclaggio. Il giocattolo doveva essere un regalo per il figlio più piccolo di Elisabeth, di 8 anni. Dal canto suo la donna ha sempre affermato di non aver rubato nulla ma di avere soltanto preso quello che una collega le aveva consegnato dicendole di portarlo a suo figlio. Per questo Ounnadi da nove mesi è senza lavoro. "Non mi sono impossessata di nessun bene aziendale. Questa decisione è assurda sono senza parole e adesso sono rovinata".

Oggi pomeriggio è arrivata la sentenza. Gli avvocati della donna, Mara Artioli e Paola Bencich, avevano chiesto il reintegro sul posto di lavoro e, solo in subordine, un risarcimento per il danno subito dal licenziamento. Il giudice ha accolto solo quest'ultima ipotesi: la donna riceverà una cifra corrispondente a diciotto mensilità come risarcimento. "Il licenziamento –  spiega il giudice nel provvedimento – non è da considerarsi per giusta causa perché viene ritenuto dal tribunale un ‘provvedimento eccessivo', eppure la strada scelta dall’azienda resta valida perché, secondo il giudice, la condotta tenuta da Ounnadi rientra nelle ipotesi  che secondo il contratto nazionale di categoria definisce il furto".

"Noi avevamo sempre sostenuto che non si è trattato di un furto", hanno commentato Artioli e Bencich, che ora valuteranno insieme alla donna, madre di tre figli, se presentare ricorso. Il giudice ha comunque condannato la Cidiu a pagare una somma come risarcimento.

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