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Caso Paragon

Perché giornali e tv parlano pochissimo del caso Paragon

Nonostante il caso dello spionaggio dei giornalisti di Fanpage sia più aperto e grave che mai, lo spazio che trova sui mezzi d’informazione è sempre meno. Come mai accade tutto questo?
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Avete presente i canarini nelle miniere?

Allora: le prime miniere di carbone non avevano sistemi di ventilazione. Così, i minatori si portavano nei tunnel dei canarini in gabbia: un canarino che iniziava a soffocare era l'avvertimento di un ambiente tossico. Se accadeva, era il segnale che bisognava scappare in superficie.

Ecco: fate conto che i giornalisti siano come i canarini nella miniera. Se iniziano a soffocare, c’è qualcosa che non va.

Ne parliamo, rispondendo alla domanda di Valeria, nella puntata del podcast DIRECT – Il Direttore risponde, riservato agli abbonati di Fanpage (ci si abbona qua), ma oggi disponibile a tutti a qui e su tutte le principali piattaforme audio.

No, non serve che ci abbia fatti spiare il governo per avvertire un senso di pericolo: anche se il governo non si interessa dei giornalisti spiati, non li ascolta, li isola, li irride e si sente minacciato dall’idea che qualcuno possa accusare l'esecutivo di averi spiati, anziché mettersi a disposizione del bisogno di verità delle vittime, in qualche modo lo è. E due giornalisti spiati non si sa bene da chi con uno spyware mercenario israeliano, uno strumento militare in uso esclusivo ai servizi segreti, sono esattamente come un canarino che soffoca nella miniera della nostra democrazia.

Ed è, spiace constatarlo, esattamente quel che ha fatto il governo italiano in questi cinque mesi.

Però in questa storia non ci sono solo i canarini. Ci sono anche i minatori.

Che vedono il canarino soffocare e devono decidere se rimanere dentro la miniera a lavorare come se niente fosse. Oppure mollare il piccone e scapparsene a gambe levate verso l’uscita.

E nella miniera ci siamo tutti.

Ci sono i partiti di opposizione. Ci sono tutti gli altri giornalisti. E ci siamo tutti noi. Gli elettori. L’opinione pubblica.

E qui arrivano le note dolenti.

Partiamo dai partiti di opposizione. Che sì, sulla vicenda ci sono stati tanto. Hanno fatto interrogazioni, question time, sollevato domande importanti. Se proprio questa settimana il caso è arrivato nell’aula del Parlamento Europeo riunito in seduta plenaria per parlarne, il merito va soprattutto all’ostinazione di chi non ha mai smesso un secondo di chiedere conto di questa vicenda.

Tuttavia, sono gli stessi partiti d’opposizione che hanno firmato all’unanimità una relazione, quella del Copasir, che di fatto dice che no, i canarini non si sa se stanno soffocando. Che l’aria non è tossica. Che si può lavorare normalmente, e non c’è nulla da preoccuparsi.

Una relazione, questa, che è nata vecchia e superata. Figlia di un’attività di indagine che a giorni sarà riaperta proprio perché vecchia e superata.

Soprattutto perché non menziona il fatto che nel telefono di Ciro Pellegrino è stata trovata traccia dello spyware di Paragon. Cosa che lo rende ufficialmente uno spiato certificato, senza alcun ombra di dubbio e alcun margine di incertezza.

Una relazione, però, che ha permesso a esponenti del governo come il ministro dell’interno Matteo Piantedosi di dire impunemente che non ci sono giornalisti spiati in Italia.

O a Stefano Cavedagna di Fratelli d'Italia, portavoce di Gioventù Nazionale, di dire sempre al Parlamento Europeo che i giornalisti, con Paragon, ha iniziato a intercettarli il governo Conte, quindi Cinque Stelle e Partito Democratico.

Tutte cose false, ovviamente.

Ma che funzionano perché assomigliano a quel che c’è scritto nella relazione Copasir. Cioè, che il governo non ha autorizzato alcuna attività di intercettazione sui giornalisti, e ci mancherebbe altro. E che è stato il Governo Conte a iniziare a spiare  i leader di Mediterranea  – ma non con Paragon: quello ha iniziato a usarlo il governo Meloni.

Ecco: se i politici mentono, dovremmo poter contare su giornali e televisioni che sbugiardano queste falsità e che alzano l’attenzione sul caso.

Anche qui, purtroppo, i canarini nella miniera soffocano invano.

Un esempio?

Il giorno in cui è uscito il rapporto Copasir che metteva in dubbio fossi stato spiato l’hanno ripreso tutti i giornali. Il giorno in cui invece è uscito il secondo rapporto di Citizen Lab, con la prova forense che Ciro Pellegrino era stato spiato con lo spyware di Paragon, nessun giornale (tranne il Fatto Quotidiano) ha dedicato anche un angolo sul tema in prima pagina. Alcuni grandi giornali nemmeno ne hanno parlato. Zero o quasi i telegiornali. E al netto di poche eccezioni, anche nei programmi di approfondimento l’attenzione è stata minima.

Ed eccoci alla domanda: perché?

Me lo sono chiesto anche io.

La prima risposta è quella più ovvia: perché non si vuole disturbare il manovratore.
La seconda, un po’ più inquietante: perché non è buon costume mettersi a fare le pulci ai servizi segreti
C’è anche una terza risposta, però, ed è la meno rassicurante di tutte: perché alla gente non interessa.

Perché di software spia non ci capiamo nulla, è tutto troppo complicato.
Perché chissenefrega se dei giornalisti sono spiati.
Perché forse avranno qualcosa da nascondere.
Perché finché non tocca a me, non sono problemi miei.

Ecco: questo è il punto più preoccupante di tutti, e l’abbiamo già detto più volte.

La campana non suona solo per me e Ciro Pellegrino.

Oggi spiano dei giornalisti. Domani, con le tecnologie che costeranno sempre di me e progrediranno sempre di più, potranno spiare chiunque senza farsi scoprire da nessuno.

E spiando, chiunque al governo potrà intimidire chi dissente, manipolare l’informazione, governare l’opinione pubblica.

Se questo è il futuro a  cui non vogliamo andare incontro, dobbiamo guardarlo, quel canarino che soffoca. E fare qualcosa.

Rimanere inerti fino a che non soffochiamo pure noi, è la scelta peggiore.

E non dobbiamo rimanere inerti solo di fronte a chi spia, ma anche di fronte a chi ci dice che non sta succedendo niente.

C’è una frase stupenda, con cui vorrei chiudere. La dice un personaggio d’invenzione, la senatrice ribelle Mon Mothma nella seconda stagione della serie televisiva Andor, uno spin off di Guerre Stellari.

"Ci troviamo di fronte a una crisi. La distanza tra ciò che si dice e quello che sappiamo vero si è tramutata in un abisso. Di tutte le cose a rischio, la perdita di una realtà oggettiva forse è quella maggiormente pericolosa. La morte della verità è la vittoria definitiva del male"

E ancora:

“Quando la verità ci abbandona, quando la lasciamo scivolare via, quando ci viene strappata dalle mani, diventiamo vulnerabili all’appetito di qualsiasi mostro urli più forte”.

Parla di una galassia lontana lontana che nemmeno esiste, quella senatrice, certo.
Ma dovremmo ascoltarla comunque: perché parla anche di noi.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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