
Come vi stiamo raccontando su Fanpage, c’è una clamorosa novità nella vicenda Paragon. I ricercatori di Citizen Lab hanno diffuso un nuovo report che mostra in modo incontrovertibile la presenza dello spyware Graphite nel dispositivo del nostro giornalista Ciro Pellegrino. In altre parole, ci sono le prove forensi del fatto che un giornalista di Fanpage.it sia stato spiato con il software dell’azienda israeliana Paragon, in dotazione ai servizi di intelligence italiani fino ad aprile di quest’anno (quando è poi stato rescisso il contratto, non è chiarissimo se unilateralmente da parte degli israeliani o consensualmente con le autorità italiane). Peraltro, nel report, i ricercatori canadesi tornano ancora sulla posizione del nostro direttore Francesco Cancellato, confermando che sia stato un “target” di Paragon. L’ipotesi di lavoro è dunque quella che ci sia l’esistenza di un vero “cluster” Fanpage, in altre parole che il nostro giornale sia stato attenzionato in maniera specifica e con attività mirate da parte di qualcuno che avesse in dotazione lo spyware della Paragon Solutions.
È una svolta enorme, per una serie di ragioni di cui vi stiamo parlando sul nostro giornale. In questa sede, come sapete, ci concentriamo invece sul modo in cui si sta sviluppando il dibattito pubblico della notizia. E anche qui ci sono delle cose particolarmente interessanti da segnalare.
La conferma ufficiale dello spionaggio ai danni di un giornalista di Fanpage.it spazza via tutto il fango, le illazioni e le sciocchezze scritte in questi mesi sulla vicenda e sul nostro lavoro. Come vi ho raccontato in questa rubrica, ne abbiamo davvero lette di ogni: da chi parlava di messinscena a chi suggeriva potesse trattarsi di un “errore” di Meta o di Apple (su miliardi di combinazioni possibili, guarda caso due segnalazioni riguardanti due giornalisti dello stesso giornale che, pensa la casualità, era già nel mirino della destra al governo), fino ad arrivare alle più becere considerazioni che equiparavano le inchieste sotto copertura fatte dal nostro giornale allo spionaggio ai danni di giornalisti con un software di tipo militare, teoricamente in dotazione solo ad alcuni governi occidentali alleati degli Stati Uniti.
Dopo la relazione del Copasir, che assolveva i servizi di intelligence italiani, chiedeva a Meta di smetterla di avvisare le vittime (incredibile, ma vero!) e ribadiva che non ci fossero conferme di uno spionaggio ai danni del nostro direttore, i giornali della destra poi si erano letteralmente scatenati. Il Giornale, ad esempio, parlava di “Cancellato martire della sinistra, nuovo eroe di un'informazione a senso unico”, irridendo la nostra legittima richiesta di chiarimenti. Libero, addirittura, pretendeva “le scuse” in relazione a uno “spionaggio fantasma”, fino a spingersi a un passo dall’insulto (cito da un pezzo di Senaldi): “Comunque la vicenda dimostra forse l’inutilità di Paragon: perché indagare su quel che dicono in segreto politici, giornalisti, attivisti delle ong, quando ciò che affermano in chiaro è più che sufficiente per squalificarli totalmente?” Il Tempo, La Verità e, in parte, Il Foglio, semplicemente chiudevano la questione: nessuno spionaggio, nessuna responsabilità del governo, andiamo avanti.
È evidente che i membri del Copasir abbiano lavorato in buona fede e convinti davvero di poter far luce su una vicenda complessa e con ripercussioni potenziali molto grandi. Ma una certa fretta, alcuni errori evidenti (non aver audito le vittime) e la tendenza a non sottolineare le incongruenze evidenti di alcune ricostruzioni, hanno reso il Comitato lo strumento di chi aveva e ha tutto l'interesse ad abbassare l'attenzione sulla questione Paragon.
Il report di Citizen Lab rende la relazione del Copasir poco più che carta straccia. Del resto, già lo statement della Paragon Solutions aveva fortemente messo in discussione quello che i membri del Comitato avevano approvato all’unanimità. Gli israeliani avevano diffuso una nota per spiegare come avessero deciso di rompere il contratto con l’Italia in modo unilaterale perché governo e Parlamento si sarebbero rifiutati di scoprire chi avesse spiato il direttore di Fanpage.it, rigettando la loro proposta di “assistenza” nell’interrogazione dei database dei nostri servizi di intelligence. Un’accusa rigettata dal Copasir, con un durissimo comunicato in cui si spiegava di aver proceduto a verifiche accurate in una modalità la cui validità era stata garantita dalla stessa Paragon in audizione (certo, poi nella relazione finale i nostri parlamentari avevano “dimenticato” di menzionare la seconda opzione di verifica proposta dall’azienda israeliana). Peraltro, il Copasir (lo ricordiamo, guidato da un esponente del Partito democratico, l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini) aveva promesso di desecretare l’audizione di Paragon, ma per ora non se ne sa nulla: o meglio, “qualcuno” ne ha fatto “verificare” il contenuto a La Repubblica (incredibile, direte…), che ne ha dato conto qualche giorno fa.
Ma si erano incazzati anche i servizi, che avevano diffuso una nota in cui spiegavano di non aver potuto accogliere la proposta di Paragon (essenzialmente l’installazione di un software in grado di rintracciare chi avesse usato Graphite e contro chi) per non perdere la faccia con le altre agenzie di intelligence mondiali.
Il combinato disposto tra la relazione del Copasir e lo statement dei nostro servizi di intelligence avrebbe dovuto mettere la parola fine alla questione spionaggio. Tant’è che il ministro dell’Interno Piantedosi si era addirittura bollato in diretta su La7 rispondendo con un “non si parla di cose che non esistono” a una domanda sullo spionaggio ai danni di Cancellato. Una linea essenzialmente seguita da tutti i politici di maggioranza, con l'esclusione della sola Giorgia Meloni, che continua a non proferire parola su una vicenda teoricamente gravissima. A proposito, segnaliamo che anche questa volta, a precisa richiesta di una replica, da Chigi è arrivato solo silenzio. Dal Quirinale ancora nulla, ma in effetti sono passati solo cinque mesi. Contenti loro…
I nuovi elementi dovrebbero portare quantomeno a una riapertura della discussione. Perché, vedete, la questione è semplice: c'è qualcuno che ha spiato Fanpage.it con tecnologia militare che costa milioni di dollari e in dotazione solo ai servizi di intelligence, dopo quasi cinque mesi ancora non sappiamo chi è stato e perché. Noi non abbiamo al momento elementi tali da poter accusare il governo italiano o altri "agenti" in particolare, ma proprio per questo non possiamo accettare che la vicenda venga mistificata o insabbiata da una relazione lacunosa e illogica (sapete, ad esempio, che nessun giornalista di Fanpage.it è stato audito dal Copasir?).
Il governo italiano dice di non avere alcuna responsabilità, ma proprio per questo dovrebbe essere interessato a fare piena luce e a non omettere nulla. Se non sono stati AISE o AISI (e vogliamo proprio sperare che sia così), allora chi è stato? Uno Stato estero, si lascia intendere in alcuni pezzi di retroscena (oggi Il Domani parla di ambienti vicini all'ex presidente USA Biden, andiamo su…), ma che significa in concreto? Se davvero Mantovano e Meloni considerano questa una possibilità concreta, dovrebbero fare di tutto per capire quali soggetti stranieri stiano controllando un giornale indipendente che opera solo in Italia. A meno che non si tratti del più classico dei diversivi, una di quelle notizie non verificabili che servono solo a fare confusione.
Anche perché in Europa la vicenda sta facendo rumore, eccome. Oggi ne ha parlato la Commissione. Lunedì se ne discuterà in plenaria del Parlamento Europeo, grazie all'attività instancabile di parlamentari come Ruotolo, Zan, Pedullà e altri. La stampa internazionale, dal The Guardian a TechCrunch, passando per Reuters e altri, sta prendendo la questione molto sul serio (non tutti e non ovunque sono abituati a considerare normale un attacco del genere alla libera stampa).
Da noi, il Parlamento italiano può accettare che su questa vicenda cali lentamente il silenzio? Davvero non si ritiene problematico che "qualcuno" possa attaccare un giornale che, casualmente, ha realizzato inchieste su alcuni partiti della maggioranza che governa il Paese? I leader dell'opposizione, Conte, Renzi, Bonelli e Fratoianni, si sono già esposti e sembrano decisi ad andare fino in fondo e non far cadere nel dimenticatoio la vicenda. Noi, manco a dirlo, non abbiamo alcuna intenzione di fermarci.
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