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Il piano dell’Europa per fermare gli sbarchi dei migranti: “L’Italia non va lasciata sola”

L’Unione europea ha promesso che non lascerà l’Italia da sola nella gestione dei flussi migratori nei prossimi mesi. La commissaria Ue per gli Affari interni Ylva Johansson ha detto di essere “in contatto con i governi per organizzare una rete di aiuti volontari, di ridistribuzione volontaria che possa aiutare l’Italia nei mesi estivi fino a quando non approveremo la riforma Ue”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La commissaria Ue per gli Affari interni Ylva Johansson ha detto che l'Europa supporterà l'Italia nei mesi estivi, quando è atteso un incremento dei flussi migratori, aggiungendo inoltre che l'Ue valuta la possibilità di chiudere un nuovo accordo con la Libia, per il contenimento delle partenze, prima delle elezioni di dicembre. Il governo italiano ha chiesto inoltre di inserire la questione dei migranti tra i temi in discussione al prossimo Consiglio Ue a Bruxelles, lunedì e martedì prossimi.

 "Stiamo già parlando con le autorità libiche e con il governo ad interim di Abdel Hamid Dbeibah ci sono riscontri e opportunità positive, sono pronta a impegnarmi per esplorare la possibilità di chiudere un nuovo accordo con la Libia senza aspettare le elezioni di dicembre", ha detto in un'intervista a Repubblica.

"Sto contattando i governi dell'Unione per mettere i piedi un sistema di ridistribuzione volontario e provvisorio per aiutare l'Italia ad affrontare l'estate", ha aggiunto. Secondo la Commissaria, "è fondamentale che l'Italia riceva la solidarietà europea".

"Abbiamo imparato che la ridistribuzione volontaria non è abbastanza e dunque l'approvazione della riforma delle politiche migratorie con i ricollocamenti obbligatori è essenziale". Johansson ha detto di essere "in contatto con i governi per organizzare una rete di aiuti volontari, di ridistribuzione volontaria che possa aiutare l'Italia nei mesi estivi fino a quando non approveremo la riforma Ue". 

Oggi la commissaria Ue agli Affari Interni si recherà con la ministra Luciana Lamorgese in Tunisia, "per un accordo globale, che da un lato consenta al Paese di riprendersi dalla forte crisi economica causata dal Covid, dall'altro per fornirgli le risorse per contrastare i trafficanti di esseri umani".  Nel frattempo è necessario comunque, visto l'incremento di arrivi dei giorni scorsi, istituire un meccanismo provvisorio di redistribuzione, per evitare che gli arrivi pesino solo sull'Italia, fino a quando non verrà approvata la riforma Ue.

I negoziati procedono però con lentezza, ed è probabile che fino alle elezioni in Germania di ottobre non si arriverà a un accordo. "Negli ultimi mesi siamo andati avanti piano perché a causa del Covid abbiamo avuto pochi incontri fisici con i ministri mentre un tema così divisivo va affrontato guardandosi negli occhi. A breve potremo riprendere a vederci di persona e andare avanti".

Non sarà tuttavia possibile chiudere la riforma entro l'estate. "Ci vorrà più tempo", ha detto. Il governo Italiano ha chiesto di firmare un nuovo accordo come quello siglato a La Valletta nel 2019 per rendere più strutturato il meccanismo temporaneo di solidarietà: "Sto sondando quanta voglia ci sia tra i partner di impegnarsi. Penso che l'Italia riceverà un aiuto con la redistribuzione, ma al momento non posso dire di più. Non so ancora se procederemo con una seconda dichiarazione come quella di Malta o se useremo un meccanismo diverso. Intanto lavoriamo anche per bloccare le partenze", ha assicurato la commissaria. L'accordo di Malta introduceva una rotazione volontaria dei porti di sbarco: i migranti sarebbero sbarcati in altri Paesi non solo quando i porti di Italia e Malta sarebbero stati saturi. Prevedeva inoltre una redistribuzione "su base obbligatoria" con un sistema di quote, stabilito dai Paesi aderenti al patto. Gli accordi previsti riguardavano solo gli sbarchi con navi delle ong, navi della Marina o della Guardia costiera. Non potevano essere applicati per gli sbarchi fantasma.

Il nuovo patto con la Libia

L'idea di un nuovo patto con la Libia verte su tre punti: un partenariato, sul modello di quello siglato il 30 agosto 2008 con l'allora presidente libico Gheddafi. È stato lo stresso presidente del Consiglio Mario Draghi, durante la sua visita a Tripoli, a parlare di un possibile nuovo "partenariato". Un secondo punto riguarda il controllo della frontiera a Sud della Libia, da cui passa la principale rotta migratoria, con i profughi provenienti da Ciad e Nigeria. Il terzo punto riguarderebbe il rafforzamento della collaborazione con la cosiddetta Guardia costiera libica.

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