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“Con il Ponte sullo Stretto il porto di Gioia Tauro sarà abbandonato: perderà il 30% del traffico”

Con il Ponte sullo Stretto di Messina il porto di Gioia Tauro rischia di scomparire, creando un danno economico alla Calabria e all’Italia: “Già oggi si stima che tra il 20 e il 30% del traffico attuale non potrebbe più raggiungere Gioia Tauro. Il porto calabrese rischia di perdere almeno 30 miliardi di euro di traffico”, ha detto a Fanpage.it il professor Domenico Marino.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'elenco delle criticità sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina si allunga. Questa volta sotto la lente finisce la sopravvivenza del porto di Gioia Tauro, a rischio chiusura. La questione è legata alla navigazione delle grandi navi, e alla misura in altezza del franco navigabile, che secondo l'allarme lanciato nei giorni scorsi anche da Federlogistica, non sarebbe sufficiente a far passare le navi più grandi sotto l'infrastruttura. Un problema non da poco visto che ci sono ormai in circolazione molte navi con altezza superiore ai 65 metri.

Secondo il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, "Ci sono navi da crociera alte ormai più di 68 metri. Per come è progettato adesso, sotto il Ponte sullo Stretto non ci passano". Immediata la replica, imprecisa e debole, dell'ad della Società Stretto di Messina Pietro Ciucci: "Il franco navigabile è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario. Questi parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo (International Maritime Organization)".

Le cose però non stanno affatto così. Nel progetto definitivo del Ponte si legge infatti che "Il franco navigabile è di 65 m per una larghezza di 600 m, in presenza di gravose condizioni di traffico stradale e ferroviario, e di 70 m in assenza di treni e mezzi pesanti". Prima incongruenza: il franco navigabile è di 70 metri con il ponte senza mezzi, non 72 metri. E poi per quanto riguarda i 65 metri da considerare a pieno carico, bisogna tenere conto anche dell'alta marea e delle condizioni meteo, della presenza o meno di onde, visto che con il mare mosso il livello dell'acqua si può innalzare di 3 o 4 metri. Alcune portacontainer hanno la possibilità di abbassare i comignoli per passare, ma lo fanno in situazioni di mare calmo, quando basta magari un solo metro d'altezza in meno per passare in sicurezza. Ma questo è difficile che si verifichi sullo Stretto di Messina, per navi che devono passare sotto un ponte con sei corsie stradali.

Ricordiamo tra l'altro che in questo momento si può prendere per buono solo quanto è riportato nel progetto definitivo, ma il governo non ha ancora comunicato all'International Maritime Organization la misura ufficiale del franco navigabile del ponte, che dovrebbe essere riportata nelle carte nautiche. Questa è un'anomalia, perché le strategie delle compagnie di navigazione devono tenere conto di questo dato, visto che hanno l'obiettivo di ridurre i costi e ottimizzare i traffici. Soprattutto in un'area come quella, dove i traffici sono rilevanti.

Ma seguendo quanto è riportato nel progetto esistente, la differenza tra il ponte a pieno carico e il ponte vuoto è di soli 5 metri: è plausibile che il traffico ferroviario venga sospeso tutte le volte in cui passa una grande nave? E questo vale soltanto per il passaggio al centro del ponte, perché ai lati dell'infrastruttura naturalmente il franco navigabile si abbassa. Basterebbe insomma una manovra sbagliata e potrebbe verificarsi un incidente come quello accaduto recentemente al Francis Scott Key Bridge di Baltimora.

Bisogna ricordare che il progetto definitivo è stato realizzato tra il 2000 e il 2010, in uno scenario di trasporto navale molto diverso da quello che abbiamo oggi. Allora le navi più grosse erano di 13mila/14mila TEU (Twenty Equivalent Unit, unità di misura americana applicata ai container navali), oggi ci sono navi da 25mila TEU. Nei primi anni 2000 quindi progettare un ponte tenendo conto del passaggio di una nave di 65 metri di altezza poteva bastare. Oggi le cose sono cambiate, e la dimensione delle navi non è irrilevante, visto che molte di queste, come le super portacontainer e le grandi navi da crociera, superano ormai i 70 metri. Ma cosa c'entra in tutto questo il porto di Gioia Tauro?

Perché il porto di Gioia Tauro rischia di essere escluso dalle rotte marittime principali

Quello di Gioia Tauro è diventato un porto importante anche perché il traffico navale è diminuito nel Canale di Panama, e il numero di navi che utilizzano questa via navigabile si è ridotto anche a causa della siccità. Le navi più grandi sono state a un certo punto soprannominate Post-Panamax, nome che appunto sta a indicare quelle navi che per le loro dimensioni non possono transitare nel canale che collega l'oceano Atlantico al Pacifico, e che utilizzano la rotta che passa dall'oceano Indiano per arrivare nel Mediterraneo. In questo scenario, con il gigantismo navale che di fatto ha imposto una rimodulazione di tutte le rotte, il porto di Gioia Tauro è diventato sempre più strategico. Teniamo conto che negli Settanta e Ottanta il Mediterraneo aveva perso importanza, diventando un mare poco adatto per i commerci, soprattutto perché gran parte del traffico per arrivare in Europa passava tra il Pacifico e l'Atlantico. Creare adesso una barriera, anche piccola, come il Ponte sullo Stretto di Messina, comporterà comunque un rivoluzionamento di tutte le rotte marittime. Con un franco navigabile di 65 metri d'altezza l'infrastruttura di fatto esclude le navi che superano quell'altezza.

"Tra dieci anni la maggior parte delle portacontainer e delle navi da crociera supererà i 65 metri. Significa che gran parte del traffico marittimo non attraverserà più lo Stretto, dovrà circumnavigare la Sicilia, bypassando il porto calabrese di Gioia Tauro. Di conseguenza perderanno importanza anche altri porti italiani: a quel punto diventerà più conveniente andare a Algeciras o a Tangeri, mentre Reggio Calabria e Messina saranno tagliate fuori", ha spiegato il professor Domenico Marino, docente di Politica economica ed Economia dell'innovazione all'Università Mediterranea di Reggio Calabria, co-autore del dossier di Kyoto Club, Lipu e WWF ‘Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte'. "Ma non esiste una soluzione al problema, visto che si è scelto di far rivivere il progetto definitivo del 2010: per uscire da questo impasse si dovrebbe cambiare il progetto, il che significherebbe rimandare la costruzione di altri dieci anni".

"Se si circumnavigherà la Sicilia e il porto di Gioia Tauro verrà lentamente abbandonato, le vare compagnie di navigazione si riposizioneranno rispetto alla nuova configurazione. Già oggi si stima che tra il 20 e il 30% del traffico attuale non potrebbe più raggiungere Gioia Tauro. Domani la percentuale potrebbe salire al 50%", ha aggiunto Marino.

"Se consideriamo che dal 2000 al 2020 la dimensione delle navi è raddoppiata, non è da escludere che tra dieci o quindici anni le navi portacontainer possano essere da 40 o 50mila TEU. Dipenderà solo dalla presenza di porti in grado di accogliere navi così grandi. E a quel punto i 65 metri saranno del tutto fuori scala. Il rischio è quindi che in queste condizioni Gioia Tauro scompaia, creando un danno economico alla Calabria e all'Italia. Gioia Tauro ha circa 3 milioni di TEU l'anno. Con un 20% in meno si arriva a 600mila TEU. Considerando un valore di 5mila euro a TEU, già molto sottostimato, significa che Gioia Tauro perderà 30 miliardi di euro traffico".

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