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Perché siamo così indulgenti con Israele a Gaza? Il nuovo episodio di Direct, il podcast del direttore

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Partiamo come sempre dalle domande: oggi dalla domanda di Federico:

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“Perché i giornali italiani, ora che è sempre più ovvio che non si può più negare l’evidenza, continuano a fare di tutto per non accusare Israele di crimini senza precedenti?”

Caro Federico, risponderò prendendola un pochino più larga, sebbene – credo – affronterò comunque il nocciolo del problema che poni. Perché in Italia – o meglio, nell’establishment italiano e occidentale di cui i grandi giornali sono megafono – c’è tanta indulgenza nei confronti di Israele, nonostante il massacro di civili in atto a Gaza?

Partiamo dai dati di fatto. Da quella che tu chiami l’evidenza. A Gaza è in atto un massacro di civili che ha pochi uguali, negli ultimi decenni. E ogni occasione è buona per ribadirlo. A dirlo non è solo Hamas, peraltro. Un lavoro dei ricercatori indipendenti delle università di Londra, Princeton e Stanford, Oslo  e Louvain, in Belgio, ha infatti dimostrato che  fino al 5 gennaio 2025 le vittime dirette palestinesi delle operazioni militari siano state circa 75mila, cui si aggiungono 8mila morti per conseguenze dirette della guerra. Ad esempio, chi, soprattutto bambini, sta morendo letteralmente di fame, o a causa di epidemie. Parliamo di una cifra più di due volte superiore a quella denunciata dal ministero della salute palestinese, alla stessa data.  Peraltro, di questi circa 80mila morti, 23mila sarebbero bambini. E il 56%, più della metà, appartiene alla popolazione civile della striscia di Gaza. Proiettando questi calcoli a oggi, arriviamo a superare le 100mila vittime, su una popolazione complessiva di circa due milioni di persone, prima della scoppio della guerra: in nemmeno due anni, l’esercito israeliano ha ucciso il 5% della popolazione di Gaza. Ecco perché sempre più persone parlano di un genocidio in atto.

Di fronte a questi numeri, la tendenza di buona parte dei media e di buona parte della politica italiana è stata quella di minimizzare. O comunque di dare giustificazione ai massacri. Ad esempio, dicendo che i numeri delle vittime li forniva Hamas, e quindi non erano attendibili – cosa che poi, come abbiamo visto si è dimostrata falsa. O credendo alla versione dell’esercito israeliano, secondo cui ospedali, scuole, abitazioni civili erano in realtà strutture militari mascherata, e le vittime civili “scudi umani” a difesa degli stessi, le cui morti erano quindi di responsabilità di chi ce li aveva messi, cioè Hamas. O ancora, dando giustificazione morale a decine di migliaia di vittime civili, in quanto risposta alle 1200 persone uccise e alle 250 persone prese in ostaggio nell’attacco terroristico di Hamas in Israele del 7 ottobre del 2022. Come se fosse una sorta di lasciapassare per poter compiere qualunque nefandezza. O ancora, ripetendo a pappagallo quel che lo Stato di Israele afferma dall’inizio della guerra. Che tutti quei morti sono sulla coscienza di Hamas che non si arrende. E che la via per la salvezza del popolo palestinese sia quella di affidarsi ciecamente ai voleri di Benjamin Netanyahu e del suo governo. Lo stesso che sta spingendo i coloni a insediarsi in Cisgiordania per rubare terra ai palestinesi, giorno dopo giorno. Lo stesso che nemmeno nega più i suoi piani di deportazione totale dei palestinesi dalla Striscia.

A tutto questo, non bastasse, si sommano una serie di espedienti retorici volti a deformare la realtà o a renderla digeribile a un’opinione pubblica occidentale per cui è già complicato informarsi su Gaza, anche perché a Gaza di giornalisti non ce ne sono, perché dal 7 ottobre nessun giornalista occidentale può mettere piede nella Striscia se non scortato dall’esercito israeliano, e quei pochi che ci sono a Gaza vengono sistematicamente e chirurgicamente ammazzati.  Qualche esempio? Uno dei più grandi giornali italiani che, a proposito dell’annunciata invasione di terra della Striscia da parte dell’esercito israeliano, ne parlava come della “riconquista di Gaza”. Come se gli invasori da cacciare fossero i palestinesi, e non gli israeliani stessi.O ancora, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani che solo qualche giorno fa puntualizzava, bontà sua, che quella che sta avvenendo a Gaza è una “carneficina” e non invece un “genocidio”. Come se questo la rendesse più accettabile, ai nostri occhi.

Dove non arrivano le opinioni, poi, ci sono i fatti. E i fatti dicono che l’Italia, a differenza di quanto hanno recentemente fatto o annunciato Spagna, Regno Unito e Francia, non ci pensa nemmeno a riconoscere lo Stato di Palestina. E ancora, che continuiamo a esportare armi in Israele, al pari di Stati Uniti e Germania: droni, jet, munizioni e radar per un importo stimato di circa 40 milioni di euro. Armi, queste, che vengono usate per portare avanti il genocidio – pardon: la carneficina – a Gaza. E ancora, che non ci pensiamo nemmeno a porre in essere alcuna forma di pressione nei confronti di Israele, da sanzioni economiche come quelle comminate alla Russia dopo l’invasione totale dell’Ucraina ad atti più simbolici come quello di evitare di giocare partite di calcio” come quella per l’appunto che la nazionale italiana di calcio disputerà contro quella Israeliana il prossimo 14 ottobre. Addirittura la Lega di Matteo Salvini, in nome della lotta all’antisemitismo, ha presentato una proposta di legge che vorrebbe vietare tutte le manifestazioni in sostegno a Gaza.

La domanda che poni, Federico, è quella che si porrebbe un alieno atterrasse oggi a Roma: perché tanta indulgenza nei confronti di Israele? Perché permettiamo a Netanyahu di fare quel che vuole a Gaza?

La prima possibile risposta è che siamo vittime del nostro senso di colpa. In altre parole, che la responsabilità storica del regime fascista italiano nella Shoah ci rende incapaci di muovere qualunque critica al governo di Tel Aviv. Un discorso che vale per noi tanto quanto per la Germania, peraltro, che è l’altro Paese europeo che esporta armi a Tel Aviv e non ci pensa minimamente a riconoscere l’esistenza di uno stato Palestinese.

La seconda possibile risposta è che la nostra politica estera è quella degli Stati Uniti d’America. Se domani Donald Trump si svegliasse colto da un’improvvisa epifania e ci dicesse che a Gaza è in atto un genocidio, probabilmente cambierebbe anche tutta la narrazione della politica e dei media italiani.

La terza possibile risposta, a parziale corollario della seconda, è che soprattutto i media, possano temere le ritorsioni economiche di chi sta generosamente aiutando Israele a soggiogare Gaza. Ci riferiamo, in particolare, alle quarantotto aziende che la rappresentante Onu Francesca Albanese ha elencato nel suo ultimo rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”. Tra loro ci sono realtà italiane come Leonardo, ovviamente. Ma anche Ibm, Microsoft, Alphabet, cioè Google, Hundai, Volvo, persino Booking ed Airbnb. 

La quarta possibile risposta, forse la più brutta di tutte, è che in fondo non ci dispiace quel che sta accadendo. Che la distruzione di Hamas, la deportazione di tutti i palestinesi e la fine di un conflitto eterno con la definitiva vittoria di Israele siano obiettivi auspicabili per l’establishment italiano, europeo e Occidentale. Che, insomma, le vittime di Gaza siano un danno collaterale sopportabile per la costruzione di un ordine geopolitico mediorientale che chi ci governa ritiene in qualche modo auspicabile.

Del resto, da che mondo e mondo, la Storia – e pure la cronaca – la scrivono sempre i vincitori.

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DIRECT - Il Direttore risponde, è il Podcast in cui ogni venerdì Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.it, sceglierà una domanda tra tutte quelle che ci invierete. E in cinque minuti - o poco più - proverà a rispondere ai dubbi e alle questioni aperte. Con numeri e fatti. Senza urla, chiacchiere e narrazioni. Andando dritto al cuore della notizia.

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