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Perché non riusciamo a tassare i super ricchi?

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Partiamo come sempre dalle domande: oggi dalla domanda di Paola: “Perché è così difficile far pagare le tasse ai super ricchi?”

La questione è allo stesso tempo più semplice e più complicata di così, Paola. La prendo un po’ alla lontana: partiamo dall’ultima legge di bilancio del governo italiano. Semplifico un po’: ma funziona più o meno così. Quando si parla di una legge di bilancio da tot. miliardi vuol dire che il governo spenderà un po’ di più rispetto all’anno precedente. Nel caso di quest’ultima legge di bilancio, questa spesa aggiuntiva è pari a 18 miliardi. Che sembrano tanti, ma in realtà sono pochini.

Basti pensare che i costi totali dello Stato ogni anno sono pari a circa 915 miliardi. Se fosse un carrello della spesa da 100 euro, è come se avessimo aggiunto un pacchetto di gomme da masticare da meno di due euro mentre siamo in coda alla cassa.

Perché non possiamo spendere di più, allora? 

Perché i soldi allo Stato arrivano in due modi: riscuotendo le tasse e indebitandosi. Ecco: noi con le tasse arriviamo a circa 600 miliardi. Tutto il resto è debito pubblico aggiuntivo che lo Stato si carica sulle spalle emettendo titoli di Stato che prevedono il pagamento di un interesse a chi li compra.

Il problema è che gli interessi sul debito ci costano ogni anno 185 miliardi circa, pari più o meno a 10 volte a quella famosa spesa aggiuntiva che il governo ha previsto per il prossimo anno. L’ammontare complessivo del nostro debito è pari circa a 3000 miliardi. Più di 3 volte rispetto al costo di funzionamento del nostro Stato. E quasi una volta e mezzo la ricchezza complessiva di tutta Italia, il PIL.

Aumentare quei 18 miliardi facendo altro debito insomma è una follia. Anche perché i mercati ci chiedono di ridurlo quel debito, altrimenti per sottoscriverlo ci chiederebbero in cambio un interesse più alto.

Rimangono le tasse, quindi. E anche qui è un bel problema. Perché in Italia la pressione fiscale – ossia il rapporto tra quanto paghiamo di tasse e tutta la ricchezza del Paese – è molto alta, una delle più alte in Europa. Ed è in aumento, pari circa al 42,8%. In pratica, per ogni 100 euro che guadagniamo, in media, ne finiscono 43 in tasse.

E qui arriviamo al nocciolo della questione. Perché qualcuno ha individuato un problema, nel nostro sistema fiscale. Che è un sistema in cui viene tassato il reddito, ma non il patrimonio.

Giusto una piccola precisazione.

Il reddito è la ricchezza che guadagni in un determinato periodo di tempo,, come stipendi e affitti, mentre il patrimonio è il valore totale di tutto ciò che possiedi in un determinato momento come case, investimenti e risparmi.

Cosa cambia? Tutto. Prendiamo due persone a caso, Mario e Filippo, che fanno lo stesso lavoro e hanno lo stesso stipendio. Mario però vive in affitto, mentre Filippo ha tre case ricevute in eredità. Se tassi solo il loro reddito, Mario e Filippo pagheranno la stessa cifra in tasse. Se tassi solo il loro patrimonio, Filippo pagherà molto di più rispetto a quel che paga Mario.

Ecco: in Italia cosa tassiamo? Di fatto, in Italia si tassa quasi esclusivamente il reddito, ma non il patrimonio.

Fatte 100 le imposte italiane, la principale tassa che potrebbe essere assimilata a una tassa sul patrimonio è l’IMU, l’imposta sugli immobili, che è pari a circa il 3% del gettito complessivo. Poi c’è l’imposta di successione. E poi ci sono varie altre imposte, per arrivare a circa il 6% del gettito complessivo. Il resto sono imposte sul reddito.

Ricapitolando: in Italia il 94% di ciò che viene tassato è reddito. Il 6% di ciò che viene tassato è patrimonio.

E tra i redditi, a essere tassati sono prevalentemente i redditi da lavoro, soprattutto i redditi da lavoro dipendente, che rappresentano circa il 40% di tutte le entrate fiscali italiane. È un sistema che oltre a essere molto iniquo, come ci raccontavamo prima con l’esempio di Mario e Filippo, è anche molto inefficiente.

Perché se venisse tassato il patrimonio anziché il reddito, le imprese avrebbero meno costi, gli stipendi sarebbero più alti, la gente spenderebbe di più, aumenterebbe il gettito pure grazie alle imposte sui consumi e lo Stato potrebbe garantire servizi migliori indebitandosi di meno.

La proposta del neo sindaco di New York, Zohran Mamdani, prevede la tassazione del 2% a chiunque abbia un patrimonio superiore al milione di euro.

Un'altra proposta elaborata da Oxfam, dice che se tassassimo lo 0,1% dei patrimoni italiani, quei 50mila che superano i 5,4 milioni di euro, con un’aliquota molto bassa pari all’1% del loro patrimonio, potremmo raccogliere  ogni anno tra i 13 e i 16 miliardi. Praticamente, sarebbe quasi come raddoppiare, senza colpo ferire, la legge di bilancio del 2025.

Il segretario della CGIL Maurizio Landini fa una proposta un po’ più aggressiva, ma nemmeno troppo. Dice: chiediamo un contributo pari all’1,3% per tutti i patrimoni netti superiori a 2 milioni, detenuti in Italia e all’estero. A essere coinvolto sarebbe solo l’1% degli italiani, dice Landini, e recupereremmo ogni anno circa 26 miliardi.

Con questa tassa patrimoniale, quella di Landini in altre parole, la spesa aggiuntiva per l’anno prossimo sarebbe stata di 44 miliardi, anziché di 18. Sembra tutto perfetto: anche perché, ovviamente, buona parte degli italiani, stando ai sondaggi circa il 70%, è favorevole a proposte di questo tipo.

E qui arriva la cosa buffa. Perché nonostante siano tutti d’accordo o quasi, le imposte sul patrimonio – che fino a qualche anno fa c’erano eccome in Italia – sono progressivamente diminuite fino ad azzerarsi. E oggi, a quanto pare, sembra impossibile anche fare proposte del genere.

Perché? Un motivo su tutti: perché, si dice, è difficilissimo tassare i patrimoni. Con la libera circolazione del capitale in giro per il mondo, infatti, i super ricchi tendono a spostare i loro capitali dove non ci sono tasse sui patrimoni e dove le tasse sui redditi da capitale sono più basse. Così, gli Stati fanno a gara a chi abbassa le tasse sui patrimoni e sui redditi da capitale, nella speranza che tutto quel patrimonio gli arrivi in casa e venga investito sul loro territorio.

E infatti anche in Italia abbiamo la cosiddetta tassa Cristiano Ronaldo, istituita dal governo Renzi per attrarre capitali: 200mila euro all’anno per qualunque capitale che entra in Italia, per 15 anni.  Il risultato di questo processo è che chi prova a mettere tasse patrimoniali e ad alzare quelle sul reddito da capitale, si dice, sperimenta nel medio periodo quella che viene definita una “fuga di capitali”. E questa è l’argomentazione principe di chi si oppone a una tassa patrimoniale per i super ricchi, quella che giornalisticamente è stata battezzata come la super-patrimoniale. 

E in effetti, in Europa, ci sono solo tre Paesi che hanno il coraggio di tassare i grandi patrimoni: la Spagna, la Norvegia e la Svizzera. In Svizzera, per quello che è il caso di maggior successo, il gettito di questa tassa arriva a raggiungere circa l’1,1% del PIL. Volessimo applicare questa somma all’economia italiana arriveremmo a circa 20 miliardi di euro. In altre parole finiremmo per raddoppiare il saldo dell’attuale legge di bilancio. La Spagna, il Paese più simile a noi, invece raccoglie solo 3 miliardi di euro di quella patrimoniale , pari allo 0,57% del PIL. In Italia, con questa percentuale, parleremmo di circa 5 miliardi di euro.

Tanti? Pochi? Di sicuro, se ci fosse un coordinamento a livello europeo, se non addirittura a livello mondiale, per evitare che i Paesi si combattano tra loro per inseguire i grandi capitali, ma invece provassero tutti assieme a tassarli sarebbe molto più semplice applicare questo tipo di imposte.

È quel che sostengono importanti economisti come i francesi Thomas Piketty e Gabriel Zucman. Che la chiave sia un coordinamento internazionale per evitare che si inneschi un meccanismo che loro chiamano “arbitraggio fiscale”. Per farla facile: per un Paese che tassa i capitali ce n’è un altro che prova ad approfittarne. La strada è ancora lunga, insomma, e non semplice da percorrere. Ma perlomeno, forse, ora sapete che quando vi sentite poveri, o impoveriti, forse la colpa non è dei migranti che arrivano coi barconi. E non è un caso che chi ve lo dice, sia anche chi difende i patrimoni da chi li vorrebbe tassare.

Anche per oggi è tutto. Ci risentiamo il prossimo venerdì. Qui, sempre su Direct.

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