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Ora Renzi vuole cancellare il fiscal compact: “Torniamo a fare deficit per abbassare le tasse”

Nel suo ultimo libro il segretario del Pd sostiene che il Fiscal Compact siglato nel 2012 sia un accordo scriteriato e che l’Italia per crescere ha bisogno di tornare “per almeno cinque anni ai criteri di Maastricht con il deficit al 2,9%. Ciò permetterà al nostro paese di avere a disposizione una cifra di almeno 30 miliardi di euro per i prossimi cinque anni per ridurre la pressione fiscale e rimodellare le strategie di crescita”. L’idea è sostenuta dal ministro Delrio, mentre ha provocato le proteste di Mdp e di Bruxelles.
A cura di Charlotte Matteini
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Tra le varie anticipazioni del nuovo libro di Matteo Renzi, in uscita il prossimo 12 luglio, una in particolare ha provocato la dura reazione di Bruxelles. In un passaggio di "Avanti", il segretario del Partito Democratico sostiene di essere non solo favorevole al ritorno ai vecchi parametri del Trattato di Maastricht, ma soprattutto contrario al Fiscal Compact, varato nel 2012, considerato un inutile freno alla crescita economica del Belpaese:

Tornare a Maastricht. Per la mia generazione questa cittadina olandese dal nome difficilmente pronunciabile era sinonimo di austerità. Stare dentro i parametri di Maastricht sembrava un’impresa quasi impossibile, al punto che quando l’Italia raggiunse quel traguardo per molti fu festa grande. Oggi Maastricht – paradossalmente – ha cambiato significato. L’avvento scriteriato del Fiscal compact nel 2012 fa del ritorno agli obiettivi di Maastricht (deficit al 3% per avere una crescita intorno al 2%) una sorta di manifesto progressista.

Noi pensiamo che l’Italia debba porre il veto all’introduzione del Fiscal compact nei trattati e stabilire un percorso a lungo termine. Un accordo forte con le istituzioni europee, rinegoziato ogni cinque anni e non ogni cinque mesi. Un accordo in cui l’Italia si impegna a ridurre il rapporto debito/Pil tramite sia una crescita più forte, sia un’operazione sul patrimonio che la Cassa depositi e prestiti e il ministero dell’Economia e delle Finanze hanno già studiato, sebbene debba essere perfezionata; essa potrà essere proposta all’Unione europea solo con un accordo di legislatura e in cambio del via libera al ritorno per almeno cinque anni ai criteri di Maastricht con il deficit al 2,9%. Ciò permetterà al nostro paese di avere a disposizione una cifra di almeno 30 miliardi di euro per i prossimi cinque anni per ridurre la pressione fiscale e rimodellare le strategie di crescita. La mia proposta è semplice: questo spazio fiscale va utilizzato tutto, e soltanto per la riduzione delle tasse, per continuare l’operazione strutturale iniziata nei mille giorni. A chi legittimamente domanda: “E perché, se ne sei così convinto, non lo hai fatto prima?” rispondo semplicemente: “Perché non ce lo potevamo permettere”. Quando siamo arrivati, la parola d’ordine per l’Italia era reputazione.

La presa di posizione di Matteo Renzi sembra non essere affatto piaciuta a Bruxelles, che a stretto giro ha ufficiosamente contestato le richieste di Renzi, bollandole come irricevibili. Scrive Bresolin de La Stampa:

"Chi si occupa di questi temi nei palazzi Ue giudica il piano di Renzi come «fumo negli occhi». L’accusa: c’è troppa superficialità nel suo ragionamento. La materia delle regole di bilancio europeo è talmente complicata da non poter essere sintetizzata in due numeri. Il tetto del 3% al deficit è una regola che accomuna Maastricht, il Fiscal Compact e il Patto di Stabilità. E non è quello che nei mesi scorsi è stato costantemente sotto la lente europea. Il valore che Bruxelles ci chiede di ridurre è quello del deficit strutturale, calcolato al netto della congiuntura economica. Tant’è che le misure richieste per la correzione dei conti devono avere «carattere strutturale». Il deficit nominale potrebbe stare al 2,9% del Pil, basta che la parte strutturale segua il percorso di aggiustamento e di riduzione. È un discorso teorico, ma questo è ciò che dicono le regole europee.

Starebbe proprio qui il grande equivoco, o comunque l’eccessiva superficialità, della proposta di Renzi. «Perché il vero problema dell’Italia è il debito pubblico eccessivo». Nel suo libro “Avanti”, il segretario del Pd effettivamente dice che il suo piano prevede un “accordo forte con le istituzioni europee, rinegoziato ogni cinque anni […]

Renzi dice poi che l’Italia metterà il veto sull’inserimento del Fiscal Compact nei Trattati. Questa è ovviamente una decisione che spetta all’attuale governo e a Bruxelles dicono che li stupirebbe molto un simile atteggiamento da parte di Gentiloni, per una «battaglia più simbolica che concreta». Dice una fonte: «Questo governo ha ottenuto molto dalla Ue sul fronte dei conti pubblici grazie a un atteggiamento costruttivo e pacato. Se iniziasse a sbattere i pugni sul tavolo gli effetti potrebbero essere diversi…».

Delrio: "Renzi ha ragione, il Fiscal Compact frena la crescita"

A sostenere il piano di Renzi è sceso in campo il ministro dei trasporti Graziano Delrio, che in un'intervista a La Stampa ha confermato di essere della stessa idea del segretario del Pd: il Fiscal Compact frena la crescita ed è deleterio per l'economia italiana.

"Mettiamo le cose in chiaro: in questi anni abbiamo ricevuto molto ma abbiamo anche dato molto", spiega Delrio. "Mentre Francia e Spagna superavano il 3 per cento nel rapporto deficit-Pil, noi abbiamo chiesto flessibilità dentro le regole. Piacciano o meno, abbiamo fatto le riforme, investito sulla scuola, nella ricerca, introdotto incentivi per le imprese che investono, sostenuto il potere d’acquisto delle famiglie e contribuito a ridurre le diseguaglianze con la legge sulla povertà e la quattordicesima ai pensionati. Quel che si può fare bene si può fare sempre meglio. Ma abbiamo garantito tre anni di crescita. È venuto il momento di dirlo: firmare il Fiscal compact e il pareggio di bilancio in Costituzione è stato un grave errore. Probabilmente in quel momento non si poteva fare altrimenti, ma ciò non toglie che le cose vanno cambiate. Il Fiscal compact non è il Vangelo. È servito alla crescita dell’Italia o della Grecia? La risposta è no. Oggi c’è bisogno di stimolare la crescita aumentando gli investimenti e abbassando la pressione fiscale", sostiene il ministro Delrio, evidenziando che il Pd è intenzionato ad abbassare il debito pubblico italiano puntando su politiche espansive che favoriscano la crescita economica.

Mdp: "Renzi propone una ricetta di destra"

A contestare la proposta politica di Renzi è l'ex dem Pier Luigi Bersani, attuale fondatore di Mdp, il partito nato in seguito alla scissione del Pd formalizzatasi lo scorso febbraio. "Vedo sul Sole 24 Ore la proposta economica di Renzi. Cinque anni di riduzione delle tasse in deficit. Se è così, si tratta dell'eterna e fallimentare ricetta di tutte le destre del mondo. Aggiungo che i partner europei si possono contestare e contrastare, ma è pericoloso pensare di poterli prendere in giro. "Da scrittore di libri ora Renzi propone di superare quel Fiscal Compact che da Presidente del Consiglio non ha voluto togliere dalla Costituzione. È agli atti parlamentari che durante l'iter della riforma costituzionale il governo ha espresso parere negativo sulla proposta, presentata da me e altri parlamentari, con la quale si voleva modificare il pareggio di bilancio, introdotto nell'articolo 81 proprio in conseguenza del Fiscal Compact, con la cosiddetta golden rule, che consente di scomputare le spese per investimenti dal calcolo del deficit", ha rincarato la dose l'esponente di Mpd Alfredo D'Attorre.

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