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Ciao,
sabato abbiamo pubblicato una nuova inchiesta su come Fratelli d’Italia stia usando le istituzioni per far guadagnare – attraverso commesse e appalti – gente vicina al partito o alla sua area politica.
Te la lascio qua da vedere, se te la fossi persa.
In questo caso, la questione è molto seria, perché parliamo di un estremista di destra che faceva parte dei vertici di Forza Nuova, la cui azienda si occupa degli allestimenti di Atreju. Ecco, quel che abbiamo scoperto è che questa persona e questa azienda hanno avuto ben quattro commesse da Palazzo Chigi per organizzare importanti eventi istituzionali.
La domanda la faccio io a te, ora: è perché sono bravissimi, come afferma Donzelli? O perché sono dei loro? E se questo è l’esempio che dà la premier – quella che parlava di rivoluzione del merito – cosa sta succedendo in tutte le istituzioni in cui Fratelli d’Italia è al potere?
Fammi sapere che ne pensi.
Ci sono novità sull'attacco alla Stampa, rispetto alle indagini, e se si è capita la matrice dell'attacco?
Grazie
Anna
Cara Anna,
Le indagini sull’assalto alla Stampa avvenuto il 28 novembre sono in corso, la Procura torinese sta analizzando i video di quel giorno e bisognerà aspettare perché gli inquirenti arrivino a delle conclusioni precise. Per il momento sappiamo che c’erano circa 80 persone ad attaccare la redazione del giornale, e che 36 giovani sono stati denunciati dalla Digos. Le accuse sarebbero di invasione di edificio privato, danneggiamento, imbrattamento e violenza privata. Nell’elenco sarebbero diversi esponenti del centro sociale Askatasuna, molto attivo nel capoluogo piemontese, e alcuni aderenti al Kollettivo studentesco autonomo (Ksa) e al Collettivo universitario autonomo (Cua). Ventotto di loro sarebbero già stati noti alle forze di polizia per denunce precedenti o per la partecipazione a manifestazioni antagoniste nelle ultime settimane. A inizio dicembre, un 20enne che è considerato tra le figure più importanti del Ksa ha subito una stretta della misura cautelare di cui era già destinatario (l’obbligo di dimora a Torino): era presente anche il 28 novembre, ma non è chiaro se sia entrato nella redazione. Il posizionamento politico di chi ha preso parte all’assalto, insomma, non sembrerebbe essere in dubbio. Ciò che non è chiaro è se siano in corso delle verifiche interne alla Digos per capire perché – come lamentato anche dai giornalisti della Stampa – quel giorno non ci fossero degli agenti a presidiare l’ingresso del giornale.
Luca Pons, redattore area Politica Fanpage.it
Ma perché l'Europa non risponde alle provocazioni di Trump? Come è possibile fare un accordo di pace in questo contesto?
Paola
Cara Paola,
rispondiamo alle tue domande con il titolo di un libro che molti farebbero bene a leggere, soprattutto di questi tempi: "Niente di nuovo sul fronte occidentale". Mi spiego: come avviene ormai da anni l’Europa stenta a trovare una strategia comune sull’Ucraina ed è emblematica in tal senso la vicenda dei beni russi congelati. Prendiamo questo tema, emerso negli ultimi giorni, solo a titolo esemplificativo, per dimostrare come l'UE non abbia affatto una visione univoca ma sia spaccata come non mai al suo interno. Da un lato ci sono i Paesi dell’Est e del Nord Europa – Baltici, Polonia, Finlandia, ma anche la Germania – che spingono per usare in modo deciso i circa 210 miliardi di euro di asset russi bloccati nell’UE per finanziare lo sforzo bellico e la sopravvivenza economica di Kiev. Dall’altro lato emergono resistenze forti, non solo da parte dei tradizionali alleati di Mosca come l’Ungheria di Viktor Orbán o la Slovacchia di Robert Fico, ma anche da Paesi fondatori dell’Unione. Il Belgio ad esempio, che ospita Euroclear – il deposito dove è custodita la maggior parte dei fondi russi – teme conseguenze legali e finanziarie enormi, fino al rischio di dover rispondere direttamente di eventuali ritorsioni russe. A queste preoccupazioni si è associata l’Italia. Il governo di Giorgia Meloni (che, va ricordato, è la quinta colonna del trumpismo in Europa) si è schierato al fianco di Bruxelles e di altri Paesi "prudenti" che chiedono soluzioni alternative all’uso diretto degli asset russi. Una posizione che pesa, perché l'Italia è il terzo Paese dell’UE per popolazione e influenza politica. Formalmente Roma continua a sostenere le sanzioni contro Mosca, ma nei fatti frena su una scelta che considera giuridicamente rischiosa e potenzialmente esplosiva (non senza qualche ragione, a dire il vero). In questo quadro frammentato, dunque, appare complicato stabilire quale sia la posizione dell'Europa: è quella dei Baltici, della Polonia e della Germania? Oppure è quella di Italia e Belgio? È soprattutto per questo che l’Unione Europea procede lentamente: perché ogni decisione sull’Ucraina è il frutto di un lungo compromesso politico e, di conseguenza, è anche una prova di tenuta dell’Unione. E, al momento, quella tenuta appare tutt’altro che solida.
Davide Falcioni, redattore area Cronaca Fanpage.it
Ma perché Carlo Conti, Mara Venier e tanti altri personaggi televisivi stanno andando ad Atreju?
Alessandra
Ciao Alessandra,
la domanda che fai non è affatto banale, anche se la risposta rischia di apparire scontata. Atreju è, ormai da tempo, un appuntamento fisso attraverso il quale Fratelli d'Italia, la forza di governo che organizza la manifestazione, prova ad andare oltre la condizione di partito per allargare la propria funzione e immaginarsi come vettore di idee e visioni del presente. Il fatto che Venier, Conti e Liorni altri volti televisivi ci vadano significa che siano entrambi sostenitori di Fratelli d'Italia? No di certo, ma non sorprende che i volti di punta della Rai siano a un evento in totale sintonia con l'orientamento politico che in questo momento determina le sorti del servizio pubblico televisivo. Il perché della presenza dei volti televisisi ad Atreju ce lo spiega, in parte, ciò che hanno detto sul palco, alcune prese di posizione emerse coi loro interventi. Su tutti quella del direttore artistico di Sanremo, che ha rispolverato l'eterna questione del "black face" che avrebb vietato a Tale e Quale Show quasi come una forma di costrizione del tempo in cui vive, dimostrando per certi versi di non avere compreso le ragioni per le quali far interpretare a persone bianche dei cantanti neri possa essere offensivo per qualcuno. Insomma, non ha capito che a decidere se qualcosa sia offensivo oppure no non può essere chi è nella posizione di offendere, semmai chi è potenzialmente offeso. Presa di posizione, quella di Conti, che si inserisce perfettamente nella guerra al politicamente corretto che le destre del mondo e la destra che governa in Italia portano avanti da anni. Un caso? Chissà…Insomma, la televisione resta un grande strumento di propaganda e sta a chi la fa decidere dove andare, con chi interloquire e cosa dire, sapendo che tutto questo comporta sempre delle responsabilità.
Andrea Parrella, vice capo area Spettacolo Fanpage.it
Direi che è tutto, anche per oggi.
Grazie per averci accompagnato fino a qua.
Francesco