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👋🏻 Ciao, sono Adriano Biondi, sono il condirettore di Fanpage.it e questa è la speciale evening review, pensata per te che hai scelto di sostenerci.
Quelli più giovani di noi userebbero il verbo "triggerare". In effetti, possiamo dire senza ombra di dubbio che Roberto Saviano è il maggior trigger della destra italiana. Intendendo essenzialmente il fatto che basta una dichiarazione, un pezzo, un video su Fanpage, un’uscita pubblica per per stimolare immediatamente la reazione nervosa, spesso con poco controllo e lucidità, dei maggiori esponenti della destra italiana, dei loro pasdaran e soprattutto dei loro media di riferimento.

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🗯️ Questo avviene non solo per ciò che Saviano dice, per le sue idee e la sua visione del mondo. C’è anche un elemento, per così dire, strutturale. La comunicazione della destra si basa su pochi ma solidi pilastri, tra cui il vittimismo, la retorica élite-popolo, il buonsenso come chiave di lettura per i cambiamenti della società, l’effetto nostalgia. Nello scontro politico, la destra tende a sottolineare le ambiguità degli avversari, le loro contraddizioni, la difficoltà con cui spesso si muovono nelle discussioni che più interessano l’opinione pubblica. È una tecnica che funziona, proprio perché politici e opinionisti “di sinistra” spesso si limitano a giocare la loro partita sul terreno scelto dalla destra, impantanandosi nelle zone grigie, senza forza o legittimità per proporre concetti chiari.

♟️ Saviano, semplicemente, rompe il giocattolo. Non solo perché è uno dei pochi in grado di dettare l’agenda e non farsi imporre la narrazione dalla destra. Ma anche perché può permettersi, per storia, seguito, standing e via discorrendo, di assumere posizioni nette e divisive. Essenzialmente, senza doverne rendere conto: né a un partito di riferimento, né a una linea editoriale, né ad altri gruppi di interesse. E, infine, traendo forza proprio dall’essere diventato “il” bersaglio polemico della destra. Che non può categorizzarlo, non riesce a emarginarlo (perché ha un suo pubblico e ha la forza per imporre temi e questioni), non ne sopporta il successo nella sua “reale” attività (quella di scrittore e autore) e comunque continua ad attaccarlo costantemente e in ogni occasione. Dicevamo, Saviano è ancora un rebus. Un trigger. Che però sta sopportando da anni una pressione unica, peraltro problematica se consideriamo quali siano i rapporti di forza nel Paese e quale sarebbe invece la responsabilità di chi ha ruoli di governo, anche in tema di salvaguardia del lavoro degli intellettuali e della libertà di critica e di espressione dei cittadini.

⚖️ Come forse saprete, in questi giorni si sta celebrando il processo a carico di Roberto Saviano per alcune dichiarazioni nei confronti dell’attuale vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. L’udienza di due giorni fa è stata particolarmente interessante perché ha visto entrambi presenti in Aula. E c’è stato un momento in cui i due sono quasi venuti a contatto, per così dire.

Matteo Salvini ha raccontato di essersi avvicinato allo scrittore napoletano per tendergli la mano, ricevendo di tutta risposta un secco rifiuto con un commento sprezzante. Roberto Saviano si sarebbe rivolto al leader della Lega pronunciando la parola “vergogna”. Successivamente, in alcune storie e contenuti pubblicati sui suoi canali social, lo scrittore napoletano ha spiegato di essere rimasto molto turbato dalle parole che Salvini aveva pronunciato in aula rispondendo ad alcune domande del suo avvocato. E ieri ha diffuso l’audio del confronto fra Matteo Salvini e il suo avvocato, in particolare per quel che concerne la famosa questione della scorta.

Per chi non lo sapesse, infatti, Matteo Salvini ha spesso utilizzato il tema della scorta a Roberto Saviano come argomento per ottenere consenso elettorale e per solleticare, diciamolo pure, gli istinti più bassi dei propri follower. In diverse occasioni, ha promesso che, una volta avuti i “pieni poteri” al governo, avrebbe lavorato per togliere la scorta all’autore di Gomorra.

👨🏻‍💼 Circostanze di cui gli ha chiesto conto proprio l’avvocato di Saviano in aula. Ecco, le risposte di Salvini non sono state effettivamente quelle di un grande statista. Il leader leghista non solo ha ammesso che prima di diventare Ministro dell’Interno non conosceva la normativa e dunque non sapeva di non avere alcun potere sulla revoca di una scorta — ricordiamolo, a una persona minacciata di morte dai clan della Camorra — ma in qualche modo ha cincischiato, ha derubricato le minacce di togliere la protezione a Saviano a “valutazioni politiche”, non assumendosi la responsabilità delle sue parole e omettendo di scusarsi per aver strumentalizzato il tema per ottenere consenso elettorale.

Vi faccio leggere la trascrizione integrale di parte della deposizione di Matteo Salvini (MS), sollecitato dalle domande dell'avvocato di Saviano (AS):

Avvocato Saviano: “Volevo capire, invece, riguardo alla situazione di pericolo di Saviano. Lei sa per quale ragione è sottoposto al regime di protezione?

Matteo Salvini: “Se è stato tecnicamente valutato che fosse necessario un servizio di protezione, vuol dire che è giusto che gli sia stato consegnato un servizio di protezione.

AS: “Ma sa qual è l’organo, al quale ha fatto prima riferimento, che avrebbe messo in dubbio l’utilità della scorta?”

MS: “No, no, no, ma non mi interessa polemizzare sulla scorta del dottor Saviano che se ce l’ha oggi vuol dire che è giusto che ce l’abbia.

AS: “Quando ha scoperto che a decidere sulle scorte è un organismo tecnico? Prima o dopo essere diventato Ministro dell’Interno?”

MS: “Quando sono diventato Ministro dell’Interno. Prima non lo sapevo”.

AS: “Chiedo l’autorizzazione al Tribunale di esibire al testimone due documenti che sono stati prodotti all’udienza del 1° febbraio 2023. In particolare mi riferisco al documento numero 6 dell’elenco e al documento numero 7. Può leggere il testo del primo documento?”

MS legge un suo vecchio post: “Per Saviano sono razzista, ignorante e sgrammaticato. Se andiamo al governo dopo aver bloccato l’invasione gli leviamo l’inutile scorta”.

AS: “Ci può dire la relazione tra la prima parte di questa affermazione e la seconda?”

MS: “Questa è una dichiarazione politica”.

AS: “Quindi con questa dichiarazione è corretto dire che lei metteva in relazione la critica mossa da Saviano con una rivisitazione del suo regime di protezione?”

MS: “Io rileggo quello che ho scritto, ragazzi. Per Saviano sono razzista, ignorante e sgrammaticato. Se andiamo al governo dopo aver bloccato l’invasione gli leviamo l’inutile scorta”.

AS: “All’inizio il fatto che lei in quella data, perché siamo prima della sua nomina a Ministro dell’Interno, non sapeva per quale ragione si attribuiscono le scorte. A proposito, lei da quando è scortato?”

MS: “Dal 2017, direi”.

AS: “Quindi prima di diventare Ministro dell’Interno?”

MS: “Dal 2017 la tutela di quarto grado, se non ricordo male”

AS: “Quindi solo dopo ha scoperto chi aveva deciso di metterla sotto protezione?”

MS: “Assolutamente non l’ho chiesto io”.

AS: “Ah, ho capito. Dico, non chiese chi è che decide su queste cose?”

MS: “Presidente, io ne avrei fatto volentieri a meno allora e ne farei volentieri a meno oggi”.

AS: “Allora, mi dovrebbe spiegare però qual è la relazione tra la critica che le ha mosso Saviano e la determinazione comunicata, urbi et orbi, di revocare i regimi di protezione”

MS: “Ma questa è una dichiarazione politica, che non vedo cosa c’entri con Salvini amico della ‘ndrangheta, mafioso”.

AS: “Lei può spiegare per quale ragione prometteva ai suoi futuri elettori di togliere la scorta a Saviano?”

MS: “Questo è un dibattito politico…”

AS: “Ci può leggere in più il documento numero 7, per favore?”

MS legge un altro suo post dell’11 agosto 2017: “Il signor Saviano è preoccupatissimo per la possibilità auspicata da me e da milioni di italiani che gli venga tolta la scorta di cui inutilmente gode da tempo. Coda di paglia? La paura che fa Saviano alla camorra è pari a quella che fanno le minacce di chi? Madonna al Trump. Zero. Ciaone Saviano, fatti una vita a spese tue”.

AS: “Ci può dire solo a base di quali elementi lei ha…”

MS: “Questa è una contestazione politica. Questo è un atto politico, gradevole o non gradevole. Prima di dare del mafioso, del camorrista, dell’ndranghetista a chiunque altro, uno ci deve pensare diciotto volte”.

AS: “A chiarimento della sua risposta, mi può spiegare qual è la differenza tra politica e propaganda politica?”

MS: “Dobbiamo fare un dibattito semantico su politica…”

AS: “Salvini, lei è un testimone. Se il giudice ammette la domanda, lei deve rispondermi. E qual è la differenza fra politica e propaganda politica? Allora, poiché io le ho fatto una domanda precisa sulla base di quale elemento lei riteneva che la protezione a Saviano potesse essere revocata…”

MS: “Ma lei non ha bisogno di urlare, scusi”

AS: “E lei non risponde…”

MS: “Io sono tranquillo, sereno. Avrei volentieri evitato di venire qua se l’imputato non avesse usato parole di una gravità…”

AS: “Lei può spiegare sulla base di quali elementi lei ritenesse che la paura che Saviano fa alla camorra è pari a quella che fanno…”

MS: “È una mia valutazione soggettiva”

AS: “Allora voglio capire, la valutazione per lei è la considerazione di dati oggettivi finalizzata ad esprimere un giudizio o aprire la bocca ed esprimere un giudizio? Questa è la stessa domanda che le ho fatto prima. Che differenza c’è tra la politica e la propaganda politica? Lo sa lei?”

MS: “Ero imputato a Palermo, non a Roma…”

🗣️ Ora, che il nostro vicepresidente del Consiglio non ci faccia una grandissima figura è autoevidente. Per non ammettere di aver fatto propaganda sulla scorta di Saviano, ad esempio, deve dichiararsi ignorante rispetto alle norme che disciplinano i servizi di protezione, nonostante lui stesso ne sia oggetto dal 2017. In aggiunta, prova più volte a giocarsi la carta vittimista per non rispondere alle domande della controparte. Soprattutto, per tornare al discorso sulla strategia comunicativa, non riesce mai a imporre la propria narrazione. Lo stesso Saviano ha affondato il colpo: "Mi ha sconvolto perché non si ricordava, ometteva dei passaggi: ha balbettato qualcosa sulla scorta, parlando di valutazione politica. La cosa assurda è che emersa la figura di un politico che fa e dice cose senza pensarci".

📰 A dare una mano al leader leghista, provano i media di area. E neanche questa è una novità. De Leo sul Tempo si rende perfettamente conto di come Saviano sia riuscito a capovolgere la narrazione e attacca:

"Triste parabola quella di Roberto Saviano, di cui ricordiamo le amarezze, consegnate qualche settimana fa al Corriere della Sera, asserisce di aver sbagliato tutto nella vita. Giudicare dall’esterno sarebbe da ditino alzato, dunque giammai. E però un minimo di radiografia ce la permettiamo, notando che sicuramente è l’errore esser diventato la parodia di un eroe civile, questo voler trasformare un processo subito a seguito di insulti pubblicati sui social in una sorta di calvario persecutorio da dissidente di regime. Tutto fantomatico, ovviamente. Perché in uno Stato di diritto, se insulti il prossimo è giusto che le tue parole siano verificate in giudizio".

E il blog di NicolaPorro prova a spostare l’attenzione sul punto di vista dell’accusa, rilanciando la linea di Salvini: "Nel corso dell’udienza, il segretario federale della Lega ha ricordato che i post furono letti anche da sua figlia, all’epoca di cinque anni. “Per la mia famiglia si è trattato di una situazione difficile”, ha detto".

Ma è Mario Sechi, ex portavoce di Giorgia Meloni, a caricarsi del compito più gravoso: la demolizione della figura di Saviano. Sul suo giornale, Libero, scrive un editoriale al vetriolo, di cui vi segnalo qualche passaggio:

"Roberto Saviano è uno scrittore che confonde il suo ruolo di propagandista con il suo valore letterario. Il suo ruolo è di indubbia importanza nel modesto circolo del libro, ma il valore non fa di lui nemmeno l'ombra di un Giovanni Verga. Sgonfiato il fenomeno Gomorra, è rimasto il pallone gonfiato dell'opinionista, così il Saviano agitatore politico si è mangiato in un sol boccone il prosatore. Preceduto dalla vanità e seguito dalla spocchia, Roberto è comicamente intrappolato nel suo personaggio. S'impettisce, s'inalbera, s'impenna, s'inerpica, s'impapocchia, sale in alto in alto in alto e poi… casca a terra, nella banalità. […] La storia del Saviano Furioso rivela tutto il pregiudizio delle classi colte, l'idea che la penna del Grande Scrittore sia infallibile, il suo verdetto indiscutibile, il commento sempre dalla parte del Giusto. Le pagine dei giornali e i talk show grondano di granitiche opinioni rigorosamente progressiste, pezzi di un'antologia partigiana dove il disprezzo per il non allineato si espande in maniera inversa al talento, più sono scarsi e più sono tronfi”.

Ecco, ci sarebbe molto da dire (sulla differenza che passa tra un uomo delle istituzioni e un intellettuale, e sulle diverse responsabilità, per cominciare), mi limito a una semplice considerazione e vi rimando alla lettura dello scambio tra Salvini e l'avvocato di Saviano: ma siamo davvero sicuri che le dinamiche tra giornalisti e potere politico debbano essere queste?

Anche per oggi è tutto, se hai dubbi, critiche, richieste e via discorrendo, scrivimi ad eveningreview@fanpage.it ,
Adriano

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