Iscriviti a Evening Review.
Ricevi la rassegna speciale a cura di Adriano Biondi

Immagine

Si è discusso molto in Europa dell’ultimo documento sulla sicurezza nazionale pubblicato dalla Casa Bianca, fondamentale per capire che vento spira da Oltreoceano verso il Vecchio Continente. Non ci sono soltanto gli attacchi mirati ad aspetti cardine della costruzione europea o a scelte strategiche in materia economica di Bruxelles. C’è soprattutto il delinearsi di un nuovo ordine globale e una prima chiara definizione di ciò che da tempo è nell’aria e che era tutto sommato facile preconizzare con il cambio di amministrazione statunitense. Come vi abbiamo raccontato su Fanpage, in effetti, la prefazione firmata da Donald Trump sembra mettere la parola fine a un’intera epoca di relazioni e di affinità culturale, politica e ideologica tra USA ed Europa. O meglio, ridefinisce il ruolo degli Stati Uniti e, nel farlo, cristallizza un nuovo scenario, rivendicando la primazia del “sacro egoismo” e sconfessando la missione che i suoi predecessori si erano dati (non è questa chiaramente la sede per parlare dell’esportazione della democrazia, degli USA come sceriffo e via discorrendo… Insomma, ci siamo capiti).

Ti è piaciuto questo episodio di EVENING REVIEW?

La parte che riguarda l’Europa, come detto, è di particolare interesse, seppur non del tutto nuova. Come ricorderete, già il vicepresidente JD Vance aveva attaccato duramente il modello europeo, rivendicando l’alterità del progetto trumpiano, mettendo in discussione i perni fondamentali dei rapporti atlantici e disegnando un futuro a tinte fosche per il nostro continente senza repentini cambi di rotta. Nelle settimane successive al suo intervento a Monaco aveva preso piede la possibilità di un vero movimento MEGA (Make Europe Great Again), sul modello MAGA trumpiano, che svegliasse gli alleati intorpiditi e arrendevoli. Del resto, l’Europa (tanto come modello culturale, quanto come ideale di società e costruzione politica, nonché come soggetto economico e polo di sviluppo) rappresenta il solo vero ostacolo alla definizione dello scenario caldeggiato dall’ultradestra statunitense, dai tecnocapitalisti della sorveglianza e dagli oligarchi che affollano la corte di Trump. Ovvero, un equilibrio globale tra autocrazie e governi cesaristi che operano in sinergia con i grandi potentati economici, in modo da curare ognuno il proprio particulare, come avrebbe detto un nostro antenato. Un mondo in cui non c'è più spazio per la democrazia liberale, almeno nelle forme di cui abbiamo fatto esperienza nel corso delle nostre vite.

Lo scrive anche Mario Giro su Domani, provando a rispondere alla domanda sul perché il nostro Continente faccia così paura all’America:

Perché si comporta come una potenza post-imperiale, tendenzialmente mite e materna: il welfare vituperato dai MAGA diventa l’espressione di tale atteggiamento. […] Mentre negli USA rinnovati dal trumpismo si auspica uno stato paternalista severo e guerriero, che riscopre il vecchio espansionismo e rinnova le sue radici religiose, l’Europa appare troppo dolce, materna e tollerante, disinteressata al proprio passato imperiale e sorda agli appelli americani. I neo-repubblicani USA vedono un avversario nelle lentezze burocratiche dell’Ue con decisioni all’unanimità: altrimenti non se ne preoccuperebbero.

E se "questa" Europa è un problema, allora va cambiata. O abbandonata al suo destino. O combattuta. È quello che si legge tra le righe del documento di cui stiamo parlando. Tra l'altro, come nota il politologo Cas Mudde sul Guardian, questa strategia (la distruzione della democrazia liberale per come la conosciamo oggi, la lotta al globalismo, la riscrittura del diritto internazionale e la fine degli accordi sovranazionali fondati su principi di uguaglianza e solidarietà) non è nient'altro che il sunto di teorie e pensieri dell'ultradestra conservatrice e reazionaria: "L'intera sezione sull'Europa è intrisa di decenni di ideologia e propaganda di estrema destra europea. L'UE e le politiche migratorie sono ritenute responsabili di "aver trasformato il continente e creato conflitti, determinato la censura della libertà di parola e la repressione dell'opposizione politica, il crollo dei tassi di natalità e la perdita dell’identità nazionale”.

Mario Del Pero, di ISPI, tratteggia con nettezza il quadro che emerge dalle considerazioni dell’amministrazione statunitense:

È un’Europa al meglio subalterna, dipendente e parassitaria e al peggio nemica e antagonistica, quella tratteggiata da questa seconda National Security Strategy dell’amministrazione Trump. Che riecheggia quanto già il Vicepresidente JD Vance aveva detto nel suo controverso intervento alla conferenza sulla sicurezza di Monaco del febbraio scorso. Un’Europa – e più in generale uno spazio nordatlantico – sui quali viene proiettato un modello d’identità – nazionale e occidentale – essenzialista e razziale: bianco e cristiano. Antitetico a quello sovranazionale e cosmopolita del processo d’integrazione europeo e, oggi, dell’UE. Modello, secondo la NSS e tante politiche dell’amministrazione Trump, da ripristinare con azioni atte a riaffermare questa identità, chiudendo le frontiere e promovendo un’aggressiva campagna di espulsioni e di “re-immigrazione” di chi a questa identità non appartiene.

Qui, per la verità c’è un piccolo giallo legato all’esistenza di una diversa versione del documento della Casa Bianca. Il sito DefenseOne ha diffuso una “longer version” in cui ci sono ulteriori dettagli su come la nuova amministrazione statunitense avrebbe intenzione di sviluppare il progetto MEGA, peraltro direttamente collegato a una ridefinizione di compiti e struttura della NATO.

Partendo dal presupposto che l'Europa stia andando incontro a una "cancellazione della propria civiltà" a causa delle sue politiche sull'immigrazione e della "censura della libertà di parola", l'NSS propone di concentrare le relazioni degli Stati Uniti con quei paesi europei che hanno amministrazioni o movimenti vicini ideologicamente alla destra.

Austria, Ungheria, Italia e Polonia sono elencate come paesi con cui gli Stati Uniti dovrebbero "collaborare di più con l'obiettivo di allontanarli dall'Unione Europea".

"E dovremmo sostenere partiti, movimenti e figure intellettuali e culturali che perseguono la sovranità e la preservazione/ripristino dei tradizionali stili di vita europei, pur rimanendo filoamericani", si legge nel documento.

Tali considerazioni non sono poi rientrate nel documento ufficiale, ma quanti di voi sono rimasti sorpresi dal leggere il nome del nostro Paese associato al progetto di indebolimento delle democrazie liberali in Europa, veicolato dall'ideologia dell'estrema destra reazionaria e sovranista? Non chi legge questa newsletter, certamente (ehm, era un modo per farvi notare che ne abbiamo già parlato qui, qui e anche qui). Perché davvero, ci tocca parlare nuovamente di Giorgia Meloni e del suo ruolo attivo di quinta colonna trumpiana nell'Unione Europea.

La nostra presidente del Consiglio è senza dubbio alcuno il maggiore asset di Trump in Europa. Badate bene, il rapporto personale tra i due è determinato non solo dalla consonanza ideologica, ma anche da una sorta di interesse comune: il tycoon ha bisogno della leader di Fdi per indebolire la costruzione europea e, soprattutto, l'asse franco-tedesco; Meloni ha bisogno di una legittimazione che gli storici alleati europei sono restii a concederle e, in modo del tutto legittimo, crede che la tutela degli interessi italiani passi da un cambio di paradigma in Europa, che preveda la sostituzione della componente progressista con quella ultraconservatrice (l'asse con von der Leyen, in tal senso, è un elemento da considerare).

In questo momento, però, la sfida di Trump (e non solo) al modello Ue ha fatto un ulteriore salto di qualità. E la linea dell'equilibrismo di Meloni non regge più, appare inadeguata e ipocrita. Perché non ha molto senso continuare a dire di voler tenere tutto assieme, richiamando a un atlantismo (come trait d'union culturale, politico, ideologico) che nessuno degli altri interlocutori considera attuale. E, soprattutto, significa sottovalutare la portata della minaccia insita nella proposta autocratica e cesarista che emerge dalle visioni MAGA e che è già concreta in altre aree del globo. La sinergia sull'Ucraina fra Usa, Russia e probabilmente anche Cina, è un triste presagio.

È il tempo delle scelte. E la sensazione è che, in fondo, Meloni abbia già scelto per noi.

[Ecco, altra sensazione è che neanche la nostra opposizione abbia capito la portata della questione, come testimoniano le ultime dichiarazioni di Giuseppe Conte e i tentennamenti di Elly Schlein. E questa, credetemi, è l'ennesima brutta notizia di questa newsletter]

Immagine

Iscriviti a Evening Review.
Ricevi la rassegna speciale a cura di Adriano Biondi

api url views
Fai la tua domanda per il prossimo episodio di "%s"
Immagine

Iscriviti a Evening Review.
Ricevi la rassegna speciale a cura di Adriano Biondi

Proseguendo dichiari di aver letto e compreso l'informativa privacy