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Una casa in regalo per negare l’esistenza del clan D’Alessandro al processo per l’omicidio del padre

L’inchiesta sul clan D’Alessandro ricostruisce la corruzione di un testimone in un processo per omicidio: la figlia della vittima avrebbe accettato un appartamento in cambio di una deposizione per favorire l’imputato.
A cura di Nico Falco
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Il clan D'Alessandro aveva regalato un appartamento a Castellammare di Stabia a una donna e lei, in cambio, durante il processo per l'omicidio del padre aveva negato di conoscere l'esistenza del gruppo criminale e, di conseguenza, l'affiliazione dell'imputato. La vicenda è tra quelle ricostruite dagli inquirenti, agli atti nell'ordinanza eseguita ieri, 15 maggio, contro il clan D'Alessandro: 16 indagati, per 11 di questi è stata emessa misura cautelare. Tra i reati ipotizzati anche il pizzo ai commercianti e, appunto, la corruzione di un testimone durante un processo.

Gli arresti emessi dal gip di Napoli Fabrizio Finamore riguardano, a vario titolo, il boss Vincenzo D'Alessandro; Michele Abbruzzese; Ugo Lucchese; Giuseppe Oscurato; Antonio Salvato; Carmela Elefante; Vincenzo Spista; Angelo Schettino; Giovanni D'Alessandro; Fabrizio Jucan Sicignano e Giuseppe Donnarumma.

"Non conosco l'esistenza del clan D'Alessandro"

Storia molto particolare, quella che vede la donna, che gravita nell'orbita dei D'Alessandro e sarebbe stata utilizzata anche per il traffico di stupefacenti, che in occasione del processo sarebbe stata completamente soggiogata dal gotha del gruppo criminale e, rilevano gli inquirenti, avrebbe eseguito gli ordini che le erano stati impartiti. I fatti risalgono ad una manciata di anni fa, alla sbarra c'era il presunto assassino del padre.

Arrivato il suo turno di deporre, la donna aveva negato di conoscere l'esistenza del clan D'Alessandro. Rispondendo a domande dirette, aveva sostenuto di conoscere l'imputato, ma soltanto perché abitava nel suo stesso quartiere, e di non sapere che fosse affiliato ad un gruppo di camorra.

L'appartamento regalato a Castellammare

La donna, che risulta tra i 16 indagati (ma per lei non è stata emessa misura cautelare), in cambio di quella testimonianza avrebbe ricevuto in regalo un appartamento. Gli inquirenti hanno ricostruito anche quella finta compravendita. Dopo la deposizione la donna è stata intercettata mentre informa un emissario del boss e, nella stessa intercettazione, viene registrato l'emissario che annuncia la visita di un geometra a cui era stato affidato il compito di fornire informazioni sulla casa di cui avrebbero simulato la compravendita. Anche il geometra è coinvolto nell'inchiesta: è accusato di essere a disposizione del clan, avere fornito al clan D'Alessandro informazioni sul funzionamento delle telecamere di sicurezza presenti in città, in modo da consentire agli affiliati di muoversi senza preoccupazione di venire ripresi.

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