699 CONDIVISIONI

Roberto Saviano racconta Francesco Schiavone e il suo pentimento: “Dopo anni di scorta potrei tornare libero. Ma è davvero una resa?”

Roberto Saviano parla del pentimento di Sandokan a Fanpage.it. Spera che si tratti di vere confessioni: “Fosse così potrei pensare di essere libero dopo anni di scorta”. Ma teme che sia solo una strategia furba.
A cura di Redazione Napoli
699 CONDIVISIONI
Roberto Saviano
Roberto Saviano

Roberto Saviano dice che la notizia del pentimento, della collaborazione con la giustizia, del boss Francesco Schiavone, "Sandokan", muove in lui sentimenti contrastanti. E ricorda oggi, in un video per Fanpage.it, che gli Schiavone gli hanno drammaticamente cambiato la vita.

Correva l'anno 2006, era settembre, il giorno 23, anniversario della morte di Giancarlo Siani. Saviano era sul palco di una manifestazione anti-camorra a Casal di Principe, alla quale partecipò, tra gli altri, l'allora presidente della Camera Fausto Bertinotti. In quella occasione lo scrittore con una invettiva storica definì nullità, facendo nomi e cognomi, i boss di quel sodalizio criminale sanguinoso che porta il nome di clan dei Casalesi: «Iovine, Schiavone, Zagaria , non valete nulla. Loro poggiano la loro potenza sulla vostra paura, se ne devono andare da questa terra».

Fu il punto di non ritorno per l'allora ventisettenne scrittore di "Gomorra". Gli fu assegnata la scorta per gravi rischi per la sua incolumità. «Mi fecero fare testamento a 27 anni – spiegò anni dopo – quando arrivò la condanna dei Casalesi».

Oggi Saviano ripercorre quei momenti. E dice che per la prima volta ha la speranza di essere libero: «Quando ho ricevuto questa notizia in me hanno iniziato a muoversi sentimenti contrastanti. Da un lato è finita, è finita la mia, la mia protezione, la mia situazione. Dopo quasi 18 anni di scorta, dopo anni di contrasto col clan, che il vertice sembri pronto a firmare la resa mi fa pensare che forse potrò tornare libero. Forse le cose per me stanno iniziando a poter avere un'altra strada».

È un attimo. Ci ragiona su e il tono diventa diverso: da un lato, dice Saviano penso che potrei tornare libero, dall'altro, tutt'altro. Quell'Idra , quel mostro a più teste che è il clan dei Casalesi è stato davvero annientato? E spiega: «È il momento davvero per sconfiggerli davvero. È finita? È una resa del clan? Temo che non sia così. Il potere che ha gestito Francesco Schiavone, Sandokan, è immenso. Il suo soprannome Sandokan, nasce per la sua somiglianza con l'attore che interpretava una delle fiction più vista della storia italiana. E quel soprannome lo rende famoso alle cronache di tutta Italia».

«I soprannomi dei suoi alleati o rivali erano declinati più sul territorio locale: Cicciotto ‘e Mezanotte, ‘o Professore... Nessun boss può darsi il soprannome da solo. O lo eredita dalla famiglia o gli viene dato. Da ragazzino, Schiavone di avere questo soprannome, ma gli piace. Tant'è vero che conserverà per tutta la vita questa barba che lo rende sempre più simile a Kabir Bedi. Studia Medicina senza mai arrivare alla laurea. È figlio di un imprenditore agricolo, quindi bufale. Terreni. Vigna. E non nasce in povertà. Da ragazzo è parte di una delle organizzazioni maggiormente in ascesa negli anni Ottanta. Negli anni Ottanta Francesco Schiavone è già parte di una delle organizzazioni maggiormente in ascesa del crimine in Occidente, il clan dei Casalesi, governato dal boss di San Cipriano D'Aversa Antonio Bardellino, che è il vero capo, l'uomo che lo alleva».

«E poi accade il punto di svolta. L'anno esatto in cui Francesco Schiavone decide di diventare il capo. Il capo assoluto non ci riuscirà mai completamente. Del clan dei Casalesi ha un unico rivale il suo maestro, il suo padrino Bardellino, che nel 1988 verrà ucciso. Forse verrà ucciso in Brasile, forse verrà ucciso perché il suo corpo non è mai stato trovato e diversi indizi ci dicono che invece ci fu un accordo per sparire».

«Sgombriamo il campo: Sandokan non è antistato. Assolutamente. Chi continua a spendere questa parola sta ragionando su un equivoco. La camorra la ‘ndrangheta, la mafia non sono un antistato, sono una parte dello Stato. E c'è poi un'altra parte dello Stato che prova a contrastarli e un'altra parte, la più numerosa, la più ampia, che è equidistante dai due. A volte conviene stare con loro o questa parte di Stato. A volte conviene stare con la parte antimafiosa dello Stato. È questo che sta facendo».

«Sono molto preoccupato che questo accada. Che non si farà mai, come non ha fatto Iovine, far trovare i soldi veri della camorra, ma spiccioli. Che non racconterà davvero delle alleanze dell'impresa, ma dettagli. Storie e faide che di fatto sono state svelate. Accadrà questo? È una strategia furba. Temo di sì. Però potrebbe non esserlo, se gestito bene».

699 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views