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Piazza Plebiscito a Napoli: i locali dati in affidamento erano irregolari. Addio a botteghe e riqualificazione

Dopo 7 anni artigiani e imprenditori costretti a riconsegnare le chiavi: “Abbiamo ristrutturato a nostre spese, ma la burocrazia non ci permette di aprire”
A cura di Peppe Pace
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I locali chiusi dietro alle colonne di piazza del Plebiscito
I locali chiusi dietro alle colonne di piazza del Plebiscito

Sette anni di progetti, promesse e accordi. L'ultimo risale ai primi di agosto 2023, quando la Prefettura, il Fondo Edifici di Culto, il Comune di Napoli, il Demanio e la Soprintendenza (tanti sono i soggetti competenti sull'area) hanno firmato un protocollo d'intesa della durata di sei anni con l'obiettivo di "valorizzare, migliorare e gestire il complesso monumentale di Piazza del Plebiscito e dei suoi spazi ipogei".

In realtà,  il colonnato di San Francesco di Paola, da anni in stato di totale abbandono e degrado, racconta una storia ben diversa, che risale all'ormai lontano 2017, anno di pubblicazione di un bando mediante il quale venivano dati in locazione le botteghe del colonnato di proprietà del Fondo Edifici di Culto, destinate (così recitava testualmente il bando) ad ospitare attività legate alle arti e agli antichi mestieri della città.

Ebbene, dopo sette anni, nessuno degli imprenditori e degli artigiani vincitori del bando, che nel frattempo avevano ristrutturato e messo in sicurezza i locali a loro spese, è mai riuscito ad aprire la sua attività. La causa? Una marea di ostacoli tecnici e burocratici, a cominciare dal fatto che i locali non erano in regola col catasto e coi permessi.

La maggior parte di essi, infatti, avevano una destinazione d'uso incompatibile con le attività citate nel bando, circostanza che ha dato inizio ad un vero e proprio calvario per i poveri conduttori, che dopo anni di battaglie (fino a due anni per avere una banale autorizzazione dalla Soprintendenza) dopo il danno hanno ricevuto anche la proverbiale beffa: la messa in mora e la richiesta di tutti i canoni di locazione arretrati, nonostante non abbiano mai potuto guadagnare nulla dalla conduzione delle botteghe mai aperte.

La riconsegna delle chiavi, che è in parte già avvenuta, sarebbe la consacrazione di un fallimento amministrativo enorme, l'ennesimo corto circuito istituzionale, dove a farne le spese è quella parte sana della piccola imprenditoria cittadina che con spirito di sacrificio si è messa in gioco per partecipare alla riqualificazione di un pezzo fondamentale del patrimonio culturale cittadino.

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