“Questo Coronavirus è un affare”: la criminalità napoletana nel business sanificazione a Rimini
"Questo coronavirus è proprio un buon affare". Intercettato dalle microspie della Guardia di Finanza, sia in ambientale sia al telefono, così Salvatore Emolo, pregiudicato e nel 2016 sorvegliato speciale, si compiaceva dei guadagni che arrivavano dal nuovo affare in cui si era tuffato: sanificazione di bar, ristoranti, alberghi e autovetture. Ci era riuscito tramite una ditta di pulizie di Pesaro, di cui conosceva il proprietario; da socio occulto si era inserito sul mercato di Rimini, con cifre da capogiro: 1,50 euro a metro quadro, decine di interventi al giorno, incassi ancora da stimare ma sicuramente quantificabili in parecchie decine di migliaia di euro. Il sistema è stato scoperto dal Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Rimini, coordinato dal comandante Michele Ciarla.
L'operazione "Dirty cleaning" è partita all'alba di oggi, 19 novembre, contestualmente sono state avviate le perquisizioni domiciliari e nella sede della società, tra Pesaro, Rimini e Trento. La ditta di pulizie e sanificazioni è stata sottoposta a sequestro preventivo su disposizione del gip di Rimini, nel registro degli indagati ci sono finite quattro persone, tra cui Emolo: le accuse sono, a vario titolo, di intestazione fittizia. Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, sono state coordinate dal sostituto procuratore Paola Bonetti.
Emolo, hanno ricostruito le fiamme gialle, aveva cominciato gli affari col primo lockdown, ad aprile. Non potendo figurare come proprietario della ditta, in quanto pregiudicato e sorvegliato speciale, lavorava tramite l'intestatario, che di fatto faceva da suo prestanome. Coinvolto già nell'operazione Drugstore del 2014, Emolo è un personaggio ben noto alle forze dell'ordine, soprattutto per i legami familiari: da tempo stabilitosi in riviera romagnola, con Napoli non aveva mai tagliato i ponti ed è il fratello di Ferdinando Emolo, condannato in via definitiva nel 2010 per associazione camorristica e nel 2017 per aver partecipato a un raid punitivo di camorra e considerato tra i fedelissimi del boss Marco Di Lauro, ex primula rossa del clan di via Cupa dell'Arco arrestato nel marzo scorso dopo una latitanza di 13 anni. Al momento non è emerso un coinvolgimento diretto del clan Di Lauro, l'indagine resta di competenza della Procura di Rimini e non della Direzione Distrettuale Antimafia locale.
L'interesse della camorra nel business delle sanificazioni era emerso anche in un'altra inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza di Napoli e che ha portato all'arresto di 7 persone nel maggio scorso: le fiamme gialle avevano scoperto che il settore era tra quelli in cui il clan della Vanella-Grassi reinvestiva i capitali illeciti, approfittando della pandemia per far lievitare i guadagni e trasformando in soldi puliti i proventi di droga ed estorsioni.