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Acqua ossigenata contro il Covid-19: come e perché c’è tanta attenzione su una ricerca

Acqua ossigenata contro il Coronavirus: c’è uno studio condotto da un pool di ricercatori napoletani che in queste ore fa molto discutere e sperare. L’idea di avere tra gli oggetti di uso comune un elemento che possa essere d’aiuto in una battaglia che ormai dura da un anno è fonte di enorme interesse per tante persone. Ma occorre non alimentare nessuna falsa illusione: la battaglia per sconfiggere il Covid, lavoro sul quale converge la ricerca mondiale, è lunga.
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 Prima di ragionarci, occorre fare attenzione alle parole. La Medicina, la Ricerca  scientifica più in generale, si muove per esperienze e non ha verità in tasca. Dunque sulla vicenda dell'acqua ossigenata da utilizzare nelle cure contro il Coronavirus è fondamentale tenere d'occhio la prima – si è proprio la prima – parola dello studio dei ricercatori universitari napoletani, pubblicato il 22 aprile scorso sulla rivista "Infection Control & Hospital Epidemiology" della Cambridge University e sorprendentemente diventato oggi oggetto enorme attenzione nell'opinione pubblica italiana. La prima parola dello studio in inglese, è «might». Ovvero: «potrebbe». Il perossido di idrogeno potrebbe ridurre il tasso di ospedalizzazione e le complicazioni dell'infezione da SARS-CoV-2? Potrebbe, lo speriamo tutti. Così come speravamo tutti nel farmaco immunosoppressore  Tocilizumab, quello che in Campania è stato definito con una semplicistica associazione ad personam il "farmaco Ascierto" (dal nome dell'oncologo napoletano che ha guidato parte della sperimentazione).

Ma perché uno studio sull'acqua ossigenata anti-Covid catalizzi così tanta attenzione non si spiega solo con la legittima preoccupazione, ormai da quasi un anno sull'incedere inesorabile della pandemia che purtroppo pare vada oggi verso una nuova recrudescenza con una impennata di casi verso l'autunno e inverno 2020.  Abbiamo introiettato anni di film catastrofici di fantascienza e non (uno su tutti: Contagion) che ad un certo punto si risolvevano con qualcosa sotto gli occhi di tutti. Il flaconcino bianco dell'acqua ossigenata, quello che tutte le famiglie hanno nel cassetto delle medicazioni, è uno di quegli oggetti di uso comune. Abituati come siamo al lieto fine, alla risoluzione di tutti i problemi con ciò che abbiamo già davanti, assemblato o utilizzato diversamente dal consueto, secondo un pensiero laterale entusiasmante (la cosiddetta tecnica McGyver o A-Team, ve li ricordate i telefilm?) in cuor nostro tutti speriamo di cacciar via il mostro con due gargarismi d'acqua ossigenata. Spoiler: non sarà così.

Se lo studio condotto dal pool di ricercatori napoletani che promuove in ambito medico gli sciacqui con precise soluzioni di perossido d'idrogeno sarà accolto, verificato e convalidato dalla comunità scientifica internazionale saremo tutti felici per questo tassello in più. Ma la battaglia anti-Covid è ancora da vincere. Al lavoro c'è gran parte della ricerca mondiale, a caccia della giusta soluzione, di un vaccino che ovviamente necessiterà dei suoi tempi per essere verificato e validato. Dunque, per ora i nostri unici alleati restano i comportamenti: distanziamento sociale, mascherina, frequente lavaggio delle mani.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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