“Uccidono la sua famiglia e lo minacciano di morte”: la storia di Carlos, scappato in Italia per salvarsi dai narcos

"In caso di rimpatrio, verrebbe ucciso come è accaduto al resto della sua famiglia". A parlare a Fanpage.it è Stefano Afrune, avvocato di Carlos (nome di fantasia), un ragazzo di 28 anni giunto in Italia dall'Ecuador per scappare dalla violenza del suo Paese, al quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia ha da poco riconosciuto la protezione sussidiaria.
La storia di Carlos
La vicenda inizia quando l'azienda agricola di famiglia dove lavora anche Carlos, estesa su oltre 100 ettari, finisce nel mirino di un gruppo criminale di narcos. Il primo a scomparire, tra il 2020 e il 2021, è lo zio: rapito mentre lavora in azienda. I sequestratori chiedono un riscatto di 2 milioni di dollari, ma nonostante la denuncia alle autorità e al gruppo anti-estorsioni, la famiglia non ottiene alcun supporto e si trova sola a fronteggiare la situazione.
Durante le trattative, non ricevendo alcuna prova che lo zio sia ancora vivo, la famiglia di Carlos decide di non pagare il riscatto e questo porta i rapinatori ad avanzare una minaccia diretta: "Se non paghi ammazzeremo tutta la tua famiglia". Minaccia che, in breve, diviene tristemente reale: un altro zio di Carlos, infatti, viene ucciso con diversi colpi di arma da fuoco mentre esce da un taxi davanti a casa sua. E non è finita qui: è poi la volta di un altro zio e di un cugino che in quel periodo aveva preso in mano la gestione dell'azienda.
È a questo punto – "ormai divenuto insostenibile" – che la famiglia decide di dare l'azienda in affitto e Carlos decide di partire alla volta dell'Italia, convinto anche dalla sua compagna con cui nel mentre ha avuto una figlia affetta da un disturbo dello spettro autistico, bisognosa di cure. In un primo momento, però, le minacce sembrano non finire. Una settimana dopo il suo arrivo, infatti, i vicini in Ecuador lo informano che alcune persone sono passate a cercarlo.
"È qui che ha capito di non poter tornare a casa e ha maturato la convinzione di dover rimanere in Italia per salvarsi", ha spiegato a Fanpage.it l'avvocato. "Per questo abbiamo avanzato richiesta di protezione alla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia" che ha poi ritenuto Carlos idoneo poiché la "minaccia è apparsa credibile alla luce degli omicidi avvenuti in precedenza". A sostegno di tale sentenza i dati dell'Osservatorio ecuadoriano sulla criminalità organizzata, dello Human Rights Watch e del Dipartimento di Stato statunitense che segnalano che "gli omicidi sono aumentati del 429% dalla prima metà del 2019 al 2024 , e l‘Ecuador è diventato uno dei Paesi più violenti dell'America Latina".
Alla luce di tali circostanze, la Commissione ha quindi deciso di riconoscere a Carlos la protezione sussidiaria. "Tale decisione rappresenta la fine di un incubo e l'inizio di una nuova vita, lontana dalla violenza che ha strappato via i suoi familiari", ha concluso l'avvocato a Fanpage.it. "La storia di Carlos testimonia come la scelta di accogliere, a volte, sia l'unica via possibile per salvare una vita".