“Si vive come scarafaggi”: un ex detenuto racconta le condizioni disumane vissute nel carcere di Brescia

"Si vive come scarafaggi, costretti a nascondersi dal sole. Viene il vomito all'interno di quella sezione, di quei corridoi pieni di polvere, dove si fatica anche a respirare. Ma di tutto questo a nessuno importa nulla". A parlare è Walter Monaco, ex detenuto del carcere del Canton Mombello di Brescia, che ha deciso di raccontare a Fanpage.it le "condizioni disumane" che ha vissuto all'interno dell'Istituto, un luogo dove "la mentalità è quella di buttate via la chiave, dove le persone si uccidono e, se escono, lo fanno senza più un'anima".
Alla fine di giugno si è tenuta a Roma l'assemblea della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale che sembra confermare quanto testimoniato da Walter. In tale occasione, infatti, Luisa Ravagnani, Garante dei detenuti nel Comune di Brescia, ha riferito a Fanpage.it di aver avanzato una serie di richieste per fronteggiare l'emergenza che esiste proprio all'interno del Canton Mombello: "Abbiamo chiesto l'indulto per circa 16 mila detenuti con pene brevi e un'apertura delle celle negli orari di maggior caldo perché – con l'abolizione della sorveglianza dinamica – tutti i detenuti che non sono nelle aree a trattamento avanzato devono stare nella propria cella in condizioni di sovraffollamento. Servono ventilatori e servono frigoriferi. Altrimenti d'estate la vita chiusi in cella è drammatica, non si riesce neanche a respirare dal caldo".
L'esperienza di Walter: "C'è chi sta male, chi si dà fuoco, chi si taglia perché non ce la fa più"
Dopo aver ascoltato il punto di vista del Garante, abbiamo voluto raccogliere anche la voce di qualcuno che queste condizioni le avesse vissute sulla propria pelle. È così che abbiamo trovato Walter, uscito dal Canton Mombello nel 2023 ora a casa in misura alternativa, che ha deciso di raccontare la sua esperienza all'interno del carcere a Fanpage.it.
"Ho girato diversi carceri, tra i quali anche il Canton Mombello. Qui si respira un clima del tutto anticostituzionale a partire proprio dall'emergenza caldo", ha iniziato a raccontare Walter a Fanpage.it facendo riferimento all'Articolo 27 della Costituzione che sancisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".
"Come mai l'aria condizionata è installata soltanto negli spazi dove lavora il personale penitenziario? Se è presente vuol dire che di per sé è considerata fondamentale, come accade anche negli ospedali o nelle RSA. Eppure i detenuti non ce l'hanno, viene dato soltanto un ventilatore per cella dove, però, si registrano fino a 40 gradi. È disumano. Una persona esce di testa quando ci sono queste temperature roventi", ha continuato Walter. "Per un periodo ho lavorato nelle cucine del Canton Mombello. Ricordo che mi sono ritrovato ad avere il latte acido, non perché il latte non fosse buono, ma per via del calore che lo scaldava mentre facevamo il giro di distribuzione. Il latte andava male nel giro di un'ora per le altissime temperature. Non potevamo neanche mettere l'acqua in frigorifero perché non c'erano. Per non parlare dello sporco nei corridoi: i pavimenti luridi, pieni di muffa. Con questo caldo asfissiante respiriamo polvere".
In più, "l'ora d'aria viene fatta dall'13:30 alle 15:30. D'estate, però, a quell'ora ci sono oltre 30 gradi. Ci si trova a "camminare" in una conca soffocante", ha continuato Walter a Fanpage.it. "Per rispondere a tutti quelli che dicono: ‘Hanno sbagliato, devono pagare', questo non è pagare, è andare contro la Costituzione perché i detenuti vengono trattati come animali. Agli animali allo zoo vengono concessi più metri quadrati calpestabili di quelli che vengono dati ai detenuti in carcere". Poi, un ricordo che aggrava ulteriormente il quadro già drammatico. "In passato, in un altro carcere, è capitato che ci fosse un caldo soffocante e un ragazzo si è dato fuoco in cella con l'olio di semi di girasole. Si era chiuso e barricato all'interno della cella e si è ucciso. Questo perché? Perché lo Stato non lavora sulle persone, le abbandona, non c'è nessun tipo di percorso di riabilitazione", ha aggiunto Walter.
Per tutto questo, già nel 2013 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) con la cosiddetta "sentenza Torreggiani" aveva condannato l'Italia per le condizioni disumane e degradanti in cui versavano le carceri italiane. "Da allora nulla è cambiato. Marciamo come animali all'interno delle celle nell'indifferenza delle persone", ha rincarato Walter. "È giusto che una persona paghi se ha sbagliato, ma deve farlo in maniera umana. Purtroppo questo non accade perché in Italia c'è una mentalità punitiva. È allucinante: c'è chi sta male, chi si dà fuoco, chi si taglia perché non ce la fa più", ha concluso Walter a Fanpage.it. "Ringrazio di aver avuto la mia famiglia che mi ha sostenuto, ma la maggior parte delle persone che finisce in carcere non ha nessuno. Oggi ho trovato un lavoro: mi occupo del trasporto di ragazzi disabili ed è una cosa che mi riempie. Sono riuscito a rimettermi in sesto, ma sono uno dei pochi. L'uscita dal carcere dovrebbe essere il risultato di un processo di riabilitazione, non il risultato dato dalla variabile delle fortuna". Ma in fondo, "questa è l'Italia che piange Papa Francesco, una persona che lottava davvero per i carcerati". Eppure "di tutto quello che ha detto, nessuno ha ascoltato una sola parola".