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Perde la figlia durante il parto cesareo, la madre vuole giustizia: “Operata troppo tardi”

Dieci anni fa una 31enne ha perso sua figlia al settimo mese di gravidanza. Secondo la donna, i medici dell’ospedale Poma di Mantova le avrebbero fatto il cesareo troppo tardi. Sette di loro sono finiti a processo e sono stati tutti assolti. La madre, però, ha fatto ricorso in Cassazione.
A cura di Enrico Spaccini
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Foto di repertorio
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Una 31enne ha perso la sua terza figlia durante il parto cesareo che, sostiene, le sarebbe stato praticato in ritardo. Arrivata al settimo mese di gravidanza la donna, che era diabetica, aveva avvertito dei dolori intensi alla schiena che le avevano fatto pensare che avrebbe partorito di lì a poco. All'ospedale Poma di Mantova le era stata somministrata una terapia prenatale a base di cortisone. Tuttavia, la glicemia si era alzata notevolmente e, secondo l'accusa, questo portò a una grande sofferenza del feto di cui venne dichiarata la morte "per stress ipossico acuto".

Sette medici dell'ospedale mantovano sono finiti a processo con l’accusa di omicidio colposo in concorso, ma sia in primo grado che in Appello sono stati tutti assolti. La madre della piccola deceduta, però, non si è mai arresa e ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione che esaminerà il caso il prossimo 7 novembre.

Contestato anche il comportamento dell'ospedale

La vicenda raccontata da La Gazzetta di Mantova risale a dieci anni fa e riguarda una donna di origine marocchina che vive a Goito, nel Mantovano. La donna ora vive con suo marito e i loro tre figli, ma ha sempre contestato il comportamento dell'ospedale che non avrebbe mai offerto un risarcimento e nemmeno accettato il tentativo di mediazione dell’avvocato di parte civile.

Inoltre, dopo quel cesareo le era stato detto che molto probabilmente non avrebbe più potuto avere figli. Cosa che le provocò una profonda depressione, fino a quando non rimase incinta del terzo figlio. Dei sette sanitari finiti a processo, tre sono risultati estranei alla vicenda, mentre gli altri quattro sono stati assolti in primo grado, sentenza poi confermata in Appello, "perché il fatto non costituisce reato".

Cosa è successo quella notte di dieci anni fa

La madre e suo marito, però, sono convinti che le condizioni con cui la 31enne era arrivata in ospedale avrebbe dovuto far intervenire subito i medici, e che quindi se avessero praticato prima il cesareo, la loro figlia oggi sarebbe ancora viva.

Quella notte di dieci anni fa la 31enne aveva avvertito alcuni dolori intensi alla schiena. Pensando che avrebbe potuto partorire da un momento all'altro, si è recata all'ospedale di Asola e da lì è stata subito trasferita al Poma. Là i medici le somministrarono una terapia prenatale a base di cortisone. L'obiettivo era stimolare la capacità polmonare del feto prima del parto.

Secondo l'accusa e la relazione del perito di parte, la glicemia era molto alta e questo avrebbe provocato sofferenza al feto. Inoltre, sostengono, se si fosse eseguito il cesareo per tempo si sarebbe evitato che il feto venisse intossicato dallo scambio tra il sangue e la placenta che si era distaccata.

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