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Perché in Lombardia molte aziende non utilizzano le agevolazioni per assumere giovani e donne: i dati

Calano le assunzioni agevolate anche in Lombardia, che nel primo semestre 2025 conta solo il 4,7 per cento di attivazioni agevolate in apprendistato.
A cura di Francesca Del Boca
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Calano le assunzioni agevolate in Italia. E calano anche all'interno della capitale nazionale del lavoro, nella Lombardia locomotiva del Bel Paese. Sono gli ultimi dati dell'Inps, che nel 2025 fotografano un crollo delle misure che incentivano l'ingresso, la stabilizzazione o il reinserimento nel mondo del lavoro di specifiche categorie di lavoratori come donne vittime di violenza o disoccupate da tempo, percettori di assegni di inclusione, over 50 e giovani di età inferiore ai 30 anni.

Solamente nel primo semestre dell'anno si parla insomma di un declino del 68 per cento in meno delle assunzioni, attivate in 8 casi su 100 (era stato solo dell’1,7 per cento tra il 2023 e il 2024): le diverse tipologie di rapporti incentivati rappresentano una quota piuttosto contenuta rispetto al totale delle attivazioni nazionali dal momento che l'apprendistato incide per il 5,2 per cento, l’Esonero giovani per l’1,5 per cento, mentre l’Incentivo Donne solo per l’1 per cento. E non va meglio in Lombardia, appunto: la Regione, guardando al primo semestre 2025, conta solo il 4,7 per cento di attivazioni agevolate in apprendistato e, per gli inserimenti di giovani e donne, rispettivamente, presenta il 2,2 per cento di contratti agevolati con “Esonero giovani” e lo 0,8 per cento con “Incentivo donne”.

Opportunità perse per strada, soprattutto in comparti strategici come agricoltura, costruzioni, intrattenimento e attività culturali. E tutto ciò nonostante il Governo abbia confermato diverse misure anche in vista della prossima manovra finanziaria. Le motivazioni"La limitata conoscenza dei benefici concreti legati agli incentivi, unita alla difficoltà nel conoscere e gestire in modo strutturato le informazioni sui propri dipendenti, impedisce alle aziende di intercettare tempestivamente le opportunità disponibili. A complicare il quadro contribuiscono i ritardi istituzionali nell’applicazione operativa", spiega a Fanpage.it. Bernard Lopez, della società di consulenza Zeta Service. "Sono misure che rispondono a una finalità sociale importante: favorire l'inserimento o il reinserimento lavorativo di categorie fragili o svantaggiate. Tuttavia, il sistema oggi sembra inceppato. È fondamentale prevedere un supporto alle imprese, affinché possano individuare e accedere efficacemente agli incentivi disponibili: sarebbe un vantaggio per tutte e tutti."

La questione, però, è più complessa di ciò che sembra. "Evidentemente gli incentivi non sono più strumenti efficaci per aumentare l'occupazione", sono le parole di Ivan Comotti, segretario generale CGIL Fillea Lombardia. "Il lavoro a tempo indeterminato oggi, in questo Paese, è svalutato. In Lombardia, l'anno scorso, il 55 per cento delle assunzioni è stato a tempo determinato. Senza contare i salari troppo bassi e le competenze delle persone, non adeguate alla profonda transizione tecnologica ed energetica che stiamo vivendo", sempre Comotti.

"Il sistema investe poco nella formazione strutturale e così pure le aziende, che appunto non assumendo più a tempo indeterminato non mettono in campo più politiche a lungo termine sulle capacità e sulle soft skills del dipendente. Abbiamo ancora in testa un mercato del lavoro sempre più digitale ma che guarda più al curriculum che alle potenzialità di una persona". Una transizione che, a Milano, è sicuramente realtà a livello produttivo. Ma che, evidentemente, da qualche parte si è inceppata. "primi a risentirne sono, ovviamente, i giovani. Che si possono formare solo se gli si propone una prospettiva a tempo indeterminato, con salari adeguati e formazione". 

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