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Omicidio di Carmela Fabozzi, arrestato il volontario di un’associazione che si occupa di anziani

Si tratta di un 66enne pluripregiudicato noto per furti e truffe, soprattutto nei confronti degli anziani. Si erano conosciuti mentre il presunto omicida faceva volontariato in un’associazione locale.
A cura di Francesca Del Boca
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È finalmente arrivato un arresto per l'omicidio di Carmela Fabozzi, la 73enne uccisa in casa a Malnate (Varese) e trovata in una pozza di sangue dal figlio, il 22 luglio scorso. Si tratta di un 66enne, fermato su ordinanza emessa dal gip di Varese: un pluripregiudicato noto per furti, reati contro il patrimonio e truffe, soprattutto nei confronti degli anziani.

Un conoscente della vittima, come gli inquirenti avevano ipotizzato fin dal primo momento: si erano incontrati infatti facendo volontariato un’associazione locale, la Anteas, alla quale Carmela Fabozzi si era rivolta per un servizio. Un'associazione, guarda caso, che si occupa proprio di assistenza per anziani che necessitano di accompagnamento sociale, trasporto amico, farmaci a domicilio. La donna in alcune occasioni si era rivolta a servizi di questo tipo.

I vicini di casa e lo sconosciuto

Ha così un nome lo sconosciuto che i vicini di casa avevano visto bussare alla porta di Carmela, nei giorni precedenti all'omicidio e chiedere "della signora Carmela" in giro. Maschio, sui 60 anni: solo questo avevano saputo ricordare i dirimpettai di Carmela Fabozzi che lo avevano visto bussare alla porta della donna intorno a mezzogiorno, mentre le campane della chiesa suonavano. Secondo le analisi del medico legale, quell'orario sarebbe compatibile con quello della morte. Già qualche mese prima lo sconosciuto era stato visto in compagnia della donna: non soltanto, anche la descrizione fornita dai vicini di casa sembra combaciare con l'aspetto dell'indagato.

Il colpo fatale alla testa

Così gli inquirenti, gli investigatori del reparto operativo Nucleo investigativo dei carabinieri di Varese coordinati dalla procura di Varese diretta da Daniela Borgonovo, hanno ricostruito il giorno dell'omicidio. La vittima conosceva il suo assassino: per questa ragione, probabilmente, non c'erano segni di scasso o effrazione. L'abitazione della donna è stata trovata in ordine: gli unici oggetti mancanti erano due telefoni. Secondo il Gip che ha disposto la misura cautelare in carcere, è proprio nei due dispositivi, "entrambi spenti nel giorno in cui si è consolidato il delitto" che si troverebbero ulteriori prove sull'omicida come "messaggi e/o contatti riconducibili all'aggressore".

Resta però ancora avvolto nel mistero il movente. Quello che sembra essere certo, però, è l'arma del delitto: un pesante vaso di vetro blu. Fatale il colpo alla testa, che ha lasciato la donna tramortita per terra. Senza scampo. 

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