Nicolò, studente fuorisede: “Voterò a Milano per il Referendum, ecco perché questa modalità dovrebbe essere definitiva”

Il prossimo 8 e 9 giugno gli italiani torneranno alle urne per votare per il Referendum sul lavoro e la cittadinanza. Sono all'incirca 10 mila le richieste arrivate a Palazzo Marino da parte dei votanti "fuorisede" che quest'anno potranno esprimere il proprio voto senza dover essere costretti a tornare a casa. Tra loro ci sarà anche Nicolò – 24 anni, originario di Catania, da cinque anni studente di Ingegneria Fisica al Politecnico di Milano – che ha raccontato la sua esperienza a Fanpage.it, affrontando il tema del voto e dell'inedita opportunità di poterlo esercitare anche nel Comune dove si è domiciliati, "una possibilità che tiene viva la democrazia".
"Ho fatto richiesta per votare da fuorisede perché sono interessato alle tematiche trattate nei quesiti del Referendum e voglio poter esprimere il mio voto e le mie idee", ha esordito Nicolò a Fanpage.it. "Anche se non fossi stato interessato, avrei comunque fatto richiesta perché credo sia assolutamente sbagliato obbligare gli studenti e i lavoratori fuorisede a dover tornare nelle proprie città di residenza per votare. Per questo, credo sia essenziale partecipare a queste votazioni "sperimentali", per dimostrare che sono importanti e nella speranza che questa metodologia possa essere integrata in via definitiva".
Dopo lo scorso anno, infatti, quando agli studenti fuorisede era stata data la possibilità di votare per le elezioni europee, quest'anno tale opportunità è stata estesa anche a chi per motivi di lavoro è domiciliato per un periodo di almeno tre mesi in un Comune diverso da quello della residenza. A Milano questa "modalità sperimentale", come la definisce Nicolò, ha già dato i suoi frutti dal momento che delle 9.890 domande arrivate a Palazzo Marino, 4.671 sono proprio di studenti e 5.195 di lavoratori fuorisede. Il doppio delle richieste rispetto a quelle ricevute l'anno passato quando a chiedere di votare erano stati "soltanto" 5 mila studenti.
Al di là dell'affluenza, sotteso a questa inedita possibilità di voto c'è, però, un altro tema che riguarda da vicino studenti e lavoratori. "Tornare a casa ha un costo, farlo avrebbe voluto spendere molti soldi. Quando ho controllato i prezzi erano elevanti, si aggiravano intorno ai 150 euro per tornare soltanto due notti", ha continuato a raccontare Nicolò. "In più, essendo uno studente, il periodo di fine maggio, inizio giugno è un periodo pieno di impegni accademici che non mi avrebbero permesso di tornare "serenamente" a casa. E per cosa? Per esercitare un mio diritto, oltre che un dovere. E questo è ingiusto".
Per questo motivo, la possibilità di votare anche nel Comune dove si ha il domicilio "permette a milioni tra studenti e lavoratori di esercitare il proprio diritto al voto senza dover fronteggiare costi e problemi organizzativi che spesso sono proibitivi e impediscono alle persone di andare a votare. E questo è un dato che è chiaramente visibile osservando le percentuali di aventi diritto che effettivamente si sono recate a votare in passato", ha rincarato in merito Nicolò. "Chiaramente questa situazione non nega formalmente il diritto al voto ai fuorisede, ma renderlo volutamente difficile e costoso, nonostante esistano metodi per evitare tali problemi, sarebbe da considerarsi quasi anticostituzionale, oltre che a un espediente che – di fatto – allontana le persone dalla politica".
"Votare è un diritto e un dovere civico, è il modo più chiaro e diretto per esprimere le proprie preferenze e serve a tenere viva e legittima la democrazia", ha concluso Nicolò a Fanpage.it. "È l'unico modo civile per poter cambiare le cose e avere un impatto sulla vita di tutti i giorni, specialmente in casi come quello del Referendum dell' 8/9 giugno".