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Nasce con malattia metabolica, ma viene curato troppo tardi: condannata la Fondazione del San Gerardo di Monza

La ‘Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma’, confluita nel 2023 nell’Irccs San Gerardo, è stata condannata al pagamento di 4 milioni e 600mila euro di risarcimento alla famiglia di un bimbo nato con una grave malattia metabolica. Per il Tribunale, la diagnosi è arrivata troppo tardi.
A cura di Enrico Spaccini
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Immagine di repertorio
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Il Tribunale Civile di Monza ha condannato la ‘Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma', poi confluita nel 2023 nell'Irccs San Gerardo, al pagamento di un risarcimento di 4 milioni e 600mila euro a un ragazzo, e alla sua famiglia, al quale non era stata diagnosticata tempestivamente una grave malattia metabolica. Secondo quanto emerso nel corso del processo, i medici avrebbero avuto tutti gli elementi per riconoscere i sintomi della iperammoniemia appena dopo la nascita del bambino, ma se ne sarebbero accorti solo tre giorni dopo, quando ormai era troppo tardi per contenere le conseguenze. Ora 14enne, il ragazzo ha riportato danni cerebrali gravissimi, oltre ad aver subito un trapianto di fegato, e l'Inps lo ha dichiarato invalido al 100 per cento, riconoscendogli l'indennità di accompagnamento.

Stando a quanto ricostruito, nel 2011 era venuto al mondo un bambino che, sin da subito, avrebbe mostrato sintomi di iperammoniemia, una malattia metabolica che consiste in un difetto dell'urea che porta a un accumulo di ammoniaca nel sangue, sostanza tossica per il cervello. Già uno dei documenti clinici, agli atti del processo, citava il "rischio metabolico", ma i medici avrebbero seguito questa pista solo tre giorni dopo.

Per il giudice Carlo Albanese del Tribunale Civile di Monza, "un tale mancato tempestivo intervento ha avuto un ruolo fondamentale nella gravità del danno". Infatti, l'avvio tempestivo della detossificazione avrebbe rallentato "l’accumulo dei livelli di ammonio nel sangue, riducendo così proporzionalmente il danno encefalico". Come riportato dal Corriere della Sera, secondo i periti sarebbe stato sufficiente iniziare la terapia farmacologica anche solo 12 ore prima e avrebbero "con elevata probabilità evitato un grave danneggiamento delle cellule cerebrali".

In base a questa ricostruzione, il Tribunale Civile ha condannato per omissione terapeutica e ritardo diagnostico la Fondazione al pagamento di un risarcimento da 4 milioni e 600mila euro al ragazzo e alla sua famiglia, assistiti dall'avvocato Bruno Sgromo, che comprendono danni e spese legali. A questa cifra andranno, poi, sommati gli interessi maturati in questi 14 anni.

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