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Omicidio Carol Maltesi

Il movente non importa, niente può rendere meno brutale il femminicidio di Carol Maltesi

Che Carol sia stata uccisa al termine di una lite o di un gioco erotico non ci dovrebbe importare. Chiediamoci piuttosto perché in Italia continuiamo a fare la conta delle donne uccise.
A cura di Giorgia Venturini
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Tutti a caccia del movente. Forse perché è l'ultima risposta che manca per completare tutti i tasselli del terribile omicidio di Carol Maltesi, la 26enne uccisa dall'ex fidanzato e vicino di casa Davide Fontana. L'unico dubbio dei tanti particolari ormai sempre più certi: quello che gli investigatori sanno è che il banchiere di 43 anni – come da lui confessato durante l'interrogatorio davanti alle autorità giudiziarie – ha prima ucciso la ragazza con delle martellate, poi le ha tagliato la gola. L'ha smembrata in 15 parti e l'ha nascosta in un congelatore per due mesi. Infine ha chiuso tutto il corpo in sacchi della pattumiera e li ha gettati tra le montagne bresciane. Perché ha commesso queste atrocità? In un primo momento si è parlato di una lite finita male poi lo stesso vicino di casa avrebbe detto di averla uccisa a martellate al termine di un gioco erotico.

Ma la vera domanda è: ci interessa veramente sapere perché lo ha fatto? Che si sia trattato di una lite o di un gioco erotico purtroppo non fa la differenza. Carol è morta, vittima di una violenza omicida che non merita alcuna giustificazione. Sarà il giudice a decidere la sentenza, ma ad oggi più che sul movente è giusto concentrarci sul perché in Italia assistiamo a un femminicidio dietro l'altro. Perché uccidono? Si pentono? Confessano di loro spontanea volontà? Sono dettagli che dovrebbero interessare solo in Tribunale. L'opinione pubblica si dovrebbe concentrare su altro. I fatti raccontano sempre di una ragazza uccisa, vittima quasi sempre della violenza di un ex fidanzato. Quindi piuttosto che domandarci perché hanno impugnato un coltello o un martello, chiediamoci perché in Italia continuiamo a fare la conta delle donne uccise. Qualcosa deve cambiare nella cultura italiana, questa è l'unica certezza che abbiamo.

Un femminicidio brutale come questo merita l'attenzione di tutti e la denuncia pubblica di istituzioni, da sindaci alle alte cariche dello Stato. Storie come quella di Carol meritano una presa di posizione di italiani e italiane: che sui più importanti palchi nazionali ci siano anche gli uomini a gridare no alla violenza sulle donne, che siano anche loro a indossare scarpe rosse o a postare video denuncia sui social. Che siano le domande su come possiamo cambiare la società a richiedere tutte le attenzioni. Perché, francamente, se Carol sia stata uccisa al termine di un gioco erotico o al termine di una lite non cambia nulla. Carol non c'è comunque più.

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Sono giornalista professionista dal 2020, ma faccio questo lavoro da molto più tempo. Nel settembre del 2020 sono arrivata a Fanpage.it inserendomi nella squadra della cronaca di Milano. Da anni mi occupo di criminalità organizzata soprattutto in Lombardia e di problemi ambientali: due tematiche che spesso si intrecciano tra di loro. Da un anno curo il progetto www.stampoantimafioso.it, un giornale online che si occupa di mafia e antimafia e che seguo insieme ad altri giornalisti e ricercatori che come me si sono laureati in Sociologia della criminalità organizzata.
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