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Il glaciologo che vivrà 13 mesi in Antartide: “Vivo al freddo, al buio e isolato, ma sento di aver vinto un Nobel”

Gabriele Carugati, ricercatore dell’Università Insubria e scienziato al Polo Sud, è stato riconfermato station leader per la campagna alla base Concordia in Antartide, dove passerà i prossimi 13 mesi. A Fanpage.it ha raccontato com’è la sua vita in un mondo fatto di ghiaccio.
A cura di Vittoria Brighenti
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A sinistra: Gabriele "Lele" Carugati al Polo Sud, a destra: alcune provette con materiale raccolto durante i suoi progetti di ricerca
A sinistra: Gabriele "Lele" Carugati al Polo Sud, a destra: alcune provette con materiale raccolto durante i suoi progetti di ricerca

Ormai la sua vita è a -80 gradi tra i ghiacci del Polo Sud. Gabriele Carugati, uno degli scienziati della base Concordia in Antartide, si sta preparando a passare altri 13 mesi nel continente antartico. Questa, come altre campagne svolte in passato dallo stesso Carugati sono le missioni italiane condotte nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, da ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi.

Il 45enne di Como, ricercatore dell'Università Insubria, è inoltre stato riconfermato station leader della base, costruita e gestita in collaborazione con la Francia. Durante questi mesi, oltre a continuare a fare ricerca, lui e il team dei ricercatori saranno i custodi di questa stazione. Gabriele Carugati ha nuovamente raccontato a Fanpage.it, perché lo aveva già fatto gli anni scorsi, la sua vita in un mondo fatto di ghiaccio.

Com’è stata l’esperienza dell’ultima compagna e di cosa ti sei occupato?

La scorsa campagna il mio ruolo era quello di glaciologo, chimico dell'atmosfera e in più ero station leader: gestivo la base, il coordinamento dei progetti di ricerca e un team composto da 13 persone. Ci sono mesi di addestramento, in cui ci si conosce e si organizza il tutto prima della partenza. Nel periodo invernale portiamo avanti i progetti veri e propri alla base. È stata una gran bella esperienza, sia con te stesso perché devi convivere con la tua testa, ma anche con gli altri. È come un “Grande Fratello” ma senza telecamere, bisogna imparare a convivere. Subentrano un sacco di cose, tutto è amplificato, anche quelle più piccole possono portare a discussioni, anche solo una tazzina fuori posto.
Anche abituarsi al cibo è una questione particolare. Ci sono molte cose da mangiare di diversa varietà, ma chiaramente in un certo momento finiscono, come le uova fresche. È magica come cosa perché una volta che le uova sono finite, e potresti sopravvivere tranquillamente anche senza, comincia la fissa sul perché non le puoi avere. Tutto ricade nella scelta di qualcosa che non dipende da te ma da qualcos'altro. Quindi insomma, ti devi un po' abituare fino alla fine. Poi ritorni in Nuova Zelanda, che è la prima zona civilizzata che vedi dopo qualche mese e e ti sei già dimenticato del problema.

Gabriele Carugati all’interno della sua stazione base
Gabriele Carugati all’interno della sua stazione base

Puoi raccontare una tua giornata tipo?

Non c'è una routine, il pranzo e la cena sono gli unici momenti che facciamo a orari fissi e in cui cerchiamo di esserci tutti. Io mi svegliavo verso le 6 e mi preparavo per uscire e lavorare all'esterno verso le 10.30. Bisogna considerare che non puoi restare all'aperto per più di 20 minuti di fila, ogni volta devi poi rientrare e riscaldarti, quindi questo dilata il tempo effettivo che serve per svolgere un lavoro all'esterno. Poi andavo nei rifugi per fare le attività di ricerca, prendevo gli strumenti e rientravo per il pranzo.
Il pomeriggio era invece dedicato alla parte amministrativa, io poi avevo una serie di commissioni da fare con le scuole per il progetto Ausda ("Adotta una scuola dall'Antartide"), un progetto bellissimo dove le scuole avevano la possibilità di prenotare il giro della nostra base, gli spiegavo che cosa facevamo e poi rispondevo a molte domande. Quello mi portava via tempo. Infine si cenava e c'era tempo per stare tutti insieme. Io ho un figlio, quindi spesso andavo in camera per sentirlo e per passare del tempo, seppure a distanza, insieme a lui. Avere una connessione satellitare e poter sentire le persone a casa ci ha aiutato a superare le difficoltà.

Ci sono stati degli esperimenti o delle rilevazioni che sono stati particolarmente importanti?

Tutti si aspettano che quando andiamo lì facciamo la scoperta del secolo. In realtà l'obiettivo principale di queste stazioni è la ricerca e lo sviluppo di nuovi nuovi materiali o di nuove tecniche. Noi raccogliamo costantemente dati per l'osservatorio meteorologico permanente usati per determinare quello che è il trend. Da esso, capiamo come si sta evolvendo il pianeta, come si sta comportando e qual è effettivamente l'effetto antropico rispetto a quella che è la normale evoluzione naturale.

Qual è stato l'insegnamento più grande che ti ha lasciato questa esperienza?

A livello personale ho imparato a valutare le situazioni per quelle che realmente sono, a prendermi il tempo necessario per pensare e a fare una valutazione oggettiva, cosa che prima invece magari non facevo perché ero più impulsivo. A livello professionale e per il lavoro che faccio, sento di aver vinto il Nobel perché questo è il centro di ricerca più remoto. Do il mio contributo, imparo e miglioro, quindi non potrei essere più contento di così.

Il regalo che l’Antartide ha fatto a Gabriele Carugati il giorno del suo compleanno
Il regalo che l’Antartide ha fatto a Gabriele Carugati il giorno del suo compleanno

Passiamo al futuro, sappiamo che sei stato convocato per la nuova campagna, che hai passato le visite, l'addestramento e sei stato riconfermato station leader. Parti il primo novembre per 13 mesi in Antartide. Quali sono i nuovi obiettivi e le nuove aspettative per la prossima campagna?

L'obiettivo principale è quello di vivere questa campagna come se fosse la prima: cercare di evitare di avere dei pregiudizi o di vivere troppo di quello che è stata l'esperienza precedente. Per quanto riguarda l'ambiente non ci sono tante differenze: fa freddo, buio e sei isolato. Vorrei tenere a mente le cose che mi possono servire per migliorare e per gestire meglio la base e l'attività di ricerca. Non voglio affrontare il tutto senza fare paragoni. Alle spalle ho già l'esperienza di un'altra campagna, è come se facessi di nuovo lo stesso sentiero: so già dove devo arrivare, quali saranno le parti difficili, quelle in cui devo mettere più impegno, ma comunque è una nuova avventura e va vissuta per quella che sarà.

Ci sono dei cambiamenti e delle novità rispetto alla campagna passata? 

Alcuni progetti di ricerca sono finiti, altri rimangono e ce ne saranno di nuovi. Ciò dipende non dalla volontà delle persone ma dall'andamento, da quante attività si riescono a fare nel periodo estivo, dal clima che troviamo lì, dalla visibilità e altri fattori. Noi chiaramente cercheremo di fare il tutto nel migliore dei modi. Il team con il quale lavorerò è ben strutturato, li ho conosciuti nel periodo di addestramento e penso che si lavorerà bene.

In un contesto del genere, quindi di isolamento, buio e freddo, cosa deve fare un leader?

Innanzitutto deve coordinare, è l'anello di congiunzione tra il team che fa il lavoro, i centri di ricerca o il comitato organizzativo operativo Concordia. Poi fa da mediatore, nel mio caso spero di non doverlo fare troppo spesso, però capita a volte che che ci siano degli attriti. La chiave che apre tutte le porte è la comunicazione. Anche perché dal primo di febbraio fino a ottobre nessuno se ne va e nessuno ti viene a prendere. Quindi, quello che devi gestire lo devi fare lì.

Passiamo a qualcosa di un più personale. Com'è nata la passione per la ricerca scientifica e per l'ambiente polare?

Da quando sono piccolino mi ha sempre affascinato l'incognito, il vedere cosa c'è "dietro la curva". C'è una mia foto da bambino al mare in cui ho le braccia appoggiate sui fianchi che guardo l'orizzonte. Mia mamma ha fatto la foto e poi mi ha chiesto cosa stessi guardando. Io, così piccolo, mi sono girato e ho risposto: "Io devo andare a vedere cosa c'è lì sotto". Quindi andare "oltre la curva" è sempre stata la mia prerogativa.

Quali competenze ritieni fondamentali per lavorare in un ambiente del genere?

A parte le competenze professionali, a livello personale lo spirito di adattamento. Bisogna essere in grado di capire ciò che è essenziale e non essere rigido, perché ciò porta solamente al conflitto. In un'esperienza di questo tipo non hai il pulsante rosso che schiacci e dici "Me ne vado, abbandono tutto". Devi arrivare alla fine, in un modo o nell'altro.

Gabriele Carugati in Antartide, dove la temperatura si aggira intorno ai –96 gradi percepiti
Gabriele Carugati in Antartide, dove la temperatura si aggira intorno ai –96 gradi percepiti

Che cosa diresti a un giovane studente che vorrebbe fare il tuo stesso lavoro?

È quello che dico quando vado nelle scuole, di solito esordisco con "Guardate, ho quattro orecchini, sono tatuato e non sono mai stato un santo". Con questa frase catturo l'attenzione di più della metà dei ragazzi che si danno per spacciati e dicono "Io non ce la farò mai". Quello che conta è avere una passione e trasformarla in lavoro da svolgere con impegno: scegliete un lavoro che vi piace e diventate più bravi. E poi mettetevi in gioco. Quando parlo ai ragazzi, se anche arrivassi a uno o due su un auditorio di 300 sarebbe un successo per me.

Dove ti vedi tra cinque o dieci anni? Pensi che farai un lavoro diverso oppure no?

Io spero di rimanere nella ricerca e in questo settore: che sia nella nella direzione di un laboratorio, che sia in un'avventura sul campo, magari anche al Polo Nord, non sempre al Polo Sud. Sono i miei obiettivi, ma vediamo cosa mi riserva il futuro.

Il paesaggio da cartolina al Polo Sud
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