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Il caso del gioielliere ucciso a Padenghe: dopo 28 anni, condannato Alessandro Galletta per il Dna su una calza

Il gioielliere Carlo Mortilli era stato ucciso nel maggio del 1997 da tre uomini nel parcheggio dell’hotel West Garda di Padenghe (Brescia). Due sono stati condannati in via definitiva nel 2008, il terzo è stato incastrato 28 anni dopo per il Dna trovato su una calza che avrebbe usato come passamontagna.
A cura di Enrico Spaccini
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Carlo Mortilli e il luogo del delitto
Carlo Mortilli e il luogo del delitto

La Corte d'Assise di Brescia ha condannato in primo grado a 16 anni di reclusione Alessandro Galletta per omicidio. Stando a quanto ricostruito dalle indagini, il 53enne ha partecipato nel maggio del 1997 all'agguato nel parcheggio dell'hotel West Garda di Padenghe (in provincia di Brescia) in cui rimase ucciso il gioielliere Carlo Mortilli. La Procura aveva chiesto l'ergastolo contestandogli l'aggravante teleologica, cioè di aver agito per garantirsi l'impunità negli ultimi 28 anni, ma i giudici, presieduti da Cristina Amalia Ardenghi, hanno riconosciuto prevalenti le attenuanti generiche.

L'omicidio Mortilli

La sera del 21 maggio 1997, Mortilli venne attirato da un uomo in una trappola nel parcheggio dell'hotel West Garda di Padenghe. Là era stato assalito da altri due soggetti: uno gli rubò la valigetta che conteneva diversi orologi preziosi, l'altro gli sparò un colpo di pistola uccidendolo. Due di loro erano stati identificati in breve tempo e, infine, condannati in via definitiva nel 2008. Il terzo che partecipò all'agguato e il quarto complice che li aspettava in auto per anni sono rimasti senza un nome. All'inizio Galletta era stato indagato perché sospettato di essere il terzo uomo, ma la sua posizione era stata archiviata per insufficienza di prove.

Come ha spiegato il pm Francesco Carlo Milanesi durante la sua requisitoria, le indagini hanno avuto una svolta grazie alla banca dati nazionale del Dna. Per il perito del Tribunale, è "estremamente probabile" che sia di Galletta il profilo genetico che è stato isolato su una calza di nylon recuperata a circa 300 metri dal luogo del delitto, 400 metri da casa del 53enne e 700 dalla discoteca in cui faceva il buttafuori ("689 milioni di volte più probabile che sia stato generato dall’imputato piuttosto che da un estraneo"). Per l'accusa, Galletta avrebbe usato quella calza come passamontagna durante l'agguato.

La richiesta della Procura e la decisione della Corte

La Procura ha chiesto per Galletta la condanna all'ergastolo: "Collocazione e tempo del reperto sono coerenti con l’utilizzo di quella calza per commettere l’omicidio", ha detto ancora il procuratore, "non c'è altra spiegazione. Galletta viveva in zona e aveva contatti con l’esecutore materiale del delitto". Al 53enne è stata contestata anche l'aggravante teleologica: "In tutti questi anni non ha mai mostrato segni di resipiscenza. La distanza temporale gli ha consentito invece di accomodarsi in un senso di impunità, senza alcuna rivisitazione critica", ha dichiarato il magistrato.

I difensori di Galletta, gli avvocati Antonio Invidia e Giovanni Chincarini, hanno chiesto l'assoluzione. Per i legali, lui non avrebbe "fatto proprio nulla e contro di lui non ci sono prove certe" e, per quanto riguarda la calza, il Dna "non è databile" e comunque "da sola non è sufficiente per condannarlo". La Corte d'Assise, infine, lo ha condannato in primo grado a 16 anni, riconoscendo le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante contestata. Dopo la pubblicazione delle motivazioni, la difesa potrà ricorrere in Appello contro la sentenza.

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