Esonda il Seveso, 90enne perde la casa. I figli: “Era il suo posto sicuro, come le diciamo che ha perso tutto?”

Tragedia sfiorata a Lentate sul Seveso (Monza e Brianza), dove una signora di 90 anni ha perso la casa in cui viveva da una vita e ha rischiato di farsi molto male durante le operazioni di soccorso, in cui è caduta dal gommone che la stava portando in salvo. “Nessuna colpa ai soccorritori – dicono a Fanpage.it i figli Paola e Luigi Caspani -, ma quell’acqua doveva restare negli argini del fiume”.
A cura di Chiara Daffini
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"Abbiamo vissuto quattro grandi alluvioni, ma mai nessuna è stata devastante come quella del 22 settembre 2025", dicono a Fanpage.it Paola e Luigi Caspani mentre cercano di salvare il (poco) salvabile dalla casa della mamma 90enne Tina, a Lentate sul Seveso (Monza e Brianza). Qui l'ultima esondazione del fiume Seveso ha lasciato distruzione e dolore: "Era la casa di una vita – continuano Paola e Luigi -, l'avevano costruita papà e zio sessant'anni fa: come diciamo a nostra madre che ora non ha più niente?".

L'anziana donna durante le operazioni di soccorso ha anche subito un infortunio: "La stavano trasportando sul gommone mentre io aspettavo l'elicottero – ricorda Luigi, presente al momento dell'evacuazione -, forse per il vento generato dalle eliche il canotto si è ribaltato con mia madre sopra". Per fortuna la signora, che oggi si trova ricoverata in ospedale, non ha riportato gravi conseguenze cliniche, ma resta l'amarezza dei figli: "Non diamo certo la colpa ai soccorritori intervenuti per aiutarla, il problema è che quell'acqua doveva restare al suo posto e cioè nel fiume o al massimo nelle vasche di laminazione".

Cos'è successo il 22 settembre

Riavvolgendo il nastro, le forti precipitazioni cominciate nella notte tra domenica 21 e lunedì 22 settembre in poco tempo hanno portato il fiume Seveso, che lambisce i territori a nord di Milano, a un livello allarmante: "Poco dopo le 8 – racconta Luigi Caspani -, mi ero già reso conto che la situazione rischiava di degenerare, tanto che avevo telefonato a mia sorella, che vive a Firenze, per chiederle di raggiungerci. Stavo cercando di mettere in salvo alcuni attrezzi in cantina quando ho iniziato a sentire il fruscio dell'acqua: era già arrivata all'abitazione di mia mamma".

A questo punto Luigi pensa a mettere in salvo mamma Tina: "Il solaio – spiega – ha un'altezza da terra di tre metri, l'ho portata lì convinto che saremmo stati al sicuro, perché mai prima l'acqua era arrivata oltre la cantina e l'inizio del pianterreno". Invece: "Nel giro di poco ho visto che il fiume saliva fino a oltre la metà delle scale che portano in soffitta, cioè circa due metri. A quel punto, in contatto con i soccorritori, si è deciso per l'evacuazione".

"Tra l'altro – aggiunge Paola – eravamo io e mio marito da Firenze al telefono con i vigili del fuoco, perché a mio fratello non rispondeva nessuno, è un paradosso". Nel giro di poco si mobilita comunque la macchina dei soccorsi per trarre in salvo Luigi e la mamma: "Ho chiesto che la portassero con il gommone e non con l'elicottero, vista la sua età e alcuni problemi di salute – spiega Luigi -. Hanno prelevato prima lei, così io nel frattempo ho potuto assistere alle operazioni dal tetto della casa, dove stavo aspettando l'elicottero che invece avrebbe trasportato me".

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"La mamma ha dovuto camminare con l'acqua che le arrivava al seno fino al gommone, io intanto ero stato agganciato per salire sull'elicottero".  Ed è proprio in quel momento che Luigi vede il canotto ribaltarsi: "Credo sia stato per la movimentazione d'aria generata dalle eliche – ipotizza Luigi -, ma ripeto: i soccorritori non hanno alcuna colpa, erano lì per aiutarci. Semmai c'è stato un cattivo coordinamento, ma alla base il problema resta il fiume che invade le nostre case con una facilità sempre più disarmante".

Perdere tutto a 90 anni

Tina è stata subito portata in ospedale: "Aveva ferite alla testa e una frattura composta alla prima vertebra cervicale – riferiscono i figli -. Fisicamente si riprenderà, ma a livello psicologico non sappiamo come reagirà quando si renderà conto che non ha più niente. Adesso è consapevole che la sua casa non è agibile, ma crediamo non si sia resa conto fino in fondo che potrebbe non riuscire più ad abitarci".

"Aveva voluto restare in quell'abitazione anche dopo la morte di nostro padre – ricorda Paola -, nonostante le avessimo proposto un alloggio più piccolo e confortevole in città. Questa casa – dice spalando fango dal pavimento – l'avevano costruita mio padre e mio zio, muratori. Le alluvioni del 2014, a luglio e a novembre, erano state decisamente meno distruttive di questa, ma avevano traumatizzato mio padre: è morto nel 2019 e non parlava d'altro se non della rabbia per quell'acqua sporca che gli aveva rovinato la casa. Aveva trascorso tutta l'estate a pulire, perfino i chiodi: meno male che non ha visto quello che è successo ora".

In soffitta sono accatastati i resti di quei ricordi tanto preziosi: l'album di matrimonio dei genitori e le foto di famiglia, che Paola cerca di asciugare proteggendole con la carta assorbente, le letterine a Babbo Natale delle figlie ormai cresciute, perfino le prime ecografie. "Per fortuna sono arrivati alcuni volontari mandati dal parroco ad aiutarci, ma per il resto non abbiamo visto nessuno".

E le vasche di laminazione?

Proprio a Lentate sul Seveso dovrebbe essere attivata una vasca di laminazione, che però è ancora in fase di realizzazione, così come quella di Paderno Dugnano (Milano) – Varedo (Monza e Brianza). È stata invece appena resa operativa quella di Senago (Milano), ma al 60 per cento. Infine la vasca del parco Nord di Milano, attiva dal 2023, durante l'ultima esondazione sarebbe stata danneggiata in una delle sue paratie dall'enorme quantità di acqua, che ha superato – stando a quanto annuncia sui social l'assessore alla Opere Pubbliche, Protezione Civile e Cura del territorio del Comune di Milano, Marco Granelli – la capienza massima della vasca, circa 260mila metri cubi.

La vasca di laminazione in fase di realizzazione a Lentate sul Seveso
La vasca di laminazione in fase di realizzazione a Lentate sul Seveso

Le vasche di contenimento, ha spiegato in una recente intervista a Fanpage.it Gianfranco Becciu, professore di Costruzione idraulica al Politecnico di Milano, sono sì utili per contrastare gli allagamenti di origine fluviale, ma "il problema di queste vasche è quello di essere rigide dal punto di vista del funzionamento: una volta progettate e realizzate, funzionano nel modo in cui sono state pensate, ma sono poco capaci di adattarsi ai cambiamenti che avvengono nel tempo, come il cambiamento climatico e quello territoriale. Perché se le aree urbane si estendono continuamente e anche velocemente, trasformando i terreni naturali in terreni impermeabili, è chiaro che la quantità di acqua che si riversa in questi territori e che viene raccolta dai corsi d'acqua aumenta al punto tale da non essere più convogliabile negli argini fluviali".

In sintesi, quindi, è necessario lavorare più sulle cause che sugli effetti, ponendo limiti alla cementificazione per ridare al terreno quella permeabilità che impedirebbe alle acque di invadere e distruggere case e strade.

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