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È il ministero dell’Interno a volere i richiedenti asilo accampati davanti alla Questura di Milano

Un documento di cui Fanpage.it è entrato in possesso dimostra che è il ministero dell’Interno a creare le condizioni per cui i rifugiati politici debbano accamparsi fuori dalla Questura di Milano per richiedere asilo politico.
A cura di Francesco Maviglia
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Nonostante le nuove regole previste dalla Questura di Milano, continuano i disagi e le tensioni tra richiedenti asilo e forze dell’ordine per regolare l’accesso all’ufficio Immigrazione di via Cagni. I rifugiati politici sono ancora, da mesi, costretti ad accamparsi giorno e notte nella speranza di accaparrarsi uno dei pochi posti a disposizione per presentare domanda di asilo politico.

Un diritto, internazionalmente riconosciuto, che qui viene negato: ai cittadini stranieri dovrebbe, infatti, essere sempre permesso chiedere lo status di rifugiato politico. Poi, un'apposita commissione, valuterà la richiesta e, in caso di diniego, la persona dovrà abbandonare il Paese.

A Milano (e nel resto d'Italia), invece, questo diritto viene di fatto negato: vengono raccolte poche domande (circa 300) una volta ogni quindici giorni. Di conseguenze i richiedenti asilo sono costretti ad accamparsi davanti all'ufficio della Questura, che infatti è stato trasferito dal centro città alla periferia per non creare disagio alle spalle dell'elegante quartiere di Brera.

In via Cagni, però, la situazione diventa spesso esplosiva: i richiedenti asilo, che magari si sono dovuto accampare lì per diverse settimane, tentano a tutti i costi di entrare. La polizia li manganella. E nessuno, neanche il Comune di Milano, fa nulla per supportarli durante le notti di attesa, al freddo.

Una situazione di disagio e di pericolo che è stata volutamente creata dal Ministero dell'Interno, quando era ancora guidato da Luciana Lamorgese, e perpetuata dal nuovo ministro, Matteo Piantedosi. Un documento, di cui Fanpage.it è entrato in possesso, lo dimostra.

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In molti tra associazioni, avvocati, attivisti, parlamentari hanno più volte espresso perplessità sull’assenza di un sistema di prenotazione online, che permetterebbe ai richiedenti asilo di presentarsi in modo ordinato e meno caotico rispetto alla situazione attuale.

Sarebbe in effetti sufficiente prevedere quantomeno la possibilità di prenotare l'appuntamento tramite internet per evitare le code in via Cagni, con i conseguenti problemi di ordine pubblico che si vengono a creare. Ma il Ministero non vuole che venga fatto.

Nella circolare con oggetto "Sistemi di calendarizzazione appuntamenti presso gli Uffici Immigrazione" protocollata il 9 aprile del 2021, il Dipartimento della Pubblica Amministrazione scrive ai Questori di tutta Italia: "Le SSIL sono invitate ad adottare con effetto immediato e senza eccezione alcuna, ogni misura idonea a impedire l’utilizzo e la pubblicazioni su siti istituzionali di sistemi di prenotazione".

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Un sistema di prenotazione online sarebbe quindi possibile, ma la direttiva a firma dell’allora capo della polizia Lamberto Giannini intima alle Questure italiane: "Tutti gli stranieri che intendono proporre domanda di soggiorno (…) devono presentarsi presso l’Ufficio di immigrazione per la loro immediata e necessaria identificazione".

E il documento spiega anche la motivazione: "I migranti giunti sulle coste italiane e sottoposti a quarantena anti-covid avevano già fissato per il prossimo 9 agosto un appuntamento presso una Questura del nord Italia per la registrazione della domanda di protezione internazionale”.

Uno sparuto gruppo di migranti, scopriamo quindi, ha ottenuto un appuntamento per richiedere protezione internazionale e lo ha fatto da una “nave quarantena”, usate ai tempi della pandemia da Covid-19. E per questo il Ministero preferisce far stare centinaia di persone a dormire al freddo.

In realtà, peraltro, le navi quarantena sostano in acque nazionali italiane e pertanto chi vi è a bordo avrebbe tutto il diritto di fissare l'appuntamento, visto che è già in territorio italiano. E comunque oggi non esistono neanche più e quindi non si capisce che senso abbia.

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