Condannato a 21 anni di carcere lo stupratore seriale di Legnano: rapiva le sue vittime ai semafori
È stato giudicato responsabile di quattro violenze sessuali, tre sequestri di persona, due rapine e lesioni nei confronti di quattro donne aggredite mentre facevano rifornimento nelle stazioni di servizio tra la provincia di Varese e Milano nel luglio scorso. Ora Thomas Andreose, un cittadino italiano di 36 anni residente a Legnano, è stato condannato a 21 anni di carcere dalla Corte d'Assise del Tribunale di Busto Arsizio, in provincia di Varese. I giudici hanno ridotto di tre anni la pena richiesta dal pubblico ministero Massimo De Filippo che ha coordinato le indagini che hanno portato all'identificazione e all'arresto del presunto predatore sessuale: il giudice ha tenuto conto della tossicodipendenza con cui convive l'uomo da anni.
Le violenze sessuali dopo tre mesi aver scontato un'altra condanna per lo stesso reato
Il 36enne aveva commesso le ripetute violenze tre mesi dopo aver finito di scontare una precedente lunga condanna proprio per violenza sessuale e mentre era in custodia ai servizi sociali: la pena, infatti, come riporta il Corriere della Sera, risulta così alta proprio per "il clamoroso fallimento del percorso rieducativo da lui seguito negli anni trascorsi in carcere". Per il giudice, dunque, "la necessità di orientare la commisurazione della pena riguarda non solo alla funzione rieducativa (la quale rimane sempre e comunque lo scopo principale che una sanzione penale deve avere e che deve ispirare le decisioni di ogni giudice), ma anche alla sua funzione special-preventiva, finalizzata a contenere l’estrema pericolosità sociale dell’imputato".
Rapiva le sue vittime ai distributori di benzina e ai semafori
Stando a quanto precisato dagli investigatori, l'uomo avrebbe violentato quattro donne tra Busto Arsizio, Legnano, Parabiago e Castellanza. E il modus operandi era sempre lo stesso: prendeva di sorpresa le sue vittime mentre erano ferme a un distributore di benzina o al semaforo. Aggrediva le donne in auto, le costringeva a guidare fino a un luogo appartato e lì le violentava per poi abbandonare la vittima e fuggire con l'auto. Il 36enne però si è sempre ritenuto innocente precisando che "non sono io il responsabile delle aggressioni, quello è un mostro e io sono solidale con le vittime". A incastrare l'uomo sarebbero stati però proprio i racconti delle donne e i tabulati telefonici che hanno localizzato il suo cellulare nei luoghi delle aggressioni. Oltre che al suo Dna trovato una volta sul corpo della vittima e su un auto dimenticato in una delle auto. Per questo motivo l'imputato è stato condannato anche per sequestro di persona, rapina aggravata e lesioni personale. Tanto che una delle vittime "a causa delle percosse, subì una malattia che l'ha resa incapace di lavorare e attendere alle ordinarie occupazioni per più di 40 giorni". Motivi per cui ora è scattata una pena in primo grado di 21 anni.