Con la chiusura del Plastic a Milano finisce un’epoca, La Stryxia: “I club notturni sono in crisi”

Dopo una storia lunga quarantacinque anni il Plastic non c'è più. Il locale ha annunciato la sua chiusura definitiva lasciando un vuoto nella vita notturna milanese, a poche settimane dallo sgombero del Leoncavallo, altro luogo simbolo della città meneghina. Andare a ballare al Plastic significava essere nel posto alternativo per eccellenza, una discoteca caratterizzata da libertà espressiva e apertura mentale.
Tanto da aver attratto alcune delle icone più importanti dello spettacolo come Madonna, Freddie Mercury, Andy Warhol, Elton John. Figure come Keith Haring e Grace Jones prendevano l'aereo di proposito e alloggiavano a Milano solo per andare a ballare al Plastic. Nel 2012 c'è stato il grande cambiamento di location: dalla sede storica in via Umbria a una zona della periferia sud: gli anni d'oro erano già superati, ma il locale ha continuato ad avere un ruolo importante per altri tredici anni. Uno dei volti più noti del locale è Graziano Sani, in arte La Stryxia, dj "en travesti" che da fine anni Novanta ha allietato le serate di migliaia di giovani.

La Stryxia, sei uno dei volti più noti del locale, quando è iniziata la tua esperienza e che ricordi hai dei primi tempi?
Ho iniziato l’avventura nel 1999, con Sergio Tavelli, e la serata "House of bordello" è durata una quindicina d’anni. Negli ultimi 10 anni ho suonato con Roger B, la serata si chiamava "Al Varietà". Dei primi tempi ricordo di essere stato abbagliato da un luogo molto diverso dagli altri locali notturni, dove si respirava un libertà e una diversificazione del pubblico molto speciale, dove tutti si divertivano e non c’erano divari sessuali o sociali.
Com'è cambiato negli anni il Plastic? Hai risentito del trasferimento?
Devo dire che non ho avvertito problemi con il trasferimento, mentre è evidente che negli ultimi anni la crisi che sta colpendo il mondo del club notturni si sia fatta sentire. Il tema delle discoteche che scompaiono è trattato anche fuori dall'Italia e le cause sono disparate. Vedo per esempio nelle nuove generazioni un generale disinteresse per quel mondo, sostituito forse dalla socialità-social network, che non aiuta il ricambio generazionale. Le cose migliorerebbero se si riconoscesse alle discoteche lo status di aggregatore culturale, come per i teatri o i musei, ma servono delle politiche di sostegno.
Per anni il tuo format è stato sempre lo stesso e ha funzionato per 30 anni.
Il mio format è stato simile anche quando è cambiata la serata in cui mi esibivo. Io faccio la musica che mi piace e mi interessa, la musica vintage, soprattutto italiana e inconsueta. Credo sia un campo tutt’altro che esplorato dove c'è sempre da imparare. Come ho avuto occasione di dire più volte, la mia filosofia è “non c’è niente di nuovo nel nuovo, ma molto di nuovo nel vecchio”.
Ti va di raccontarmi alcuni aneddoti che possono far capire cosa è stato il Plastic nei decenni scorsi?
Era il primo o il secondo anno in cui ero al Plastic. Una sera ho ballato e chiacchierato con una ragazza, aveva uno strano accento. Successivamente qualcuno mi ha detto: “Wow, di cosa parlavi con Bjork?”. Non l’avevo neanche riconosciuta…Per noi era normale trovarci a fare serata con persone molto famose. C’era una atmosfera rilassata e divertente.