Chi è Pietro Andrea Simoncini, il suocero di Marco Ferdico che ha confessato di aver ucciso Vittorio Boiocchi

"So che l'avevano scelto perché era già esperto di queste azioni, al suo paese sono in faida". Così Andrea Beretta, ex capo ultrà dell'Inter ora collaboratore di giustizia, raccontava ai magistrati di Milano del coinvolgimento di Pietro Andrea Simoncini, 42 anni, nell'omicidio di Vittorio Boiocchi, ucciso sotto casa il 29 ottobre 2022. Il delitto, commissionato dallo stesso Beretta per mettere le mani sugli affari della Curva, è stato organizzato dal suo braccio destro Marco Ferdico, storico portavoce della Nord di San Siro, e messo in atto dagli esecutori materiali Simoncini e Daniel "Bellebuono" D'Alessandro a bordo di una moto Gilera.
Pietro Andrea Simoncini, del resto, come ricostruito dalle indagini viene assoldato proprio da Marco Ferdico, compagno di sua figlia Aurora da settembre scorso agli arresti dopo la maxi inchiesta della Dda sul sistema criminale del tifo organizzato milanese. Calabrese di Soriano, classe 1983, sarebbe coinvolto direttamente nella "faida delle Preserre", un conflitto di ‘ndrangheta scoppiato nel 1988 e ad oggi non ancora concluso in provincia di Vibo Valentia che comprende i comuni di Gerocarne, Pizzoni, Vazzano e appunto Soriano, dove Ferdico ha giocato a calcio con una squadra locale.
Il sopralluogo allo stadio Meazza
Così, nel luglio del 2022, Simoncini si sposta dalla Calabria a Milano. L'idea è quella di effettuare i primi sopralluoghi in città e al quartiere Figino, dove abita Boiocchi: il 42enne, per portare a termine il suo "compito", ha bisogno di conoscere bene il territorio. Il suo cellulare, in estate, aggancia infatti le celle telefoniche della zona e dello stadio Meazza, così come accadrà anche nei giorni precedenti al 29 ottobre: ancora più significativa, secondo gli inquirenti, la localizzazione di Simoncini a San Siro giovedì 27 ottobre, quando i membri della Curva Nord si riuniscono al Baretto.Alle 19.30 di quella sera, insomma, sia Simoncini che Boiocchi erano verosimilmente nella stessa area: per chi indaga, è verosimile che Simoncini, come riferito dal collaboratore di giustizia Beretta, si sia "recato al Baretto per vedere di persona Boiocchi", e quindi individuare con precisione il bersaglio da colpire.
La confessione di Pietro Andrea Simoncini
"Ho preso parte all'omicidio di Vittorio Boiocchi", confesserà poi Simoncini al pm di Milano Paolo Storari. Il 42enne, difeso dall'avvocato Mirko Perlino, rivela di essersi recato in via Fratelli Zanzottera al Figino con Daniel D’Alessandro, a bordo del Gilera verniciato di nero per l'occasione. Racconta di essere arrivato in prossimità dell’obiettivo a bordo dello scooter, in un primo momento guidato da D’Alessandro, e poi a un certo punto di essere caduto ("Era strafatto di cocaina"). A quel punto le parti si sarebbero invertite: sarebbe quindi stato Simoncini a mettersi alla guida, e D'Alessandro a uccidere Boiocchi con cinque colpi di pistola, aprendo il fuoco con la calibro 9. Una versione confermata in tutto e per tutto dal genero, che con la collaborazione del padre Gianfranco ha fornito ai due mezzo di trasporto, arma e compenso finale, 15mila euro a testa.
Marco Ferdico: "Il delitto premeditato per settimane"
"Avevo dei debiti", le parole di Simoncini, che dopo l'omicidio torna in Calabria per far perdere le proprie tracce. "Ma non volevo farlo, mi ha tirato dentro Marco. Ho anche urlato a Bellebuono di non sparare". Sono infatti le conoscenze di Marco Ferdico a permettere ad Andrea Beretta di eliminare il suo vecchio mentore, quando gli screzi per il controllo del merchandising e degli affari illeciti sembrano aver varcato il punto di non ritorno. Un obiettivo che viene raggiunto attraverso la messa in pratica di un piano dettagliato, un omicidio premeditato "messo a punto per settimane", come ammetterà lo stesso Ferdico, che per la Procura è da inserire nel contesto di una vera e propria "guerra" interna sulla gestione dei business della Curva.