Assolto dall’accusa di abusi su una hostess, la Cassazione: “Se c’è violenza il tempo non conta, processo da rifare”

Il "ritardo nella reazione" della vittima, ossia "nella manifestazione del dissenso", è "irrilevante" ai "fini della configurazione della violenza sessuale". E su ciò "la giurisprudenza è netta", perché la "sorpresa" di fronte all'abuso "può essere tale da superare" la "contraria volontà", ponendo la vittima nella "impossibilità di difendersi". Lo scrive la Cassazione che, dopo il ricorso del sostituto pg di Milano Angelo Renna, ha disposto lo scorso 11 febbraio un processo d'appello bis per l'ex sindacalista Raffaele Meola, accusato di abusi sulla hostess Barbara D'Astolto, che era in precedenza stato assolto in due gradi di giudizio perché la donna, in "20 secondi", si sarebbe potuta opporre.
La terza sezione penale della Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura generale milanese sostenuto anche dal pg della Cassazione, ha disposto quindi l'appello bis ritenendo, come si legge ora nelle motivazioni, che "entrambe le decisioni" di primo e secondo grado "non abbiano fatto buon governo dei consolidati principi affermati dalla giurisprudenza in materia di violenza sessuale": per la Suprema Corte, le motivazioni delle due sentenze di primo e secondo grado, che tanto avevano fatto discutere, non sarebbero infatti "in linea con i pacifici orientamenti giurisprudenziali".
Le motivazioni della Cassazione
"È chiaro", secondo la Cassazione, che la hostess che si era recata nel 2018 dall'allora sindacalista "per esporre un problema di lavoro e che per tutto il tempo aveva mantenuto in mano la cartellina contenente i documenti, era rimasta del tutto disorientata e sguarnita rispetto ai comportamenti dell'uomo". I giudici chiariscono, infatti, come "nella letteratura scientifica venga spiegato il fenomeno del blocco emotivo o freezing, cioè l'incapacità di reazione dovuta alla paura o al frastornamento per l'imprevedibilità della situazione e l'incapacità di fronteggiarla". Né d'altra parte, si legge ancora nelle motivazioni, "esiste un modello di reazione o un modello di vittima".
Per la Cassazione, i giudici dei due processi hanno deciso che non c'è stata violenza con una conclusione "meramente congetturale". E pure sulla "mancata percezione del dissenso della donna" il ragionamento di Tribunale e Corte è "fallace": in giurisprudenza è "pacifico" il principio che chi "agisce" deve "acquisire il consenso" del destinatario degli atti sessuali, o comunque non lo escluda sulla base del contesto, anche in caso di gesto repentino". Il nuovo processo, da fissare in Appello a Milano, dovrà quindi tenere conto di questi concetti ribaditi dalla Suprema Corte.
Il racconto della hostess
"Era marzo del 2018, avevo delle cause civili con la mia azienda. Il sindacalista mi aveva dato appuntamento negli uffici, nei pressi dell'aeroporto di Malpensa", aveva raccontato a Fanpage.it l'ex hostess, che oggi ha cambiato lavoro. "Ho iniziato a leggere i documenti. Ero seduta, lui invece era in piedi dietro di me. Ha iniziato a mettermi le mani sul collo, a toccarmi, a baciarmi e massaggiarmi le spalle e la schiena. Sono rimasta gelata, incredula. Non riuscivo a capire se me lo stessi immaginando io o se stesse succedendo per davvero. Avevo paura, non lo conoscevo e sapevo di essere fisicamente in svantaggio, oltre che sola in un ufficio vuoto. Ho raccolto le mie cose, sono salita in macchina e mi sono messa a correre. Poi mi sono fermata in una piazzola, lì ho avuto il crollo".
La donna aveva formalizzato la denuncia nel luglio dello stesso anno. Poi i due processi, finiti ambedue con sentenze di assoluzione. "Non era più la mia parola contro la sua, ma era la parola di altre quattro colleghe che sono venute tutte a testimoniare. Tutte abbiamo raccontato la stessa storia, e invece sono riusciti a dargli un'attenuante, ovvero che ci avrei messo "troppo tempo" a reagire. La seconda motivazione per cui l'hanno assolto era che lui, trovandosi alle mie spalle, non aveva la possibilità di guardarmi in viso e cogliere il mio terrore negli occhi. La giudice ha detto che l'approccio sessuale, iniziato con un ‘mero' massaggio, io avrei dovuto interromperlo prima. Ma io non prendo appuntamento con il sindacato quando ho bisogno di un massaggio".