78 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni

Intesa Sanpaolo: il 2017 porterà un’acquisizione o rischierà di finire preda?

Crescere, anche tramite acquisizioni, o correre il rischio di diventare a sua volta preda delle mire di qualche concorrente internazionale. Il 2017 per Intesa Sanpaolo potrebbe rivelarsi un anno di svolta, in tutti i sensi…
A cura di Luca Spoldi
78 CONDIVISIONI

Immagine

Finirà prima col fare un’acquisizione o con essere oggetto di una proposta d’acquisto? Da qualche giorno l’interrogativo tiene banco a Piazza Affari e riguarda un nome fino a poco tempo fa ritenuto “insospettabile”, ossia Intesa Sanpaolo. Che si possa trattare di qualcosa di più di una semplice indiscrezione lo fa capire un report di Kepler Cheuvreux nel quale oggi il broker ha alzato il prezzo obiettivo sul titolo a 2,8 da 2,6 euro per azione confermando il “buy” (acquistare), dopo aver aggiornato le stime.

Secondo gli esperti la banca guidata da Carlo Messina, che in borsa capitalizza la bellezza di 41 miliardi di euro, “considerando i solidi livelli di capitale potrebbe continuare a mantenere un’elevata e generosa politica di dividendo per lungo tempo”. Ma potrebbe anche decidere di accelerare la crescita del business, “anche guardando a opportunità” nel campo delle fusioni e acquisizioni. In effetti negli ultimi mesi Messina non è rimasto con le mani in mano, cedendo alcuni asset ritenuti non strategici e iniziando a fare qualche shopping mirato.

Così sotto Natale l’istituto ha portato al 100% la propria partecipazione in Itb, la “banca dei tabaccai”, ossia la società nata nel 2009che gestisce la piattaforma di pagamento online per le tabaccherie italiane, con la quale Messina conta di realizzare sinergie commerciali grazie alla rete di filiali del gruppo e alla possibilità di offrire servizi di consulenza.

Itb ha oltre 12mila clienti con 20 mila punti operativi (pari ad una quota di mercato pari a circa il 40% del totale dei tabaccai italiani) e lo scorso anno ha registrato 38 milioni di ricavi, circa 25 milioni di margine operativo lordo e un utile netto di 8,5 milioni. Per Itb Intesa Sanpaolo ha sborsato 153 milioni di euro, cifra nella parte bassa della forchetta di 150-180 milioni di cui parlava il mercato da settimane, facendo dunque un buon affare anche in termini di valutazioni non eccessivamente “tirate”.

Nel frattempo Allfunds, piattaforma distributiva di fondi comuni controllata pariteticamente da Intesa Sanpaolo e Banco Santander, è stata messa in vendita e avrebbe già ricevuto 7 offerte non vincolanti da parte di investitori internazionali tra cui vi sarebbe una cordata formata da Bain Capital, Advent e dal fondo sovrano di Singapore Temasek.

Allfunds verrebbe valutata oltre 16 volte l’Ebitda (pari a 107 milioni nel 2015), quindi tra 1,7 e 1,8 miliardi di euro, da dividere tra i due soci, il che significa che tra acquisti e cessioni a Intesa Sanpaolo restano 700 milioni di euro in cassa da redistribuire ai soci sotto forma di dividendi o reinvestire in nuove acquisizioni magari in Europa (da tempo l’istituto ha fatto sapere di essere interessato a crescere in particolare nel settore del private banking), visto che in Italia non c’è molto altro spazio per crescere tanto più dopo essere riusciti a evitare di dover recitare il ruolo di “cavaliere bianco” nei confronti di Mps.

Un’acquisizione sembrerebbe non dispiacere neppure all’ex “patron” ed attuale presidente emerito di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, che secondo alcuni paventerebbe come la debolezza del sistema bancario italiano possa essere sfruttata da qualche concorrente estero interessato a sbarcare in forze sul mercato italiano, magari proprio rilevando una partecipazione importante nel leader nazionale.

Del resto le tre fondazioni azioniste che controllano l’istituto (Compagnia di San Paolo col 9,34%, Fondazione Cariplo col 4,84% e Fondazione Cr Padova e Rovigo col 3,305%) non superano il 17,5% del capitale, quindi chiunque mettesse le mani su un 20% di capitale potrebbe rilevarne il controllo con una spesa che anche ad essere generosi non supererebbe i 9 miliardi di euro.

Può sembrare una cifra importante, ma se Unicredit, come pare probabile, riuscirà a raccogliere sul mercato 13 miliardi di euro con l’aumento di capitale previsto prima della prossima primavera, non sarebbe difficile per qualche concorrente provare a mettere un piede in Italia investendo meno di una decina di miliardi di euro.

Così Carlo Messina sembra trovarsi ad un bivio: o riuscirà a trovare una preda che valga la pena provare a catturare, o si dovrà mantenere in equilibrio tra l’esigenza di remunerare i soci, a partire dalle Fondazioni, e la possibilità di finire preda di qualche concorrente.

78 CONDIVISIONI
Immagine
Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views