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Scoperti segnali radio dall’universo profondo: “Dopo 10 miliardi di anni hanno raggiunto la Terra”

Gli astronomi hanno rilevato un’antichissima emissione radio proveniente da un mini-alone in un lontano ammasso di galassie. È la prima volta che un segnale di questo tipo viene osservato a una tale distanza. La scoperta offre nuove chiavi di lettura sull’energia primordiale dell’universo e sul ruolo dei buchi neri nella formazione cosmica.
A cura di Elisabetta Rosso
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Crediti immagine: NASA/STSCI/ESA/JPL–Caltech/McGill University.
Crediti immagine: NASA/STSCI/ESA/JPL–Caltech/McGill University.

A dieci miliardi di anni luce dalla Terra gli astronomi hanno intercettato un segnale radio. Secondo uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, le onde radio provengono da una nube di particelle altamente energetiche. Questo “mini-alone”, rilevato nell’ammasso SpARCS1049, rappresenta una delle prove più antiche dell’attività di buchi neri o collisioni cosmiche nella formazione degli ammassi galattici. Secondo i ricercatori, infatti, non era mai stato rilevato un mini-alone così profondo nello spazio prima d'ora.

“Stiamo solo scalfendo la superficie di quanto fosse realmente energetico l’universo primordiale,” ha dichiarato Julie Hlavacek-Larrondo, co-autrice dello studio e ricercatrice all’Università di Montreal. La scoperta, spiega la ricercatrice, rappresenta una nuova finestra sull’evoluzione degli ammassi galattici, influenzata da buchi neri e dinamiche cosmiche ancora poco comprese.

Il mini-alone a 10 miliardi di anni luce

Il team internazionale di ricercatori dietro la scoperta è stato co-guidato da Hlavacek-Larrondo e da Roland Timmerman dell'Istituto di Cosmologia Computazionale dell'Università di Durham, nel Regno Unito. I ricercatori hanno analizzato i dati del radiotelescopio Low Frequency Array (LOFAR), una vasta rete di oltre 100.000 piccole antenne che copre otto paesi europei.

Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters e disponibile anche sul server Xrxiv, ha documentato per la prima volta un mini-alone radio a una distanza cosmica mai raggiunta prima. Si tratta di deboli emissioni di onde radio, generate da nubi di particelle ad alta energia immerse in intensi campi magnetici. Fenomeni simili erano già stati osservati in altri ammassi di galassie, ma mai così lontani nello spazio e nel tempo.

“È sorprendente trovare un segnale radio così forte a questa distanza,” ha spiegato Timmerman. “Significa che questi processi energetici hanno avuto un ruolo nella formazione degli ammassi di galassie per quasi tutta la storia dell’universo.”

Due ipotesi per spiegare il mistero

Non è chiara al momento l'origine dell'alone. I ricercatori hanno avanzato due ipotesi. La prima, è che le particelle ad alta energia siano state espulse dai buchi neri supermassicci al centro delle galassie. Come, però, queste particelle siano riuscite a fuggire dalla forza gravitazionale resta una delle domande aperte.

La seconda spiegazione si basa sulle collisioni tra particelle cosmiche. Quando particelle cariche viaggiano quasi alla velocità della luce e si scontrano, rilasciano energia e danno vita a emissioni radio, simili a quelle osservate dai ricercatori. Entrambe le ipotesi – quella sui buchi neri attivi e sulle collisioni cosmiche – suggeriscono che le galassie dell’universo primordiale erano già alimentate da processi ad alta energia molto prima di quanto si credesse. 

Una scoperta resa possibile da LOFAR

Per captare questi segnali, gli scienziati si sono affidati al radiotelescopio LOFAR (Low Frequency Array), una rete di circa 100.000 antenne distribuite in otto Paesi europei. La sua capacità di rilevare frequenze molto basse lo rende uno strumento ideale per scandagliare l’universo profondo alla ricerca di segnali antichi.

Le immagini ottenute mostrano una regione di formazione stellare avvolta in un alone radio rosso, immerso in una nube di gas caldo. È una delle prime rappresentazioni dirette dell’interazione tra la materia visibile delle galassie e i processi energetici invisibili che ne guidano la crescita.

Nei prossimi anni, telescopi di nuova generazione, come lo Square Kilometer Array, permetteranno di rilevare segnali ancora più deboli e lontani, promettendo di svelare ulteriori segreti sull’origine e l’evoluzione dell’universo.

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