Ora Israele cerca di convincerci che l’Onu stia bloccando gli aiuti a Gaza: l’analisi sulla propaganda social

Per Israele il tema degli aiuti umanitari è cruciale. È un punto chiave nella narrazione del conflitto: consente di sostenere che quanto accade a Gaza sia una guerra e non un genocidio. Non stupisce quindi che la propaganda israeliana sia costruita intorno a video fake che mostrano camion carichi di cibo e medicinali diretti verso la Striscia di Gaza. L’ultimo, pubblicato il 26 luglio, è un attacco diretto all’ONU, che a detta di Israele, sta bloccando la distribuzione degli aiuti umanitari.
La clip mostra pacchi bianchi impilati a terra, una voce fuori campo recita: “Migliaia di camion restano bloccati a Gaza. Questa condotta rappresenta un deliberato sabotaggio da parte dell’ONU. ONU distribuite gli aiuti adesso”. È una chiara operazione di delegittimazione che mira a scaricare sull’ONU la responsabilità del blocco degli aiuti voluto da Israele. Le accuse contro l'Onu sono state rilanciate anche sui social da un esercito di influencer scortato sul confine di Karem Shalom dall'IDF. Con le telecamere accese e i caschetti militari stanno filmando migliaia di pacchi imballati. "Gli aiuti ci sono, è l'Onu che non li distribuisce", dicono.
I video, le storie, i reel, fanno parte di un’operazione di propaganda finanziata da Israele. Da mesi su Fanpage.it stiamo ricostruendo la campagna. L’analisi dei dati su Google Ads rivela una promozione pubblicitaria su larga scala. Israele sta sponsorizzando decine di annunci che hanno raggiunto migliaia di visualizzazioni. Tutti i video hanno un obiettivo preciso: manipolare la narrazione della guerra e screditare i suoi nemici.

Perché il video contro l’Onu esce proprio ora
Il video è stato sponsorizzato per la prima volta il 26 luglio dalla Israeli Government Advertising Agency (IGAA) – agenzia che opera come gruppo di comunicazione per il governo di Benjamin Netanyahu. L’agenzia sta sponsorizzando da mesi video fake per farli comparire negli spazi dedicati alle pubblicità. È successo con il falso video degli aiuti umanitari o con l’ultimo spot sul progetto Dinah. Tutto parte dalla piattaforma pubblicitaria Google Ads che gestisce anche gli spazi promozionali. Per avviare una campagna basta pagare. Si accede così all’universo degli spot digitali che scorrono prima, durante o accanto ai contenuti della piattaforma.
La diffusione del video contro l’Onu non è casuale, ma arriva in un momento strategico. Domenica mattina, Israele ha annunciato l’introduzione di una “pausa umanitaria” in tre aree densamente popolate della Striscia di Gaza, in risposta alle crescenti pressioni internazionali per affrontare la grave crisi alimentare che colpisce il territorio.
Tra le misure previste ci sono anche la ripresa del lancio di aiuti tramite paracadute, l’attivazione di un impianto di desalinizzazione e l’apertura di corridoi umanitari per agevolare la distribuzione degli aiuti delle Nazioni Unite a Gaza.
Dal 2 marzo il governo israeliano ha interrotto l’ingresso degli aiuti umanitari, aggravando ulteriormente una situazione già drammatica e mettendo in serio pericolo la popolazione civile, come denunciano le agenzie internazionali. Il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha descritto la crisi alimentare a Gaza come una "carestia di massa provocata dall'uomo". La Corte penale internazionale ha affermato che ci sono motivi sufficienti per credere che Israele stia usando "la fame come metodo di guerra". Da mesi le Nazioni Unite e altre organizzazioni umanitarie stanno chiedendo all’IDF di concedere l'ingresso e la distribuzione senza restrizioni degli aiuti.
Dai video fake agli influencer: Israele attacca l'ONU
Il governo di Netanyahu sta cercando di distanziarsi dalle accuse, scaricando la colpa sull’ONU, incapace – secondo Israele – di mobilitare un numero sufficiente di camion verso i valichi di frontiera. Non lo sta facendo solo con i video fake sponsorizzati sulle piattaforme, ma anche portando influencer pro israele sul confine. Sui social sono comparse infatti storie e post che documentano l’arrivo degli aiuti umanitari a Gaza. I creator con caschetto militare e camera accesa ripetono “Guardate a Gaza il cibo c’è”. “Ecco gli aiuti che passano il confine”.

Non solo. Eylon Levy, ex portavoce ufficiale del governo israeliano, in una serie di storie postate sul suo profilo Instagram, rilancia le accuse contro l’Onu. Con la telecamera filma “migliaia di pacchi che rimangono sotto il sole”. Secondo Levy, la colpa “è del catastrofico lavoro dell’Onu che non è riuscito a distribuire gli aiuti”. In un post poi scrive: “Israele sta consegnando aiuti a Gaza più velocemente di quanto l'ONU possa raccoglierli e rimangono sotto il sole a deteriorarsi". In realtà le tonnellate di cibo, medicinali e beni di prima necessità sono state distrutte e sepolte dall’esercito israeliano dopo essersi deteriorate al valico di Kerem Shalom, dove erano rimaste per settimane senza poter entrare a Gaza a causa del blocco.
Le accuse rivolte all’ONU, sono chiaramente false. Dall’ottobre 2023, ogni attività nella Striscia di Gaza è sotto il controllo diretto dell’esercito israeliano, in particolare del COGAT (Coordinator of Government Activities in the Territories), l’ente che gestisce in esclusiva gli hub di stoccaggio dei beni. La crisi umanitaria a Gaza dipende da Israele, che ha bloccato l'ingresso di tutti gli aiuti a Gaza, in quello che ha definito un tentativo di esercitare pressione su Hamas affinché rilasciasse gli ostaggi. Secondo il Programma Alimentare Mondiale (WFP), 90.000 donne e bambini necessitano urgentemente di cure per malnutrizione, mentre una persona su tre rimane senza cibo per giorni.
Falsi telegiornali e campagne mirate: come Israele manipola la narrazione
I video contro l'Onu sono solo l'ultimo atto. Attraverso l’IGAA il governo israeliano sta portando avanti una vasta campagna sui social media nei principali Paesi occidentali per raccogliere sostegno. Su piattaforme come Instagram, Facebook, TikTok e YouTube, sono infatti comparsi falsi telegiornali che annunciano attacchi di Hamas, distribuzioni di aiuti che non sono mai avvenute, e fake news sul conflitto.

Non solo. Il governo di Israele da mesi porta avanti anche campagne mirate per screditare i suoi nemici. É successo con Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, e con l'UNRWA , l’agenzia delle Nazioni Unite che fornisce assistenza ai rifugiati palestinesi. In entrambi i casi ha avviato una campagna di sponsorizzazioni per far comparire in cima ai risultati di ricerca di Google pagine denigratorie che riportavano false accuse su Albanese e sull’ UNRWA.
Il Digital Services Act impone alle piattaforme online di rimuovere tempestivamente contenuti come propaganda terroristica o disinformazione, pena sanzioni che possono arrivare fino al 6% del loro fatturato globale annuo. Eppure la campagna di propaganda di Israele resiste, sollevanfo interrogativi non solo sulla trasparenza dell’informazione, ma anche sulla capacità delle piattaforme globali di fermare la propaganda in tempo di guerra.
