McDonald ha rimosso il suo inquietante spot di Natale con l’IA: ha messo tutti a disagio

Ormai è una tradizione natalizia. Negli ultimi anni abbiamo visto sempre più spesso Big tech e multinazionali che decidono di creare un brutto spot di Natale con l'intelligenza artificiale. L'anno scorso era successo a CocaCola. Ora è la volta di McDonald. Il colosso del fast food ha diffuso — e poi rapidamente ritirato — una pubblicità destinata al mercato olandese. Un video che voleva giocare su quanto possa essere snervante il periodo delle feste. C'è una valanga di neve, una tavola che va a fuoco, un abete che crolla e parenti con maglioni natalizi che ridono in modo sguaiato. Al di là dell'idea alla base, il problema nell’estetica visiva e sonora: è talmente dissonante che è difficile guardare lo spot fino alla fine.
Il problema non è l’utilizzo di software. La presenza dell’intelligenza artificiale nel mondo creativo è ormai un dato di fatto. Se impiegata con misura, può ampliare possibilità visive o velocizzare processi produttivi. Le reazioni furiose al video di McDonald’s non sono figlie di una difesa purista del “fatto a mano”, ma da una sensazione molto più di pancia: lo spot, semplicemente, è brutto.
Da dove arriva lo spot?
Secondo il database pubblicitario Adforum, la campagna è stata commissionata all’agenzia TBWA\NEBOKO nei Paesi Bassi. La produzione, affidata alla casa di produzione internazionale The Sweetshop, è stata accompagnata da un comunicato — poi rimosso — in cui lo studio spiegava la complessa lavorazione tecnica alla base del progetto.
Nel comunicato l'azienda ha spiegato di aver lavorato per sette settimane con un team di dieci specialisti interni, impegnati nell’utilizzo di una combinazione di strumenti: da riprese di Google Earth a sofisticati processi di style-transfer, da modelli personalizzati (LoRA) a flussi di lavoro su ComfyUI, fino alla rifinitura finale con Flame, un software professionale di compositing. Un processo presentato quasi come una produzione cinematografica a tutti gli effetti. Il risultato, però, non ha convinto nessuno.
Quando il surreale prende il posto della magia natalizia
Gli spot natalizi giocano quasi sempre sulla riconoscibilità: il caos dell’ultimo minuto nei negozi, la famiglia che si accalca attorno a un tavolo troppo piccolo, le decorazioni che si staccano dagli alberi di Natale. La forza di queste scene sta proprio nel far sorridere lo spettatore perché sa esattamente di cosa si sta parlando. Nel caso dello spot di Mc Donald, invece, questa familiarità svanisce del tutto e lascia spazio a una serie di episodi surreali, talvolta perfino grotteschi.
Ci si ritrova così davanti a persone che cantano con entusiasmo in mezzo a una bufera di neve, a una sorta di rissa da Black Friday per un orsetto, o a un uomo che trascina un abete gigantesco su un mezzo che sembra a metà tra un risciò e una carriola improvvisata. Nessuna scena richiama un’esperienza reale: sembra piuttosto di assistere al delirio onirico di un algoritmo, un collage di idee natalizie venute male.
A peggiorare la sensazione di straniamento contribuisce una forte incoerenza visiva. In alcune sequenze i personaggi sembrano occupare contemporaneamente spazi interni ed esterni, come se l’ambientazione si sovrapponesse senza logica. Le luci non seguono alcuna fonte plausibile, la pioggia cade dove non dovrebbe, gli sfondi cambiano prospettiva da un frame all’altro. È uno dei limiti più evidenti dell’IA applicata alla generazione di video: può imitare l’estetica di un’inquadratura, ma fatica ancora a mantenere una coerenza fisica e narrativa che renda la scena credibile. Il risultato è un mondo che assomiglia al nostro solo in superficie, ma che si sgretola non appena lo spettatore cerca di leggerlo come reale.
Un jingle stonato e un’ironia fuori tempo massimo
Anche la colonna sonora non aiuta. È una sorta di parodia di It’s the Most Wonderful Time of the Year (canzone pubblicata nel 1963 e diventata un classico). Nello spot la la canzone è cupa e storta” Il risultato è una melodia che procede a scatti, abbandona la metrica originale e si incaglia in versi privi di fluidità. Più che ironico, suona sgradevole.
Al di là dei difetti tecnici, anche il messaggio della campagna è un riciclo. Il sarcasmo cinico sul “Natale che fa schifo” appartiene a un’estetica tipica degli anni ’90, quando slogan come “Life Sucks!” apparivano sulle magliette dei negozi turistici e gli spot spesso giocavano con un’ironia più acida.
Una lezione per il marketing del futuro
C'è un elemento che non torna, con i nuovi modelli IA creare video realistici è semplice. Basta avere un abbonamento e competenze per ottimizzare i prompt. Lo spot di Mc Donald è grezzo, grottesco, sembra fatto da un modello vecchio.
Se il settore pubblicitario vuole davvero integrare l’IA nei propri processi, dovrà farlo con maggiore attenzione narrativa e sensibilità estetica. Perché la magia non sta nella tecnologia, ma nelle persone capaci di usarla con intelligenza.