video suggerito
video suggerito

Mark Zuckerberg ora ha un nuovo soprannome: non è uno scherzo, ma un segnale

Da imprenditore progressista a tech bro. Quella di Mark Zuckerberg è la storia di un rebranding personale che dice qualcosa sul potere, sulla tech culture e sugli Stati Uniti.
A cura di Elisabetta Rosso
0 CONDIVISIONI
Immagine

È una tradizione per i dipendenti di Meta dare un soprannome a Mark Zuckerberg. L'avevano già ribattezzato Occhio di Sauron, poi con la sua virata a destra dopo l'elezione di Donald Trump hanno cominciato a chiamarlo MAGA Mark. Il riferimento allo slogan Make America Great Again del presidente non lascia molto spazio a interpretazioni. D'altronde Zuckerberg ha ostentato il suo rebranding da tecno bro. Pensiamo all'intervista con Joe Rogan, ai discorsi sulla virilità perduta del capitalismo americano, alle collane d'oro o agli incontri di arti marziali.

Non è chiara l'origine della metamorfosi in MAGA Mark. Potrebbe essere dovuta a più fattori. Per esempio, una crisi di mezza età in stile "le rivincita dei nerd", oppure una mossa strategica per rimanere nelle grazie di Trump. Il nuovo Zuckerberg potrebbe anche riflettere una visione coltivata nel tempo, non quindi una colpo di testa o una virata momentanea, piuttosto un ritorno all'origini.

Mark Zuckerberg ha smesso di fingere?

Negli ultimi mesi, Zuckerberg è stato ospite d'onore nell'ecosistema della “manosfera”, l'insieme di forum, blog e chat che portano avanti tesi misogene e conservatrici. Si è lamentato del presunto indebolimento culturale del capitalismo americano, e in un’intervista a Joe Rogan, ha sottolineato la necessità di "far rinvigorire la virilità" del tessuto imprenditoriale statunitense. Fino a qualche mese fa però vestiva i panni dell'imprenditore progressista. La metamorfosi, quindi, è la maschera o quello che c'è sempre stato sotto? 

Secondo un’inchiesta del Financial Times – che ha raccolto le testimonianze di 45 persone vicine al CEO di Meta – la trasformazione ideologica e personale di Zuckerberg sarebbe tutt’altro che passeggera. Secondo il CTO di Meta, Andrew Bosworth, Zuckerberg ha sempre cercato di incarnare una figura del CEO forte e carismatica, anche da giovanissimo: "A 19 anni, aveva già un’idea precisa di come comportarsi pubblicamente. Il pubblico vede ora ciò che noi conoscevamo già da tempo".

Un altro testimone, rimasto anonimo, ha spiegato che Zuckerberg semplicemente ha scelto di abbandonare la maschera del bravo ragazzo: "Tutto questo è sempre stato sotto la superficie. Poi ha detto: ‘Fancu*o. Tanto vale che sia la persona che sono davvero‘."

L’anima macho della Silicon Valley

Non si può all'interno dell'analisi trascendere il contesto. Sotto la patina progressista della Silicon Valley fermentano infatti da decenni atteggiamenti misogini, razzisti e reazionari. La retorica machista è la lingua dei tech bro. Già negli anni ‘90 George Gilder, conservatore e provocatore anti-femminsita pubblicava un articolo intitolato: “La femminuccia della Silicon Valley". Con un testo infuocato accusava l'industria hi-tech di essere caduta vittima della femminilizzazione e del politicamente corretto. Ancora prima, il mito del "self-made man" è legato saldamente alla virilità da quasi 200 anni.

I titani tech sono cresciuti in questo calderone ideologico. Non c’è da stupirsi quindi se Zuckerberg sponsorizza nel podcast di Joe Rogan l’“energia mascolina” nella cultura aziendale della Silicon Valley. Questo slittamento reazionario non è un'anomalia, piuttosto l’evoluzione naturale di quella ideologia californiana (come l’hanno battezzata i teorici dei media britannici Richard Barbrook e Andy Cameron) che mischia neo-liberalismo di destra, contro-cultura radicale e determinismo tecnologico. 

Segui i soldi, trovi MAGA Mark

L'ultima pista da seguire è quella dei soldi. Il rebranding personale di Zuckerberg — tra arti marziali, podcast virilisti e dichiarazioni provocatorie — sembra inserirsi in una strategia più ampia, in cui l'immagine pubblica si piega alle logiche del potere. Meta infatti sta recuperando terreno con i repubblicani, dopo le elezioni si è mossa rapidamente per sciogliere i rapporti tesi. I conservatori hanno criticato a lungo il sistema di moderazione su Instagram e Facebook e Donald Trump aveva accusato Zuckerberg di aver danneggiato i repubblicani rendendo meno visibili i loro posto.

E infatti. Zuckerberg ha cenato con Trump a Mar-a-Lago, e Meta ha donato 1 milione di dollari per l'insediamento del presidente a dicembre. Non solo, ha anche promosso Joel Kaplan, repubblicano di lunga data come nuovo responsabile della politica globale di Meta e accolto Dana White, capo dell'Ultimate Fighting Championship e alleata Trump, nel consiglio di amministrazione di Meta. Al di là dei sospetti, non ci è dato sapere se la versione MAGA è la vera natura di Mark o meno, sicuramente però è quella che più gli conviene.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views