La teoria della morte di internet sta diventando vera: tutto scompare tra gamberi sacri e dopamina

Tutti abbiamo visto gatti palestrati, i gamberi con la faccia di Gesù e le scimmie con il corpo di banana. Hanno invaso social, piattaforme e stanno corrodendo lentamente il web, trasformandolo in qualcos'altro. È la cosiddetta teoria della morte di internet: il sospetto che la rete, da spazio libero e umano, stia diventando un’enorme macchina automatizzata. Internet, infatti è come la tela di un ragno, costruita per dipendere da sé stessa, più pagine, siti, post, tweet umani scompaiono più aumenta il rischio di innescare un effetto domino. Il risultato è che internet nei prossimi tre anni potrebbe essere più morto che vivo.
Secondo un rapporto 2024 della società di cybersicurezza Imperva, quasi metà del traffico globale su internet è già automatizzato: i bot erano il 42,3% nel 2021 e hanno raggiunto il 49,6% nel 2023. Con questo ritmo, entro pochi anni la maggior parte dei contenuti online non saranno più "umani". Da un lato quindi stiamo assistendo all'invasione di foto, articoli, video, artificiali, dall'altro il web si sta consumando. Secondo una ricerca del Pew Research Cente il 38% delle pagine create nel 2013 è già scomparso, vittima del cosiddetto link rot. Parliamo di link che portano oggi a errori o contenuti rimossi. È un processo naturale del web, dove siti chiudono, piattaforme cambiano e gli archivi digitali si svuotano con il tempo. Il risultato tra erosione e invasione è la morte di intenet.
L’esplosione della spazzatura digitale
Secondo la giornalista americana Taylor Lorenz il declino è iniziato ben prima dell’arrivo di ChatGPT: “I sistemi algoritmici di ranking hanno riempito la rete di materiale privo di valore, ottimizzato nel modo più assurdo possibile.” Secondo una recente analisi di NewsGuard (maggio 2025), oltre mille siti di informazione sarebbero già gestiti in larga parte da intelligenze artificiali.
Non solo, l'IA generativa viene utilizzata anche per le recensioni dei prodotti Amazon, un modo per far salire e rendere più visibili prodotti scandenti con commenti positivi. Sta aumentando vertiginosamente la "spazzatura artificiale" pubblicata sul web, dai libri finti scritti con l'IA, alle immagini che violano il copyright degli artisti. La spiegazione è economica: se l’attenzione online si traduce in guadagni pubblicitari, allora usare bot e sistemi generativi per “fabbricare” contenuti diventa una macchina da soldi.
Quando il web vende solo dopamina
L'aumento di questi contenuti segna l’inizio di una nuova fase di degrado dei contenuti online, definita “enshittification”, termine coniato dallo scrittore Cory Doctorow. “L’AI slop invade il web con materiale povero, danneggiando comunità e artisti e saturando piattaforme come YouTube di contenuti di scarsa qualità”, ha spiegato al Guardian Akhil Bhardwaj, professore dell’Università di Bath.
I video demenziali creati con l'IA rappresentano rappresentano l’ultima frontiera del capitalismo della dopamina. Non si vendono più prodotti, né storie, ma scariche chimiche. Non sono narrazione, non sono arte, non sono satira. Sono puro stimolo.
La comunicazione personale – chat tra amici, messaggi privati, post familiari – non sparirà. Ma l’idea romantica di un internet come spazio libero di creatività collettiva sembra appartenere al passato. “È in questo senso che il web che conoscevamo è morto” hanno scritto i ricercatori Jake Renzella e Vlada Rozova su The Conversation. E la nostalgia per quella rete “umana” rischia di crescere, proprio mentre il nuovo internet si riempie di crostacei digitali con la faccia di Gesù e squali con le sneakers.