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In un esperimento i topi hanno dimostrato di essere ossessionati dai selfie come gli esseri umani

Due roditori sono stati chiusi in una scatola trasparente e hanno cominciato a scattare degli autoritratti premendo una levetta. Il test si è trasformato in un modo per esplorare l’impatto dei social media.
A cura di Elisabetta Rosso
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NEW YORK TIMES | I selfie dei roditori
NEW YORK TIMES | I selfie dei roditori

Augustin Lignier, fotografo professionista, entra in un negozio di animali a Parigi, compra due topi e torna a casa. Li fa entrare in una gabbia trasparente, collegata a una macchina fotografica, all'interno c'è un pulsante, se premuto viene scattata una foto. "Ho costruito in sostanza una cabina fotografica per topi", ha spiegato Lignier. Il progetto della gabbia è ispirato alla “Skinner Box”, un dispositivo degli anni '50 inventato dallo psicologo americano BF Skinner per studiare il comportamento degli animali.

Quando i topi premono il pulsante all'interno della scatola, ricevono una piccola dose di zucchero e la fotocamera scatta la foto, una specie di selfie. I roditori sono entusiasti, schiacciano il pulsante per ricevere la loro ricompensa. Poi l'esperimento cambia, lo zucchero viene distribuito causalmente eppure gli animali rimangono incollati alla levetta, premono in continuazione quella slot machine mentre aspettano il prossimo jackpot.

La ricompensa intermittente non disincentiva i topi, anzi, schiacciano il pulsante più volte al minuto. Per Lignier il parallelismo è evidente: "Le società digitali e di social media utilizzano lo stesso concetto per mantenere l'attenzione dello spettatore il più a lungo possibile", ha spiegato al New York Times. I social media sono "una scatola Skinner per l'essere umano moderno”, distribuiscono ricompense periodiche ma imprevedibili, per esempio un follower, un mi piace a un post, o una reazione alle storie. E, come topi, rimaniamo incollati allo schermo.

La cabina fotografica per topi

Lignier si pone una domanda che non è nuova: perché così tanti si sentono obbligati a fotografare la propria vita e condividere immagini sui social? Parte da qui, e poi costruisce la sua cabina fototografica per topi ispirata a BF Skinner. Lo psicologo comportamentista aveva costruito una camera di prova per studiare l'apprendimento nei ratti. La scatola Skinner distribuiva pellet di cibo quando i ratti spingevano una leva designata.

Gli scienziati hanno scoperto che i ratti per ottenere una ricompensa hanno cominciato a premere la barra più e più volte in cambio di cibo, farmaci o persino una leggera scarica elettrica direttamente al centro del piacere del cervello. Il fotografo ha costruito la sua versione di una scatola di Skinner.

L'esperimento di Augustin Lignier

Per ricevere lo zucchero i ratti devono schiacciare il pulsante e nel farlo attivano la macchina fotografica, le immagini vengono immediatamente condivise sullo schermo e mostrate agli animali. "I roditori hanno cominciato a premere i pulsanti. Sono molto intelligenti", ha detto Lignier. Decide di chiamare il topo bianco, Augustin, come lui, il topo marrone Arthur, in onore di suo fratello. Dopo circa una settimana, i roditori cominciano a comprendere l’effetto positivo della pressione del pulsante, associandolo all’assunzione di zucchero.

A questo punto Lignier li sposta in un'altra gabbia, l'obiettivo è far dimenticare l'associazione tra l'assunzione di zucchero e il pulsante. Poi li trasferisce di nuovo nella gabbia originale, che però ha subito una modifica: il pulsante non rilascia più zucchero a ogni pressione. Viene randomizzato, eppure il cervello del ratto "associa il piacere allo zucchero, e lo zucchero al pulsante, per questo lo toccano", ha spiegato Lignier alla Cnn.

Dare ricompense casuali in cambio di selfie è una delle tattiche utilizzate dalle società di social media e dalle app di appuntamenti per invogliare gli utenti a tornare. "È stato un modo giocoso per esplorare argomenti come l'impatto degli algoritmi e dei social media. Quando hai questo potere, anche se si tratta solo di due piccoli topi e non di miliardi di persone, ti senti come se potessi manipolare ogni cosa”, ha spiegato Lignier. "E questa è una sensazione davvero strana."

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