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Il più grande parassita di sempre è proprio sulle tue mani adesso

Non è un insetto succhiasangue, ma è l’oggetto che usiamo più spesso durante il giorno: il nostro smartphone. Un gruppo di ricercatori australiani ha paragonato il rapporto uomo-smartphone a quello tra un un ospite e il suo parassita per metterne in luce i rischi.
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In biologia, un parassita viene definito come una specie che beneficia di una stretta relazione con un'altra specie, il suo ospite, obbligando quest'ultimo a un costo. Detto in parole semplici, è un qualsiasi organismo che vive a spese di un altro.

Quando pensiamo a un parassita, ci immaginiamo un verme o un insetto. Ad esempio, sono parassiti i pidocchi, le pulci o le zecche. Ma, secondo alcuni ricercatori australiani, quasi nessuno conosce davvero il parassita più grande e comune dell’età moderna: “Non è un invertebrato succhiasangue – sostengono – è elegante, con una superficie in vetro e un design coinvolgente. Il suo ospite? Ogni essere umano sulla Terra con un segnale wifi”. A questo punto è piuttosto chiaro: il parassita di cui parlano è lo smartphone.

Lo smartphone come un nuovo parassita

In un recente studio, i ricercatori della Australian National University e della UNSW Sydney hanno infatti utilizzato l’immagine del parassita che vive a spese del suo ospite per spiegare il rapporto di dipendenza, spesso nocivo, che lega l’uomo al proprio smartphone.

Lungi dall’essere strumenti benigni – spiegano in questo articolo sulla rivista The Conversation – gli smartphone parassitano il nostro tempo, la nostra attenzione e le nostre informazioni personali, il tutto nell’interesse delle aziende tecnologiche e dei loro inserzionisti”. Secondo i ricercatori, l’uso degli smartphone a cui ci siamo ormai abituati comporta dei “rischi sociali unici”, che emergono se osservati attraverso la lente del parassitismo.

Dal mutualismo al parassitismo

Secondo i ricercatori australiani, lo smartphone non è stato fin da subito un parassita per l'uomo, ma lo è diventato progressivamente, man mano che ha assunto un ruolo sempre più centrale nella nostra vita, fino a diventare indispensabile per una lunga serie di attività difficilmente evitabili, come orientarsi, prenotare servizi o interagire con enti pubblici e privati, oltre a innescare in noi dei meccanismi molto nocivi per la nostra salute mentale. Nonostante le semplificazioni che gli smartphone hanno portato nelle nostre vite, oggi per la maggior parte delle persone le conseguenze negative sono di più dei benefici, come la dipendenza tecnologica o la trappola dello scrolling infinito.

Per rimanere in tema biologico, i ricercatori spiegano l’evoluzione del rapporto uomo-smartphone come un passaggio da mutualismo a parassitismo. Si tratta in entrambi i casi di relazioni strette tra due organismi, ma mentre nel mutualismo entrambe le specie traggono beneficio, nel parassitismo solo una dei due, la specie parassita, ottiene vantaggi a scapito dell’ospite. Una simile trasformazione non è rara in natura.

Come uscire dal rapporto parassitario

“Come possono allora gli utenti correggere la relazione squilibrata con i loro telefoni, riportandola a una mutualistica?” Questa è la domanda che i ricercatori pongono in chiusura del loro studio. La risposta, tuttavia, non è semplice: le società tecnologiche detengono ormai un vantaggio troppo grande per pensare che il singolo individuo possa liberarsi da solo di un simile legame.

Servirebbero invece, proprio come accade in alcune relazioni mutualistiche in natura, meccanismi di controllo legalmente riconosciuti in grado di limitare e riequilibrare il rapporto tra parassita e ospite.

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