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Cosa sa davvero ChatGPT di noi? Il Wrapped (purtroppo) lo rivela

Il wrapped si presenta come un simpatico riepilogo dell’anno basato sulle conversazioni con ChatGPT, tra grafiche colorate e medaglie digitali viene però da chiedersi: ma che fine fanno i nostri dati?
A cura di Elisabetta Rosso
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Nel calendario digitale dei rituali di fine anno – da Spotify Wrapped a LinkedIn Highlights – è arrivata anche OpenAI con “Your Year with ChatGPT”: una retrospettiva personalizzata che riassume le conversazioni degli utenti su ChatGPT nel corso del 2025. Il wrapped di ChatGPT si inserisce in un filone strutturato che sfrutta la nostra curiostà morbosa di tradurre i dati per capirci meglio. Ma sotto la patina di questa narrazione personalizzata, fatta di grafiche colorate, poemi e medaglie digitali c'è un problema: la gestione dei dati personali. 

Your Year with ChatGPT non è una semplice rassegna, ma un monito: quello che scriviamo resta a sedimentare nella memoria del chatbot. È vero, i wrapped esistono da anni. Ma mentre app come Spotify si basano sui dati sulle canzoni ascoltate, ChatGPT usa le nostre parole, domande, dubbi personali. Carichiamo paper di lavoro, diagnosi, raccontiamo sogni. Siamo davvero sicuri di voler lasciare tutto questo in pasto all'IA? E soprattutto: a quale scopo, e a beneficio di chi?

Come funziona davvero Your Year with ChatGPT

Your Year with ChatGPT  è stata lanciata alla fine del 2025 e sarà disponibile in alcuni mercati selezionati, tra questi, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda. È un’operazione di engagement: raccontare l’anno appena trascorso serve a rafforzare la familiarità con il servizio e a renderlo più “personale”.

La funzione è accessibile agli utenti con account Free, Plus e Pro, a condizione che abbiano attivato le opzioni di salvataggio della memoria e di cronologia delle conversazioni, oltre ad aver raggiunto una soglia minima di utilizzo nel corso dell’anno.

Queste impostazioni consentono al sistema di ricordare le conversazioni passate e di utilizzarle per fornire risposte più contestualizzate. Entrambe risultano attive di default. Qui sta il nodo. Non è immediato per gli utenti disattivarle e spesso non è chiaro come vengono trattati i dati.

La memoria lunga dell’intelligenza artificiale

Il tema della privacy non arriva dal nulla. Tra il 2024 e il 2025, OpenAI è finita più volte sotto la lente delle autorità europee e italiane per il modo in cui gestisce i dati degli utenti. In Italia, il Garante per la protezione dei dati personali ha inflitto all’azienda una multa da 15 milioni di euro, accusandola di scarsa trasparenza e di aver utilizzato informazioni personali senza una base legale chiara.

Negli Stati Uniti problemi di sicurezza e cause legali hanno portato a situazioni paradossali: in alcuni casi OpenAI è stata obbligata a conservare le conversazioni anche dopo la richiesta di cancellazione da parte degli utenti. Un dettaglio tutt’altro che marginale, che apre una domanda: cosa significa davvero “eliminare” una chat quando a ricordarla è un sistema di intelligenza artificiale?

Ad ogni modo. Chi desidera disattivarle può farlo accedendo a Impostazioni → Personalizzazione → Gestione Memorie, dove è possibile spegnere i toggle relativi o cancellare singole informazioni salvate, chiedendo di fatto a ChatGPT di “dimenticare” determinati dati.

Chiaramente così facendo rinunciamo al simpatico wrapped di ChatGPT. Ne vale la pena? Di sicuro merita un riflessione. Anche perché, in un ecosistema digitale che premia la memoria e la profilazione, stiamo diventando sempre meno consapevoli di ciò che scegliamo di lasciare indietro, chat dopo chat.

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