Che fine fanno tutti i ventilatori portatili che vediamo in giro

Li vediamo in giro già da qualche anno, ma è soprattutto questa estate, con l'anomala ondata di calore che ha interessato buona parte dell'Europa nelle ultime settimane di giugno, che sono letteralmente esplosi.
I mini ventilatori portatili sono l'ultimo sintomo di un fenomeno sempre più vasto e dalle implicazioni ambientali allarmanti: il fast tech. Ovvero il consumo usa e getta di apparecchi e dispostivi elettronici, spesso venduti a prezzi molto bassi e gettati via al primo malfunzionamento o semplicemente dimenticati nel cassetto per anni perché legati a un consumo stagionale o a una moda passeggera. In sostanza, è il fast fashion applicato all'elettronica.
Quanti mini ventilatori usiamo
I mini ventilatori portatili sono ormai in vendita ovunque. La maggior parte funzionano a pila ma sono anche ricaricabile con cavetto USB. Sono molto piccoli e soprattutto estremamente economici: in media un mini ventilatore costa meno che una pizza. Online se ne trovano tantissimi sotto i dieci euro, mentre raramente superano i venti euro.
Proprio perché sono così economici vengono acquistati continuamente. Non disponiamo dei dati per il mercato in Italia, ma per avere un'idea possiamo leggere quelli per il Regno Unito riportati dal Guardian. Recycle Your Electricals (Ricicla i tuoi prodotti elettrici), una campagna dell'associazione Material Focus, stima che ogni anno vengono acquistati più di 1,14 miliardi di questi piccoli gadget elettronici, compresi i mini vaporizzatori. Come se non bastasse, sempre in un anno, la metà du questi (589 milioni) vengono gettati via.
Perché il loro consumo usa e getta è un problema
Secondo Scott Buttler, presidente di Material Focus, il problema del fast tech, alla stregua del fast fashion, risiede nel mix di prezzi stracciati, qualità bassa e resistenza minima di questi oggetti. Queste caratteristiche rischiano infatti di far dimenticare alle persone che si tratta comunque di dispositivi elettronici e in quanto tale non dovrebbero mai essere trattati come oggetti usa e getta.
Il consumo usa è getta è di per sé una delle fonti più impattanti di inquinamento, ma i rifiuti elettronici, noti anche come RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), hanno delle caratteristiche che rendono il loro corretto smaltimento un argomento particolarmente complesso. Per prima cosa per il volume di rifiuti che produciamo e che negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente: nell'arco di dieci anni, dal 2012 al 2021, la quantità di dispositivi elettronici immessa nel mercato in Ue è raddoppiata, passando da 7,6 a 13,5 milioni. Nel 2021 in media sono stati raccolti 11kg di rifiuti elettrici ed elettronici per abitante nell'UE.
I rischi dei rifiuti elettronici
Poi c'è il tema dello smaltimento: se non avviene in modo corretto infatti le componenti presenti dentro i dispositivi, come metalli preziosi o tossici, possono contaminare il suolo e l'acqua rilasciando sostanze nocive per l'uomo e per l'ambiente. Tutto questo si aggiunge all'enorme questione della provenienza dei minerali rari, come il cobalto, utilizzati per realizzare le componenti dei dispositivi elettronici. Ancora troppo spesso questi arrivano da paesi che non rispettano i diritti umani ed espongono le persone che lavorano nell'estrazione di questi minerali a gravi rischi per la loro salute.
La questione del fast tech va ben oltre quindi i mini ventilatori portatili, riguarda invece a 360 gradi il nostro uso quasi mai non consapevole dei prodotti elettronici, sempre più spesso gettati via al primo problema, quando invece sarebbe giusto ripararli e non sostituirli immediatamente con un nuovo acquisto, destinato a breve alla stessa fine.