Blocco dei siti porno, cosa succede quando viene inserita la verifica dell’età: i dati degli Stati Uniti

Il 12 novembre in Italia sarebbe dovuto entrare in vigore il nuovo sistema di age verification per tutti i siti porno inseriti nella lista dell'Agcom. Sarebbe, perché in realtà molti sono ancora adesso accessibili: come ha spiegato Agcom verranno le piattaforma ora hanno tre mesi per adeguarsi. Ma questo non è il problema principale. Il vero nodo potrebbe essere un metodo che, oltre ad essere poco efficace, è anche rischioso per gli utenti.
Come ha rivelato un nuovo rapporto pubblicato dal think tank indipendente Phoenix Center — già noto per le sue analisi nel campo delle politiche digitali — i sistemi di verifica dell'età rischiano di esporre gli utenti, creando problemi sul piano dei diritti fondamentali e della sicurezza digitale.
Il rapporto di basa sui dati raccolti negli Stati Uniti. In alcuni Stati degli Usa, infatti, il sistema di verifica dell'età funziona da almeno un paio di anni. Il report diventa così uno scorcio sul futuro e un monito su sistemi che, stando ai dati, sembrano comportare più costi che benefici.
Un sistema che non protegge: l’analisi del Phoenix Center
L’obbligo di fornire documenti d’identità a piattaforme private apre interrogativi su conservazione, gestione e potenziali violazioni dei dati. Non solo. Secondo il documento, la verifica dell'età tramite documenti d’identità digitali o sistemi biometrici non blocca l’accesso da parte dei minorenni. I ricercatori hanno infatti analizzato le variazioni nel comportamento degli utenti attraverso dati pubblici, rilevando un netto aumento delle ricerche relative a strumenti alternativi come le VPN. Negli Stati dove è attiva la verifica dell'età le query “VPN” e “porn gratis” sono cresciute rispettivamente del 47% e del 30%.
Secondo il rapporto il sistema crea così anche rischi collegati alla sicurezza informatica. L’uso diffuso di VPN gratuite — spesso scelte da utenti che vogliono soltanto evitare la procedura di verifica — espone infatti a possibili fughe di dati, tracciamenti non autorizzati e malware. Per il Phoenix Center, questi elementi contribuiscono a creare un sistema nel quale “gli oneri superano significativamente i benefici”, con un impatto che può arrivare a indebolire la fiducia degli utenti nell’infrastruttura digitale stessa.
Guardando i dati italiani di Google Trends, si vede come è stato registrato un picco di ricerche con la chiave VPN tra il 27 ottobre e il 1° novembre. Erano i giorni in cui i media italiani hanno annunciato la verifica dell'età sui siti pornografici.
Il nodo costituzionale: diritti e proporzionalità
Il contesto legale complica ulteriormente la situazione. A giugno 2025 la Corte Suprema ha stabilito che la legge del Texas, una delle più severe nel Paese, è costituzionale. Secondo la maggioranza, l’obbligo di identificarsi non rappresenta una limitazione eccessiva dei diritti e risponde a un “interesse pubblico sostanziale”.
La sentenza ha dato ai legislatori statali un segnale chiaro: c’è spazio per spingere su regolamentazioni più rigide. Ma ha anche messo in allarme chi teme che, dietro la retorica della protezione, si nasconda un precedente pericoloso nel rapporto tra privacy, identità digitale e libertà online.
Il Phoenix Center sostiene che questo nuovo regime normativo abbia ben poco della tutela che promette: è, piuttosto, un intervento eccessivo che colpisce soprattutto gli adulti e lascia intatto il problema che pretende di risolvere.
Una riflessione che riguarda anche l’UE
Il dibattito statunitense arriva in un momento in cui anche l’Unione Europea sta ridefinendo il proprio approccio alla tutela dei minori online. Sebbene il Digital Services Act (DSA) ponga l’accento sulla responsabilità delle piattaforme e sulla moderazione algoritmica, il tema della verifica dell’età rimane aperto e oggetto di discussione fra i Ventisette.
La domanda centrale — tanto negli USA quanto in Europa — resta la stessa: come coniugare protezione dei minori, tutela dei diritti fondamentali e sicurezza digitale senza creare barriere sproporzionate per gli adulti?
Per ora, il nuovo studio americano suggerisce un principio di cautela: qualsiasi politica pubblica che incida sulla libertà di espressione deve dimostrare non solo di avere un obiettivo legittimo, ma anche di raggiungerlo in modo efficace e con il minor impatto possibile.