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Abbiamo provato in anteprima Starfield, breve racconto del nostro viaggio tra mille pianeti

In arrivo il prossimo 6 settembre in esclusiva Xbox Series X|S e PC, anche tramite abbonamento Game Pass, Starfield è la nuova attesa epopea spaziale dai creatori di Skyrim e Fallout. Si tratta del primo titolo sviluppato da Bethesda dopo l’acquisizione da parte di Microsoft.
A cura di Lorena Rao
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Nel 2330 l’umanità è ormai in grado di viaggiare nello Spazio. Della Terra non c’è più traccia, ma l’enorme progresso tecnologico ha portato la civiltà a diffondersi tra le stelle. Sistema solare, Alfa Centauri, Porrima: nessun sistema sembra irraggiungibile, grazie ai balzi generati dai gravimotori. Questo almeno secondo Starfield, il gioco di ruolo di Bethesda presentato per la prima volta nel 2018. Un titolo che si porta dietro un certo peso, e per diversi motivi. Dà il via a un nuovo immaginario sci-fi da affiancare al fantasy di The Elder Scrolls e al post-apocalittico di Fallout, serie di giochi di ruolo per cui lo studio californiano è noto tra il pubblico videoludico. Rappresenta un buon modo per saggiare l’acquisizione di Bethesda da parte di Microsoft, avvenuta nel 2021 e costata 7,5 miliardi di dollari. Si tratta di una una delle esclusive più importanti della generazione Xbox Series X|S.

A tutto questo si aggiunge il fatto che Starfield è stato presentato come una space opera colossale, con oltre mille pianeti generati in modo procedurale (cioè che presentano delle varianti in ogni partita), da esplorare per raccogliere risorse, creare avamposti, migliorare la propria nave e, soprattutto, scoprire storie di luoghi e persone. Ora che il titolo è prossimo all’uscita, possiamo dirvi se rispetta le enormi ambizioni che si porta con sé.

L’esplorazione spaziale secondo Starfield

Nonostante i diversi anni in avanti in cui è ambientato Starfield, la società non è poi tanto diversa da quella attuale. Il libero mercato esiste ancora, così come lo sfruttamento delle risorse planetarie, la corruzione politica, la disparità sociale. Non mancano nemmeno le cose belle però, come il fascino verso l’ignoto. Del resto, l’umanità sarà pure in grado di colonizzare satelliti e pianeti, ma è ben lontana dallo scoprire tutti i misteri celati dal cosmo, come gli strani manufatti che hanno catturato l’attenzione di Constellation. Parliamo di un collettivo finanziato da un ricco mecenate, composto da avventurieri che scandagliano l’universo alla ricerca di risposte. Nei panni di un membro novizio, dovremo contribuire alla ricerca dei manufatti prima menzionati.

Un pretesto narrativo semplice, come da tradizione Bethesda, per dare origine a un’avventura da noi plasmabile all’interno di un universo di gioco all’impatto sconfinato. Non a caso, la sensazione più frequente durante le prime fasi è lo spaesamento. Soprattutto nelle città. Ogni luogo ha una sua cultura, una sua estetica, una sua essenza, nonostante siano sempre abitati da persone. In Starfield infatti non esistono gli alieni, non nel senso pop del termine: l’umanità non ha ancora avuto contatti con nessun altro essere senziente paragonabile all'uomo, ma solo con flora e fauna planetaria.

STARFIELD | La fauna pacifica che è possible incontrare esplorando i pianeti
STARFIELD | La fauna pacifica che è possible incontrare esplorando i pianeti

Ciò non toglie fascino alle varie città umane presenti nel gioco, ognuna caratterizzata a suo modo. Nuova Atlantide colpirà per i suoi grattacieli retrofuturistici e le sue architetture luminose, dentro cui prendono vita storie di giovani imprenditrici rampanti, ricercatori ambiziosi ma anche gente altruista dei bassifondi. Akila City invece resterà impressa per il suo stile da villaggio western, con le sue baracche di legno e gli stradoni terrosi. Qui conosceremo coloni in cerca di un appezzamento di terra e sceriffi alle prese con le bande locali, in un mix di situazioni che richiamano simbolicamente la conquista della frontiera spaziale.

A proposito di caratterizzazione, vale la pena menzionare la cura mostrata da Bethesda per la narrazione ambientale. Nel gioco, infatti, non sempre è necessario parlare con qualcuno per comprendere l’essenza di un luogo. Basta osservare l’arredamento di un posto, gli abiti nascosti negli armadietti o leggere le mail da un computer incustodito per conoscere meglio chi abita quegli ambienti.

STARFIELD | Un dettaglio degli interni
STARFIELD | Un dettaglio degli interni

All'interno di questi contesti così variegati, potremo avere un ruolo centrale. Come? Rubando, dialogando e portando a termine le attività commissionateci dai tanti abitanti incontrati, la maggior parte di loro memorabili. Merito di una scrittura davvero curata e sfaccettata, che riesce a dare la giusta profondità agli uomini e alle donne incrociati nel nostro peregrinare.

Dentro le città potremo anche perfezionare la nostra nave, se non acquistarne di nuove. L’importante è avere i crediti necessari e le abilità richieste. Inoltre, a fase inoltrata di gioco, sarà possibile costruire da zero la propria nave, scegliendo e personalizzando le singole componenti. D’altronde un buon mezzo è essenziale per poter sopravvivere negli scontri a fuoco contro le navi di pirati spaziali.

STARFIELD | Anche se all'apparenza tutto sembra quieto, durante la navigazione possiamo subire imboscate dai pirati spaziali
STARFIELD | Anche se all'apparenza tutto sembra quieto, durante la navigazione possiamo subire imboscate dai pirati spaziali

Una volta atterrati su un pianeta (purché non sia gassoso, altrimenti è impossibile), l’esperienza di gioco cambia e diventa più chill, più rilassante, purché si abbia la tuta giusta per sopportare le condizione atmosferiche più critiche. Una volta ben equipaggiati, ci ritroveremo a passeggiare per lande davvero vaste, dove scansionare le risorse, la flora e la fauna. Capiterà poi di imbattersi in avamposti, sia di coloni che di nemici, nonché in laboratori abbandonati e caverne.

Non è ancora tutto: anche nei pianeti è possibile dedicarsi alle costruzioni, in particolare di avamposti di estrazione mineraria, abitativi, di ricerca, attraverso cui raccogliere materiali, insediare membri dell’equipaggio assoldati in giro(sì, si può fare pure questo) e sviluppare progetti di ricerca. Decisamente meno appagante è il viaggio tra i sistemi stellari esplorabili (circa un centinaio), che si limita ad essere una sequela di viaggi rapidi per mezzo di una gestione della mappa galattica macchinosa e dispersiva. Un vero peccato, perché spesso dà la sensazione di tranciare il buon ritmo di gioco visto nei pianeti e nei centri abitati.

In Starfield puoi essere chiunque

Già fin qui appare chiara la mole di possibilità offerte da Starfield, e manca ancora una disamina sulla componente ruolistica, uno dei principali pregi della produzione Bethesda. Ruolare, nell’ambito dei giochi di ruolo, vuol dire interpretare un personaggio. In tal senso, Starfield ci offre una miriade di opzioni di personalizzazione del protagonista. A partire dal corpo e dal background narrativo, che in termini di gioco sblocca particolare opzioni di dialogo in determinate situazioni. Ma è una volta iniziata l’avventura che possiamo toccare davvero con mano la varietà d’approccio offerta dal gioco, in diversi aspetti.

Sul fronte gameplay, se preferiamo avere un personaggio più improntato sulla retorica e meno sulle armi, allora è bene far crescere l’abilità persuasione, qui perfezionata rispetto agli altri giochi di Bethesda. Se invece preferiamo concentrarci sulle costruzioni e la ricerca sono necessarie conoscenze tecnologiche legate alle navi e agli avamposti. Insomma, a seconda di come decidiamo di spendere i punti abilità acquisiti ad ogni nuovo livello, sbloccheremo capacità che ci aiuteranno nei combattimenti, nei dialoghi e nella costruzione. Dipende su cosa ci vogliamo concentrare di più.

STARFIELD | Se messi alle strette, i nemici possono fuggire
STARFIELD | Se messi alle strette, i nemici possono fuggire

Rimanendo nei meandri della personalizzazione, tocca rimettere in mezzo la qualità della scrittura. La caratterizzazione di luoghi e personaggi prima elogiata permette tanti tipi di interazione che andranno a influenzare l’avventura e il protagonista stesso. Intessere un rapporto speciale con i vari membri di Constellation o allearsi con una fazione piuttosto che con un’altra: ogni scelta influenza le dinamiche e le relazioni che il nostro personaggio può incontrare.

Tutto questo apre o chiude archi narrativi o vere e proprie missioni, il che rende molto personale l’esperienza di gioco. Un aspetto che è mancato nei più recenti giochi di ruolo di matrice occidentale, come Cyberpunk 2077. Discorso simile per la qualità della scrittura delle missioni, sia principali, che spesso contengono colpi di scena e decisioni non facili, sia secondarie, perché aprono risvolti davvero interessanti, in cui è piacevole perdersi. In altre parole, in Starfield per fortuna non ci sono "fetch quest" à la Final Fantasy 16 – o à la Fallout 4 per restare in casa Bethesda – ossia contenuti riempitivi che di concreto non danno nulla, se non noia e ore di gioco in più.

Il nostro giudizio su Starfield

Se la qualità della scrittura e della caratterizzazione del mondo di gioco è quasi una certezza nella produzione di Bethesda, lo sono altrettanto i bug. Oggetti che volano, personaggi che scompaiono e altre stranezze simili sono ciò che hanno contribuito a rendere cult giochi come Skyrim. Starfield non è esente da questo, sebbene, a detta del team di sviluppo, sia il gioco meno baggato nella storia di Bethesda. Nel corso della nostra prova, effettuata su Xbox Series S, il gioco ci ha regalato qualche scena divertente come personaggi senza testa o seduti sul vuoto. Raramente qualcosa di più spiacevole (un paio di volte in oltre 60 ore) come il crash del gioco, complici probabilmente le lunghe sessioni necessarie per effettuare la recensione nella maniera più completa possibile.

STARFIELD | Alcuni luoghi sono da immortalare, grazie alla modalità fotografica
STARFIELD | Alcuni luoghi sono da immortalare, grazie alla modalità fotografica

Tecnicamente il titolo non fa comunque urlare al miracolo, sebbene il motore grafico utilizzato da sempre dallo studio statunitense, il Creation Engine, sia qui nella sua forma più performante, il che garantisce una resa migliore dei dettagli degli oggetti e dell’espressività dei personaggi. Per il resto il gioco resta fedele a una regia obsoleta, specie durante i dialoghi, con inquadratura frontale dell’interlocutore. Un’impostazione che trasmette un senso di staticità che speravamo di superare arrivati a questo punto. Quanto alla fluidità, siamo sui 30 frame al secondo, a volte soggetti a cali nelle sezioni più concitate. Niente di veramente inficiante, ma che è giusto tenere in conto.

Per concludere. Nonostante la mancata rivoluzione tecnica e di meccaniche, a cui si aggiunge la navigazione macchinosa nella mappa galattica, il gioco funziona egregiamente perché permette una libertà d’approccio davvero eterogenea e ben strutturata, strettamente legata alle preferenze di chi gioca. Va da sé che ciascuno può in un certo senso personalizzare la propria space opera, vivendo situazioni che un altro giocatore non incontrerà mai probabilmente, e viceversa, per un'avventura intima nello spazio sconfinato che può richiedere anche centinaia di ore per essere completata a dovere. Un gioco di ruolo con la “G” maiuscola, che saprà soddisfare non solo chi è già avvezzo all’esperienza targata Bethesda, ma soprattutto chi desidera sognare un futuro verosimile nel cosmo, da vivere pienamente in prima persona.

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