A LeBron James non sono piaciute le sue foto con il pancione da gravidanza

LeBron James incinto. LeBron James senzatetto. LeBron James testimone muto di una violenza in carcere o con la lingua fuori a carponi sul pavimento. Nessuna di queste immagini è reale, anche se lo sembrano. Tutte sono state create con un'intelligenza artificiale generativa, poi sono state pubblicate sui social e hanno raggiunto milioni di visualizzazioni. È già successo. Taylor Swift, Emma Watson, Rose Villain, Elon Musk. La lista delle celebrità trasformate in deepfake è lunga, eppure il caso LeBron James costituisce un precedente nel mercato delle immagini fase che sembrano vere.
Il giocatore di basket ha deciso di intentare una causa contro FlickUp, piattaforma per la generazione di contenti IA fondata da Jason Stacks. L’intervento degli avvocati è un segnale importante in un contesto ancora poco regolamentato. Fino ad oggi, solo pochi casi avevano portato ad azioni legali concrete. Con l’evoluzione delle tecnologie di generazione automatica di immagini e video, è probabile che altri atleti, musicisti e personaggi pubblici scelgano di intraprendere azioni simili per proteggere la propria immagine. Per piattaforme e creator, la lezione è chiara: il “Far West” dell’AI potrebbe presto diventare un terreno regolamentato e rischioso per chi non rispetta le regole.
I deepfake di LeBron James creati con l'IA
Le imagini virali non sono solo clip ironiche o parodistiche, ma spesso di scene disturbanti e offensive: James rappresentato come senzatetto, in pose sessualmente esplicite, incinto o coinvolto – insieme a Steph Curry – in una scena di violenza sessuale orchestrata da una versione AI del rapper Diddy. Molti di questi contenuti, creati e diffusi attraverso una community su Discord, hanno raggiunto milioni di visualizzazioni. Il video con Diddy, pubblicato su Instagram, ha superato 6 milioni di visualizzazioni.
LeBron James dichiara guerra ai deepfake: piattaforma AI costretta a ritirare i modelli
A fine giugno, gli amministratori del server Discord di Interlink AI hanno annunciato la rimozione immediata di tutti i modelli che riproducevano persone reali. La decisione, come spiegato alla community, è stata presa dopo l’arrivo di una diffida legale da parte degli avvocati di LeBron James, lo studio newyorkese Grubman Shire Meiselas & Sacks, che rappresenta numerose star dello sport e dello spettacolo.
Jason Stacks, fondatore di FlickUp, ha spiegato a 404 Media: "Un paio di settimane fa abbiamo ricevuto una diffida per l’uso dell’immagine di LeBron James e di altri giocatori famosi. Nel giro di mezz’ora abbiamo rimosso tutti i modelli di persone reali. L’IA generativa è ancora una sorta di Far West quando si parla di copyright e diritti di immagine, ma vogliamo assicurarci di restare dalla parte giusta della legge". Instagram ha cancellato tre account che avevano pubblicato video non consensuali di James, ciascuno con milioni di visualizzazioni.
Vuoti legislativi e nuove regole: la risposta all’esplosione dei deepfake
Finora i contenuti deepfake sono proliferati all'interno di vuoti legislativi, ma l'Europa sta iniziando a muoversi. La Danimarca, per esempio, introdurrà una normativa per tutelare i cittadini dall’uso improprio dell’intelligenza artificiale. Il governo, con l’appoggio di tutti i principali partiti, ha annunciato un disegno di legge che riconoscerà alle persone un vero e proprio “copyright” sul proprio volto, sulla voce e sulle caratteristiche fisiche, rendendo illegale la diffusione di deepfake e di qualsiasi imitazione digitale non autorizzata.
Anche la Francia ha rafforzato il proprio codice penale. Dal 2024, condividere video o audio generati dall’IA senza il consenso della persona coinvolta può costare fino a due anni di carcere e 45.000 euro di multa, pene che salgono a tre anni e 75.000 euro per i deepfake pornografici. Nel Regno Unito, diverse leggi – dal Data (Use and Access) Bill al Sexual Offenses Act – puniscono chi crea immagini deepfake a scopo sessuale, con sanzioni che arrivano fino a due anni di detenzione e multe illimitate.
Il caso di LeBron James è solo la punta dell'iceberg. Non si tratta solo di tutelare star e influencer, ma chiunque: in un mondo in cui la nostra immagine può essere replicata e manipolata in pochi secondi, il diritto a controllare la propria identità rischia di diventare un lusso per pochi.