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Questo lago potrebbe scomparire in 5 anni ed esporre milioni di persone alla polvere di arsenico

Si tratta del Great Salt Lake dello Utah, il più grande lago salato dell’emisfero occidentale, che potrebbe superare il punto di non ritorno già entro la fine del 2024.
A cura di Valeria Aiello
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Il Great Salt Lake dello Utah nell'agosto del 2021 / Getty
Il Great Salt Lake dello Utah nell'agosto del 2021 / Getty

Il Great Salt Lake dello Utah, il più grande lago di acqua salata dell’emisfero occidentale, potrebbe scomparire entro i prossimi cinque anni, esponendo milioni di persone alla polvere tossica intrappolata nel suo fondale. Lo afferma un team di ricerca degli Stati Uniti, calcolando che per invertire il suo declino servirebbero oltre 1.200 miliardi di litri di acqua ogni anno, abbastanza per riempire quasi 500.000 piscine olimpioniche. Senza questa quantità, precisano gli esperti in un rapporto del 4 gennaio, il lago potrebbe superare il punto di non ritorno entro la fine del 2024.

Il Great Salt Lake dello Utah potrebbe scomparire entro cinque anni

Il Great Salt Lake, precisa il rapporto, ha già perso il 73% della sua acqua e il 60% della sua superficie dal 1850, con una riduzione del contenuto idrico totale che è accelerata dal 2020, a causa di deviazioni che hanno privato il lago di oltre due terzi del suo flusso naturale. Attualmente, si trova 5,8 metri al di sotto del suo livello medio, in una situazione che gli esperti definiscono come “un pericolo senza precedenti”.

Il Great Salt Lake offre un habitat naturale a circa 10 milioni di uccelli migratori e porta allo Utah circa 2,5 miliardi di dollari all’anno di attività economica, ma per salvarlo – stimano gli esperti – l’utilizzo complessivo dell’acqua deve essere ridotto rapidamente dal 30 al 50%. Il suo collasso, d’altra parte, avrebbe impatti regionali e persino emisferici.

Oltre alla carenza d’acqua per fattorie, case, serbatoi e l’estrazione di minerali critici dalla salamoia, come litio e magnesio, il rapido prosciugamento del lago rappresenterebbe infatti un grave rischio per l’ambiente e per la salute umana. Intrappolate nel suo fondale ci sono polveri tossiche miste a metalli e metalloidi pericolosi, come antimonio, rame, zirconio e arsenico che potrebbero essere sollevate e trasportate dalle raffiche di vento, danneggiando le colture e degradando il suolo; se inalate, aumenterebbero il rischio di malattie come asma, bronchite, cardiopatie e cancro.

La riduzione del contenuto idrico del bacino sta inoltre portando la sua salinità al di sopra dei livelli considerati sicuri per le alghe e l’artemia salina, che sostengono la sua enorme rete alimentare, spingendo l’ecosistema della regione sull’orlo del collasso totale. “Dobbiamo ridurre rapidamente il nostro consumo di acqua o subirne le conseguenze. Non si può negoziare con la natura” scrivono i ricercatori, guidati dall’ecologo Benjamin Abbott della Brigham Young University di Provo, nello Utah.

Non tutte le speranze sarebbero però perse. Il Great Salt Lake è alimentato dai fiumi Weber, Jordan e Bear, che a loro volta traggono la loro acqua dallo scioglimento della neve sulle montagne Wasatch a est e a nord di Salt Lake City. Le nevicate superiori alla media di quest’inverno potrebbero quindi tradursi in una notevole quantità di acqua, che potrebbe essere utilizzata per reintegrare il lago. Affinché ciò accada, affermano gli autori del rapporto, i politici dovranno dichiarare misure di emergenza per impedire che venga deviata per altri scopi.

Dobbiamo tirare le leve di emergenza per portare l’acqua dal nostro manto nevoso al lago – ha affermato Abbott – . Ci sono già stati progressi davvero incoraggianti, con misure sostanziali approvate lo scorso anno che incoraggeranno la conservazione a lungo termine. Ma dobbiamo aggiungere un salvataggio di emergenza al mix”.

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