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Perché in inverno abbiamo bisogno di dormire di più che in estate

Il sonno segue un modello stagionale, adattandosi ai cambiamenti naturali di temperatura e luce.
A cura di Valeria Aiello
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Biologicamente, le persone hanno bisogno di dormire di più durante l’inverno. Lo suggeriscono crescenti evidenze scientifiche che indicano come il sonno segua precisi modelli stagionali, adattandosi ai cambiamenti di temperatura e luce. Questi studi sull’impatto delle stagioni sul riposo notturno sono però spesso stati condotti in ambienti di laboratorio, per cui l’entità di tali cambiamenti nella vita reale e, specialmente negli ambienti urbani, non è ancora completamente chiarita.

In risposta a queste limitazioni, una recente ricerca dell’Ospedale universitario della Charité di Berlino si è tuttavia concentrata sulla valutazione della durata e dell’architettura del sonno nell’arco di un anno, coinvolgendo circa 300 persone che regolarmente frequentavano un laboratorio del sonno neurologico/psichiatrico in Germania. “Rispetto ad altri studi simili – hanno spiegato i ricercatori – l’ambiente abituale dei pazienti non è stato manipolato prima delle polisonnografie” ovvero gli esami che hanno consentito agli studiosi di monitorare i parametri fisiologici dei partecipanti durante il riposo notturno e che hanno mostrato come, durante i mesi invernali, la cosiddetta fase REM del sonno duri in media mezz’ora in più.

Secondo il dottor Dieter Kunz dell’Ospedale universitario della Charité di Berlino che, insieme ai colleghi, ha valutato i modelli del sonno nell’ambito della ricerca, l’indagine è stata la prima a studiare il comportamento del sonno in un ambiente naturale senza luce artificiale, regolazioni tecniche della temperatura o rumore di fondo. Gli studiosi si sono infatti assicurati che i partecipanti allo studio si svegliassero naturalmente (cioè senza sveglie o simili) nell’ambito di tre misurazioni, portate avanti per tre notti ogni mese, il che ha permesso di avere dati da poter analizzare e confrontare su scala annuale.

L’influenza delle stagioni sul sonno

I risultati dello studio, appena pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Neuroscience, hanno mostrato che la fase REM del sonno dura in media mezz’ora in più in inverno rispetto alla primavera e si intensifica verso la fine della notte, fino a rappresentare il 25% del sonno. Gli studiosi hanno anche rilevato periodi più brevi di sonno profondo in autunno, con un minimo a novembre. Il tempo totale di sonno, d’altra parte, è sembrato essere di circa un’ora in più in inverno rispetto all’estate, anche se questo risultato non è stato considerato statisticamente significativo.

Gli studiosi suggeriscono che tali variazioni stagionali siano sperimentate anche dalle persone che vivono in contesti urbani e che, a causa di rumori di fondo o sveglie, hanno un sonno interrotto. “Se confermati (in ambienti urbani, ndr) questi dati fornirebbero la prima prova della necessità di adattare le abitudini del sonno alla stagione” affermano gli studiosi, osservando come queste abitudini rimangano comunque invariate durante l’inverno, il che può portare a sensazioni di stanchezza in molte persone, specialmente nei mesi di febbraio e marzo.

Per contrastare tutto ciò, i ricercatori raccomandano quindi di andare a letto prima durante l’inverno. “La stagionalità è onnipresente in ogni essere vivente su questo pianeta” sottolinea Kunz. Sebbene ci possano essere livelli di rumore costanti nelle grandi città, possa esserci luce in qualsiasi momento della giornata e le temperature siano di qualche grado più calde o più fredde a seconda dei contesti, gli orologi biologici interni delle persone continuano a ticchettare. “In generale – ha concluso l’esperto – le società dovrebbero adattare i propri schemi di sonno, compresa la durata e l’orario, alla stagione, o adeguare gli orari scolastici e di lavoro alle esigenze di sonno stagionali”.

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