Paralizzato da 11 anni torna a camminare (e a fare le scale) grazie a un dispositivo rivoluzionario
Un quarantenne dei Paesi Bassi è tornato a camminare quasi normalmente dopo 11 anni di paralisi grazie a un rivoluzionario impianto. Il dispositivo crea un vero e proprio ponte digitale tra il cervello e la colonna vertebrale del paziente, bypassando la lesione midollare (nel caso specifico parziale) e permettendo così di nuovo il movimento. In parole molto semplici, l'apparecchiatura – ancora sperimentale e non commerciale, quindi ingombrante e invasiva – traduce i segnali motori del cervello in una stimolazione elettrica ai nervi del midollo spinale, innescando così il movimento volontario, che può essere calibrato anche in termini di forza. Diversi approcci analoghi, basati sulla stimolazione epidurale del midollo spinale o stimolazione elettrica epidurale (EES) hanno permesso a pazienti paralizzati di tornare a muovere passi, ma questa è la prima volta che il movimento volontario viene innescato attraverso l'attività cerebrale del paziente stesso.
Protagonista di questo straordinario risultato medico è l'olandese Gert-Jan Oskam, un uomo che all'età di 29 anni rimase paralizzato in seguito a un terrificante incidente in bicicletta, che gli procurò una lesione incompleta al midollo spinale. Alcuni anni dopo la caduta il giovane entrò a far parte di un progetto sperimentale, volto proprio a riabilitare i pazienti tetraplegici attraverso la stimolazione elettrica. Grazie a un primo impianto l'uomo era tornato a camminare, ma non senza grosse difficoltà. Ad esempio poteva percorrere solo superfici piane (niente scale e gradini), inoltre aveva problemi con il movimento del tallone, col partire e il fermarsi. Così ha deciso di sottoporsi come “cavia” allo sviluppo di una nuova tecnologia tanto invasiva quanto innovativa, in grado di trasferire il controllo dei movimenti direttamente dal cervello. In pratica, l'idea degli scienziati era creare un ponte digitale tra un impianto nella corteccia sensomotoria del cervello (deputata alla stimolazione dei muscoli) e i nervi del midollo spinale.
Per ottenere questo risultato i ricercatori hanno chiesto al paziente di eseguire i movimenti desiderati col pensiero; la sua attività cerebrale è stata captata e trasformata in stimolazione elettrica, da convogliare in modalità wireless all'impianto nel midollo spinale. L'intero meccanismo è guidato da un'intelligenza artificiale che analizza e invia questi segnali in modo corretto, dosando la regolazione del peso, il sollevamento e l'abbassamento delle gambe, i movimenti delle articolazioni e così via. Il risultato è un'andatura quasi normale. Grazie a questo nuovo impianto, infatti, il quarantenne ora cammina in modo più naturale e può anche salire le scale, cosa impossibile con il precedente impianto nel midollo spinale.
A mettere a punto questa tecnologia rivoluzionaria (lo ribadiamo, ancora sperimentale) è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati svizzeri del Politecnico federale di Losanna (EPFL), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università Grenoble Alpes (Francia), del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, Ospedale universitario di Losanna (CHUV), dell'azienda Medtronic di Minneapolis (Stati Uniti) e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dal professor Gregoire Courtine, ricercatore presso il NeuroX Institute – Scuola di Scienze della Vita dell'ateneo svizzero, spiegano che questa interfaccia cervello-colonna vertebrale (BSI) può esse configurata in pochi minuti. “È costituita da sistemi di registrazione e stimolazione completamente impiantati, che stabiliscono un collegamento diretto tra i segnali corticali e la modulazione analogica della stimolazione elettrica epidurale mirata alle regioni del midollo spinale coinvolte nella produzione della deambulazione”, spiegano nell'abstract dello studio.
Tra i limiti della tecnologia, al momento, vi è il fatto che è molto invasiva e pesante. Nel cranio di Gert-Jan Oskam sono stati infatti impiantati due elettrodi per entrare in contatto con la corteccia sensomotoria e trasferire l'attività cerebrale alla centralina nel midollo. Ma il prototipo è in mano a un'azienda che sta provando a miniaturizzarne gli elementi al fine di renderli “commerciali”. La speranza è che possa aiutare quante più persone possibili nella condizione del quarantenne, sebbene le lesioni al midollo spinale non sono tutte uguali e dunque non sarà una soluzione per chiunque. Curtine e colleghi ora stanno lavorando a un approccio simile anche per gli arti superiori. I dettagli della ricerca “Walking naturally after spinal cord injury using a brain–spine interface” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.