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Covid 19

Ora sappiamo quali sono gli effetti del Covid sul cervello umano

Li mostrano i risultati di un nuovo studio pubblicato su Nature da un team di ricerca americano che ha fornito le prime prove molecolari degli effetti neurologici della malattia, confrontato i tessuti cerebrali dei pazienti Covid con quelli di persone che non sono state infettate dal coronavirus.
A cura di Valeria Aiello
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A quasi tre anni dallo scoppio della pandemia è ormai probabilmente chiaro a tutti che il Covid si manifesta come una malattia respiratoria di gravità variabile, che a volte può essere accompagnata da conseguenze neurologiche. Sintomi come la “nebbia mentale”, caratterizzata da deficit della memoria e difficoltà di concentrazione, ma anche altre sequele che limitano le prestazioni cognitive, sono stati riscontrati in tantissimi pazienti Covid anche dopo la guarigione, spesso senza che l’infezione si manifestasse in forma grave. Tuttavia, ciò che finora non era ancora stato dimostrato attraverso prove molecolari è cosa esattamente accade nel cervello, o meglio, nella corteccia frontale, un’area critica per la funzione cognitiva.

Per colmare questa lacuna un team di ricerca del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, nel Massachusetts, uno degli ospedali universitari della Harvard Medical School, ha condotto un’analisi post-mortem, confrontando i tessuti cerebrali di pazienti Covid con quelli di persone che non sono state infettate dal coronavirus Sars-Cov-2. E rilevando, come riportato in uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature Aging, che il Covid determina un calo delle prestazioni cognitive che è molto simile a un invecchiamento cerebrale accelerato. “Il nostro è il primo studio a dimostrare che il Covid-19 è associato alle firme molecolari dell’invecchiamento cerebrale – ha affermato la prima co-autrice e corrispondente dello studio, la professoressa Maria Mavrikaki, docente di patologia presso il Beth Israel Deaconess Medical Center e la Harvard Medical School – . Abbiamo trovato sorprendenti somiglianze tra il cervello dei pazienti con Covid e quello di soggetti anziani”.

Il Covid invecchia il cervello umano

Per giungere a tali osservazioni, i ricercatori hanno eseguito analizzato i campioni di tessuto cerebrale (corteccia prefrontale) di 54 adulti di età compresa tra 22 e 85 anni, inclusi 21 pazienti che avevano avuto una forma grave di Covid, confrontando i livelli di espressione genica con quelli di 21 persone mai infettate dal virus e 1 soggetto asintomatico. I risultati di quest’analisi sono stati inoltre confrontati con quelli di una persona con malattia di Alzheimer mai contagiata (come controllo di un paziente Covid con Alzheimer) e un altro gruppo di 9 soggetti non infetti ma che erano stati ricoverati in terapia intensiva o che avevano ricevuto ventilazione meccanica.

Abbiamo osservato che l’espressione genica nel tessuto cerebrale dei pazienti morti di Covid-19 somigliava molto a quella di individui non infetti di età pari o superiore a 71 anni – ha spiegato Jonathan Lee, ricercatore post-dottorato presso il Beth Israel Deaconess Medical Center e la Harvard Medical School e primo co-autor dello studio – . I geni che normalmente vengono sovra-regolati durante l’invecchiamento lo sono stati anche nel contesto delle forme gravi di Covid. Allo stesso modo anche i geni sotto-regolati nell’invecchiamento sono risultati tali in conseguenza al Covid grave”.

Ad ogni modo, gli studiosi non hanno riscontrato tracce virali nei tessuti cerebrali, pur osservando “modelli infiammatori associati all’infezione da coronavirus” che, secondo i ricercatori, potrebbero “contribuire agli effetti simili all’invecchiamento osservato nei pazienti con Covid e Long Covid” ha aggiunto Lee.

Alla luce di questi risultati, sosteniamo il follow-up neurologico per i pazienti guariti da Covid – ha affermato l’autore senior e co-corrispondente dello studio, il professor Frank Slack, direttore dell’Institute for RNA Medicine presso Beth Israel Deaconess Medical Center – . Sottolineiamo anche il potenziale valore clinico nel modificare i fattori associati al rischio di demenza – come il controllo del peso e la riduzione del consumo eccessivo di alcol – per ridurre il rischio o ritardare lo sviluppo di patologie neurologiche legate all’invecchiamento e il declino cognitivo”.

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