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L’influenza aviaria H5N1 uccide 3.500 leoni marini in Perù

Segnalata anche la morte di 5 otarie orsine in aree naturali protette dove il virus ha già colpito decine di migliaia di uccelli.
A cura di Valeria Aiello
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L’influenza aviaria H5N1, che continua ad essere letale per milioni di volatili nel mondo, sta devastando anche la popolazione di leoni marini del Perù, dove il Servizio Nazionale delle Aree Naturali Protette dallo Stato (Sernanp) ha registrato la morte di 3.487 esemplari (Otaria flavescens) in sette aree protette della costa. Le autorità hanno segnalato anche la morte di 5 otarie orsine (Artocephalus australis), ribadendo l’appello alla popolazione di “non toccare o avvicinarsi alla fauna selvatica in genere, a tutela del benessere e dell’integrità delle persone”. In Perù, il virus è stato rilevato per la prima volta a novembre nei pellicani della costa settentrionale, ma si è rapidamente diffusa nelle regioni del Sud del Paese, uccidendo almeno 63.000 uccelli, tra cui sule, pellicani e guanayes. Il virus sta colpendo anche in Bolivia, Uruguay e Argentina, e recentemente sono stati segnali decessi di animali con diagnosi di influenza aviaria anche nel nord del Cile.

Il fatto che il virus aviario H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) sia una minaccia non solo per gli uccelli ma anche per i mammiferi può rappresentare un potenziale rischio per l’uomo. “Attualmente ha colpito diverse specie, quindi dobbiamo prendere precauzioni per evitare un’altra pandemia per gli esseri umani” ha affermato Mariana Leguia del Laboratorio di genomica presso la Pontificia Università cattolica del Perù a Lima, che ha analizzato campioni raccolti lungo la costa del Paese da novembre. Gli scienziati ritengono che il virus sia stato trasmesso dagli uccelli infetti ai mammiferi, pur non escludendo la potenziale diffusione da mammifero a mammifero.

Di fronte a questa situazione, in via preventiva, il Sernanp sta installando recinzioni perimetrali nelle aree protette nelle quali l’accesso dei visitatori alle spiagge non è limitato, perché si tratta di circuiti turistici, e ha realizzato un’efficace segnalazione sull’infezione in corso nella fauna selvatica. Tale piano di sorveglianza sul campo ha mappato le aree a rischio, tenendo conto dei luoghi dove sono stati ritrovati animali morti, dove il personale specializzato e le guardie forestali dispongono di adeguate attrezzature per la gestione e smaltimento delle carcasse degli animali, che potrebbero essere infetti da influenza aviaria H5N1. In questo modo, spiega il Sernanp, si cerca di ridurre le minacce di contagio, nonché di minimizzare l’esposizione della fauna presente in quelle aree.

A febbraio, in seguito alla recente diffusione del virus nei mammiferi e la segnalazione di due casi di infezione nell’uomo in Cambogia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto di rafforzare la sorveglianza negli ambienti in cui interagiscono esseri umani e animali d'allevamento o selvatici. Da quando l’H5N1 è emerso per la prima volta nel 1996, identificato per la prima volta nel sud della Cina e a Hong Kong, il patogeno si è diffuso ampiamente negli uccelli selvatici e nel pollame, ma l’ultimo anno e mezzo ha costituito la peggiore epidemia nei pennuti, colpendo pesantemente Europa, Nord e Sud America. Al momento, i leoni marini uccisi dal virus in Perù rappresentano l’ennesima specie di mammiferi infettata dal virus, dopo volpi e le lontre del Regno Unito, i visoni in Spagna, le foche e persino gli orsi grizzly negli Stati Uniti.

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